di Pier Francesco Grazioli.
Mi chiamo William Davis, e sono un soldato britannico appartenente ad un'unità SAS.
Forse dovrei dire che ne sono l'unico superstite...
Sì, perché di tutti i componenti del gruppo, credo di essere il solo ancora vivo; ma per quanto?
Sono certo che loro mi troveranno, ma avranno solo il mio cadavere.
Prima, però, devo trascrivere su questo diario, l'incredibile vicenda della quale io e gli altri siamo stati protagonisti.
Un 'orrore indicibile ed inaspettato ci si scatenò addosso, eliminando in pochi minuti un gruppo di commando perfettamente addestrati.
Ancora non riesco a rendermi conto dell'accaduto, e di come io abbia fatto a fuggire da quella trappola mortale; perché di questo si trattava...
Ora, in questa grotta, sono momentaneamente al sicuro; ma quando calerà la notte, loro verranno a cercarmi.
Sto cercando di trovare una logica in ciò che è successo; e se avessi visto giusto, avrei la prova che solo un'astuzia diabolica e feroce che supera i confini della razionalità, avrebbe potuto ordire una trappola simile.
E ciò, naturalmente, spiegherebbe anche le circostanze della mia fuga.
Sherlock Holmes diceva: “Quando si è considerato ed eliminato l'impossibile, tutto ciò che rimane, anche se improbabile ed incredibile da credere, è la verità!”
***
Egitto 1942, a sud ovest dell'oasi di Siwa...
L'oscurità stava già calando quando arrivammo in prossimità del nostro obbiettivo.
Eravamo venuti a conoscenza della presenza di un piccolo aeroporto presidiato dalle forze dell'Asse che, in quel periodo, avevano occupato l'oasi di Siwa; ed il nostro compito era di distruggerlo.
Il nostro gruppo, era costituito da due ufficiali e dieci soldati; tutti distribuiti su di un camion.
Chevrolet e due Willys jeep armate di tutto punto.
“Fermiamoci qui. Questo avvallamento va più che bene per lasciare i mezzi” disse il maggiore Turner.
Poi, ad un suo cenno, ci riunimmo tutti vicino alla jeep di testa, sul cofano della quale, il tenente Collins aveva appoggiato una mappa della zona.
Mentre i due ufficiali curavano gli ultimi dettagli del piano, su ordine del maggiore, due soldati andarono a dare un' ultima occhiata all'obbiettivo salendo silenziosamente la piccola collina.
Sotto di loro, illuminato dalla pallida luce lunare, comparve un piccolo campo d'aviazione delimitato da una recinzione e chiuso da una sbarra. Ai lati di quest'ultima, vi erano due garitte protette in parte da dei sacchi di sabbia.
“Sembra sia proprio un piccolo aeroporto” disse il caporale Masterson passando il binocolo all'altro soldato.
Estratto dall'antologia Hyperborea 9, Midgard Editrice.
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