martedì 27 luglio 2021

Intervista a Giulio Rosani

Intervista a Giulio Rosani, autore del racconto “Il futuro migliore”, edito nell’antologia fantasy “Hyperborea 5”, nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.






Buongiorno Giulio, parlaci del tuo racconto, come nasce? 

Ho scritto i primi tre paragrafi del racconto durante uno degli esercizi di un corso di scrittura creativa che ho seguito l’anno scorso prima che il COVID ci forzasse a chiudere tutto. Lo scopo dell’esercizio era quello di scrivere la parte introduttiva di una storia seguendo una precisa struttura: ovvero uno stile simile ad un film in cui si partiva da lontano per poi avvicinarsi alla vicenda come lo zoom di una telecamera. L’idea di avere un prete/sacerdote in una piazza con delle fontane ed un caldo soffocante nasce lì.
Ho scritto questa prima pagina della storia inizialmente in inglese e pensavo di riprenderla in mano più tardi per completare l’idea iniziale continuando nella stessa lingua.
Ad essere sincero, quando è stato annunciato il bando Midgard, avevo in mente una storia molto diversa: Un James Bond mezz’uomo in fuga da un hotel brulicante di elfi poliziotti. Questo primo tentativo però faticava molto a prendere forma e mentre stavo facendo jogging una sera, mi sono reso conto che avrei preferito tradurre i tre paragrafi dell’attuale racconto per poi continuare la storia in italiano.
Ho poi dato forma al resto del testo seguendo un misto tra continuazione logica di quello che avevo già scritto e del carattere dei miei personaggi, e domandandomi cosa sarebbe stato interessante leggere. Voglio infine menzionare i miei beta-reader per avermi aiutato a trovare i problemi ed i punti forti della storia. Sapete chi siete e senza di voi il racconto sarebbe stato molto meno ricco!


Il futuro migliore è ambientato in un mondo molto particolare. Ce ne vuoi parlare?

Ho costruito il mondo del racconto in questo modo perché mi serviva un’ambientazione in cui potevo avere una società dominata dalla religione, dalla chiesa di un unico Dio ed in contemporanea estremamente maschilista.
La stesura del racconto si focalizzava sul personaggio di Armenius, uomo particolarmente odioso, ma non volevo che il suo carattere fosse determinato unicamente da un suo pregiudizio, volevo che fosse un risultato naturale della società in cui viveva ed era cresciuto. La sua arroganza doveva quindi essere legata al potere assoluto della chiesa e il suo disprezzo delle donne come di poco valore essere legato ad una ragione fisica più che culturale. Il concetto del rito di figliazione è stata la risposta a queste mie due necessità.
Il Risorgimento segue invece dalla mia esigenza di dare ad Armenius una teoria di cui essere ossessionato, ma che alla sua chiesa doveva risultare scomoda. Il rischio nel continuare a predicarla doveva essere grande, ma altrettanto allettante doveva sembrare la possibilità di sovvertire i ranghi del Tempio in caso venisse confermata.


I personaggi del racconto sono frutto totalmente della tua fantasia o ti sei ispirato a qualche fonte esterna?

Sono sicuro che inconsciamente mi sia un po’ ispirato a fonti esterne, non ho però un chiaro e conscio riferimento per i miei diversi personaggi. Il motivo per cui Armenius ha il ruolo di personaggio principale è che è un tipo di personaggio che a me non piace scrivere. Come anche per l’anno precedente, colgo l’occasione del concorso Midgard per sperimentare con aspetti della scrittura che mi risultano difficili. L’anno scorso mi sono focalizzato su descrizioni di ambienti, che altrimenti tendo a tralasciare, mentre quest’anno ho deciso di sfidarmi scrivendo dal punto di vista di un personaggio che altrimenti non avrei mai scritto. Quindi l’ispirazione per Armenius nasce da tutto ciò che detesto in un protagonista maschile.
Per Frida invece mi sono chiesto che tipo di persona potesse sopportare e/o sfidare un tale bastardo. Inoltre lei rientra decisamente tra i personaggi che mi riescono più facili, almeno al mio attuale livello di scrittura. Inoltre volevo evitare una situazione in cui Armenius risultasse manipolato dal suo interesse fisico (reale o sospetto) per una donna e quindi ho deciso di farli diventare padre e figlia, rapporto che tra l’altro trovo molto più interessante in questo particolare mondo.





lunedì 26 luglio 2021

Intervista a Giordano Giorgi

Intervista a Giordano Giorgi, autore del racconto “Poco lontano da Goresthorpe Grange”, edito nell’antologia fantasy “Hyperborea 5”, nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.







Buongiorno Giordano, parlaci del tuo racconto, come nasce? 

Buongiorno a tutti!
Scrivo da tempo apocrifi holmesiani, per il piacere di potermi immaginare nuove vie narrative in quella che è una delle saghe più apprezzate di tutti i tempi, quella, appunto, di Sherlock Holmes e del Dr Watson.
Arthur Conan Doyle NON è solo Holmes. C’è tanto di“altro” scritto da lui; racconti del mistero, del terrore, saghe medievali, racconti ambientati nell’epoca Regency, nell’epoca napoleonica e anche qualche  racconto di mare e di pirati.
Ho quindi provato la via dell’apocrifo in questo tanto di “altro”, per l’appunto, e, soprassedendo su Holmes, ho provato ad immaginare un sequel su  "Selecting a ghost", uno dei suoi racconti di fantasmi più riusciti.



Il racconto, come scrivi, è un omaggio ad Arthur Conan Doyle. Immagino che apprezzi molto questo autore, ce ne vuoi parlare?

Doyle resta il mio scrittore preferito di tutti i tempi: in quel “mio” sta tutto il concetto della soggettività del giudizio.
Dalle sue biografie emerge un carattere mai domo, mai annichilito, mai annoiato. 
Scozzese, studente con encomi  e talloni di Achille, baleniere nei mari artici, giovane medico, scrittore incompreso prima, affermato poi. Portiere di calcio, sciatore, giocatore di cricket, appassionato di automobili. Poi patriota, cavaliere, e, da ultimo, convinto seguace dello spiritismo, forse il suo ruolo più controverso nei tanti giudizi che ha collezionato in oltre un secolo. 
"The Lost world" è il più bell’omaggio all’amicizia senza distinzioni sociali. 
La saga di "Brigadiere Gerard"  un affresco napoleonico divertentissimo di un ussaro alla James Bond che risolve tutto anche suo malgrado.
Come ho detto c’è tanto oltre Sherlock Holmes;  che, comunque, resta “il” faro per la Letteratura di genere.




Qual è il rapporto fra la scrittura e il resto della tua vita?

Poiché il “Cicero pro domo sua” è il rischio immenso in cui corre lo scrittore di oggi, volerò ancora più basso della quota minima su cui mi diletto, e dico che la scrittura è un gioco divertente cominciato nel 2014 che prosegue tutt’ora.
Prime stesure sempre a penna, stilografica. Poi editing su pc. Poi ancora, a Dio piacendo, la pubblicazione.
Condizione necessaria per scrivere è amare la lettura, e leggere, leggere, leggere. Se dovessi gerarchizzare le due attitudini, butterei dalla torre la scrittura, senza indugio. La lettura resta l’esercizio più importante.
Giudico fondamentale il "germoglio di idea”. Non scrivo nulla se non partendo da un originale disegno della mente, un possibile twist, una falla storica, un’ipotesi curiosa. Non sono per lo scrivere “tanto per”. 




A parte Conan Doyle, che scrittori ti piacciono e ti ispirano?

Torno al giallo classico ed al mystery d’epoca periodicamente.
Giudico però la conoscenza dei classici della letteratura un bagaglio imperdibile.
Sintetizzo a favor mio e di chi legge:
Agatha Christie e John Dickson Carr: i migliori giallisti di sempre. 
Poe: l’inizio di almeno 3 generi letterari, un precursore che in genere si legge a 13 anni, poi lo si scorda e lo si riprende, divorandolo, dopo i 30. Ci sono cascato anche io.
Lovecraft: il narratore weird più geniale. Scarsissimi i dialoghi, eccezionale l’atmosfera e il fantastico abissale che è in grado di trasmettere.
Jane Austen: rivedo talmente con piacere tutte le sei trasposizioni cinematografiche dei suoi romanzi che forse ne inizierò anche la lettura. Vado a fiducia verso quella che, come scopro ogni giorno, sembra essere l’autrice più di impatto di ogni epoca. 
La Londra vittoriana/edoardiana, il mare da solcare e l’Inghilterra dell’epoca della Reggenza sono i luoghi dove mi piace ambientare i miei scritti, perché sono quelli di cui mi piace leggerne.







giovedì 22 luglio 2021

Intervista a Massimo Giachino

Intervista a Massimo Giachino, autore del racconto “L'esercito delle ombre”, edito nell’antologia fantasy “Hyperborea 5”, nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.





Buongiorno Massimo, parlaci del tuo racconto, come nasce? 

Buongiorno e grazie a tutti voi intanto! La passione per la scrittura, di qualunque genere essa sia, mi appartiene da sempre, così come quella per il cinema a livello generale. Partendo da questo presupposto, la domanda che mi sono posto è stata: “Se un mio racconto, un giorno, dovesse essere di ispirazione per un film, cosa vorrei che venisse rappresentato?”.
Rispondendo a questo quesito ho iniziato, quasi per caso, a stendere una bozza di quello che è diventato in seguito “L’esercito delle ombre”, focalizzandomi ovviamente sul genere che da sempre mi è più caro, ovvero il fantasy.
Battaglie con armi ed incantesimi, creature delle tenebre e l’atavica lotta tra bene e male gli ingredienti di base per il mio racconto.


Il racconto rientra nel genere Sword and Sorcery. Ti piace molto questo genere letterario?

Il mio racconto si incentra prevalentemente su questo genere, ma le mie preferenze in fatto di letteratura fantasy spaziano anche in altre direzioni.
Io, che ero bambino negli anni ’80, devo la mia propensione al fantasy soprattutto alle produzioni cinematografiche del tempo.
L’influenza di film come “Krull” e “Conan il barbaro”, e di serie animate come “Masters – I dominatori dell’universo”, hanno lasciato segni tangibili nella mia formazione culturale in ambito fantastico.
Col tempo, ovviamente, il tutto è stato ampliato ed approfondito con le letture di vari generi fantasy.


Qual è il rapporto fra la scrittura e il resto della tua vita?

La scrittura è stata fondamentale per me, da sempre sento la necessità di mettere su carta (ora su pc!) pensieri, idee, storie…
Ciò nonostante non scrivo per professione, anche se collaboro per la stesura di recensioni cinematografiche su un sito dedicato (www.ondecritiche.it), ma seguo comunque costantemente le varie opportunità che si presentano nel settore, potendomi ad oggi fregiare di alcuni riconoscimenti a livello nazionale, tra cui appunto il Premio Midgard 2021 di cui vado particolarmente orgoglioso!


Che scrittori ti piacciono e ti ispirano?

Parlando di letteratura contemporanea, sono principalmente due gli autori che trovo interessanti a livello di fantasy, ovvero il più “commerciale” Michael Crichton e il più originale Tim Powers. Soprattutto di quest’ultimo apprezzo la capacità di miscelare personaggi e fatti realmente esistiti con altri frutto della sua immaginazione.
A livello di letteratura classica invece, non mancano nella mia biblioteca J.J.Tolkien ed E.A. Poe.






martedì 20 luglio 2021

Giampaolo Bianchini si presenta

GIAMPAOLO BIANCHINI SI PRESENTA CON IL SUO ULTIMO LIBRO “IL MONDO S’ARVULDCA / IL MONDO SI RIBALTA”








Per chi non mi conosce mi chiamo Giampaolo Bianchini (classe 1953), nella vita ho fatto tutt’altro che scrivere, ma qualche tempo fa ho deciso di raccontare a mio nipote Mattia, in maniera semplice e sintetica alcuni momenti della mia vita e così nel 2018 ho pubblicato il mio primo libro “D tutto n po’ ….e m po’ scomposto / Di tutto un po’ e un po’ scomposto”, a lui dedicato, affinché avesse memoria di un tempo che non ha vissuto… e prenda coscienza dei fenomeni attuali che vive la nostra società evidenziando positività e negatività che incontrerà e con le quali dovrà convivere sperando che mantenga sempre la retta via. 

Conoscere il passato è sicuramente una base utile per poter capire il presente e immaginare il futuro, infatti si dice sempre che…. “se non conosci il tuo passato….il tuo presente non lo saprai capire e….nemmeno il tuo futuro immaginare”       

 A seguire nel 2019 ho pubblicato Il secondo libro…dal titolo “Ride e armugìna /Ridi e rifletti”, dedicato agli amici, con il quale metto a confronto due mondi e due modi di vivere dove argomenti forti e frivoli si rincorrono e si danno il cambio nel doppio binario di un recupero del passato e nella analisi stringente ed acuta del mondo di oggi con tutti i suoi problemi, le sue complessità, le sue storture intervallando storie semplici, frivole, datate del mondo contadino e di paese di un tempo con argomenti di piena attualità che rappresentano la complessità e il nervosismo del nostro tempo. 

L’uomo, tagliati i ponti con la sua storia passata si è lanciato in una frenetica corsa verso il consumismo, l’arricchimento, l’arrivismo, la tecnologia, che non gli lascia più spazio e tempo libero per godersi la natura e per riflettere su se stesso e sui mali di questo mondo che passano ormai come routinaria normalità. 

Ed ecco che le tantissime cose positive che la forte e veloce evoluzione degli ultimi decenni ha portato con se vengono soffocate dalle molteplici, forse troppe, situazioni negative che il mondo sembra non reggere più e a suo modo si ribella e rischia di ribaltarsi. 

Da qui questo mio ultimo libro pubblicato nel 2020 dal titolo “Il mondo s’arvuldca / Il mondo si ribalta” che ho dedicato a mia figlia e ai miei genitori. 

L’opera racconta anche di questa devastante e subdola pandemia, di questo immane shock che ci ha sorpresi tutti quanti cambiando in un momento il nostro modo di vivere….e io spero che contribuisca soprattutto a cambiare il nostro modo di pensare!

Le problematiche, le difficoltà, le paure, le inefficienze, la impreparazione, la superficialità, la negligenza sono state messe a nudo evidenziando tutta la fragilità e l’impotenza dell’uomo che invece pensa di essere in questo mondo il “padreterno”.

Propongo di seguito alcune liriche ricomprese nell’opera come:


L’ONNIPOTENZA che è uno dei mali di questo mondo con tutte le sue conseguenze:

L’onnipotenza

L’esaltazione ti fa sentire superiore,

l’onnipotenza prende il sopravvento

solo tu ti credi capace di insegnare

a tutti come si sta al mondo.


Ti senti forte, potente, illuminato 

sopra un piedistallo dritto come un fuso 

dall’alto in basso giudichi con il tuo metro 

quelli che, tu ritieni, il fondo hanno toccato.


Tu sei tu e gli altri non sono un cazzo

ritieni di predicare solo tu la “verità”, di saper tutto

 e pensi solo tu di essere nel giusto.


Ma scendi da questo piedistallo 

e che l’umiltà sia il tuo sostegno

per vivere in semplicità e aiutare chi ha bisogno.


Solo così ti potrai sentire veramente onnipotente

Quando sarai semplicemente uno fra la gente.


LA PRESUNZIONE che è la base della onnipotenza:

 

La presunzione

Tutti oggi pensiamo di essere nati imparati,

di conoscere tutto fin da quando siamo nati,

….non saremo un po’ troppo presuntuosi?


Tutti parlano, parlano sembra che hanno la scienza infusa,

ma non sarà che la nostra mente si è un po’ fusa?


Tutti san tutto, dalla politica al pallone,

dal mondo finanziario in gran bollore 

all’Europa “unita” tutta un calderone.


Su qualsiasi argomento ognuno esprime l’opinione

con la saccenza di avere sempre la giusta soluzione.


Ma chi ce la dà tutta questa presunzione?


Oggi di certo c’è tanta informazione

ma questi social fanno anche tanta confusione

che fa pensare a tutti di aver sempre ragione.


Conosciamo tutto ma non sappiamo niente

tanta tuttologia riempie la tua mente 

ma nei tempi del verbo “essere” ci si perde

e “Garibaldi”?....pensi che sia un tuo parente.


Di certo non si approfondisce la questione

manca un po’ la riflessione 

il sapere ascoltare, l’umiltà, l’educazione

e così tutti pecchiamo un po’ di presunzione. 


LA PREPOTENZA che è l’effetto della onnipotenza: 


La prepotenza

Oggi comandano tutti, tutti si sentono padroni 

la prepotenza si annida ormai anche negli ormoni,

non si campa più ogni giorno è una guerriglia

basta una cazzata e ci si accapiglia.


Una volta i ragazzi degli adulti avevano rispetto

oggi ti picchiano, insultano sberleffano

e già ti va bene se non ti mandano

del Creatore al Suo cospetto.


Quando richiami quei ragazzi scalmanati

che fanno casino e confusione

tu pensi di essere nel giusto per averli rimproverati

e di insegnare loro l’educazione.


Non è così….

il diverbio pare sia finito, tutto tace

ma ecco che subito dopo arriva la loro ritorsione…..

la prepotenza la fa purtroppo da padrone.


Oggi di prepotenza ce ne è tanta e a tutte le ore,  

troppa di sicuro, ma non si puo’ generalizzare

perché si farebbe un torto a tutta quella gente per bene 

che per fortuna esiste anche se non fa clamore e non si vede.


Ma c’è anche una massa che aiuta lo sviluppo della onnipotenza, coloro che preferiscono mettersi sotto le ali di qualcuno e vivere di luce riflessa:


Illuminato dal lampione….

Bello il lampione che illumina il cortile,

bello il faro segnale e sicurezza per la nave, 

bello è quando il tuo superiore 

ti illumina e protegge con il suo “potere”,

ne godi di riflesso e forte ti fa sentire 

sicuro che nessuno ti potrà toccare.


Ma caro amico, metti in conto, può sempre capitare

che la lampadina, a volte, si può anche bruciare,

tutto scuro intorno comincia a diventare 

e tu nel buio ti trovi a brancolare.


Quando vivi di luce riflessa sei abbagliato dall’altrui bagliore,

ma meglio sarebbe se fossi tu il lampione 

prima di te stesso, illumina il tuo mondo,

poi fonte illuminante per quelli che ti stanno intorno.


Condividi con gli altri il bagliore che in te si accende,

ma non illuminare, dà luce e lustro a chi è presente.


Certo è più faticoso vivere di luce propria,

ma solo questo è il modo per essere vincente,

il meglio di te devi tirar fuori con tenacia,

per non accontentarti e rischiare di essere un perdente,

la paura che ti accompagna devi farti buona amica 

ti darà forza, coraggio, determinazione e intraprendenza.


Sii tu il lampione della tua vita così che di luce propria tu ti possa illuminare.


La cosa certa è che per riuscire ci sarà molto da sudare,

ma essere padrone di te stesso della fatica ti potrà ricompensare,

ti farà sentire libero, forte e determinato,

le qualità che mancano al raccomandato

illuminato solo dalla luce riflessa del suo “capo”.


Vivere di luce riflessa devi sapere 

che non è mai la migliore condizione,

devi essere sempre tu il padrone del vapore 

per il ruolo che sei chiamato a fare.


Ma poi arriva una subdola pandemia che non fa distinzioni di razza, di ceto, di sesso e tutto cambia (forse):


Che silenzio…..

Ma quanto rumore fa sto silenzio sì assordante

non si sente voce, tutto intorno tace.

Questo silenzio è la voce del Signore 

che parla a tutti senza pronunciar parole.


Afono diventa il mondo in un momento

chiuso e prigioniero nella morsa del silenzio

per colpa di un virus subdolo e invisibile

dove ognuno contagia il proprio simile.


Un virus maledetto che non ci fa respirare

Il nostro modo di vivere vuole soffocare

per riportarci tutti a una nuova dimensione

e farci ritrovare, forse, la fede nel Signore.


Tutti oggi chiediamo con la paura nel cuore….

Signore…liberaci dal male, non ci abbandonare

proprio come Gesù, dal male del mondo martoriato,

in punto di morte grida…

“Dio perché mi hai abbandonato”.


A te rivolgiamo questo grido di dolore

ma stolti e superbi ci rifiutiamo di capire

che colpevoli, noi, ti abbiamo fatto morire

senza chiederti perdono e con orrore.


Tu ci parlavi dall’alto della croce 

con il Tuo silenzio che non aveva voce

ma sordi rimanevamo alle Tue parole

rifiutandoci sempre di ascoltare.


Del libero arbitrio abbiam fatto quel che ci pare,

padroni del mondo tutto potevamo fare

e ora chiediamo a Dio…liberaci dal male, 

confidiamo nel Tuo amore, non ci abbandonare.


Duemila anni fa Tu sei venuto

per redimere il mondo dal peccato

ma il Tuo sacrificio poco è servito

se nello stesso male il mondo è ripiombato.


La strada di casa tutti dovremo ritrovare

e sotto il Tuo mantello cercare protezione

che la Tua luce ci possa di nuovo illuminare

e le meraviglie del Creato farci godere

ma con rispetto, fede, umiltà e tanto amore.


Signore,

chissà se ora sapremo ascoltare

questo Tuo forte grido di dolore,

il Tuo silenzio…..fa rumore!


Ma se oggi l’uomo è stato l’artefice dei mali del mondo, l’uomo sarà anche l’attore protagonista che, se ritroverà se stesso e i suoi valori, potrà salvare questo mondo. Forse si renderà conto che dovrà ridisegnare la propria vita e riflettere per un cambiamento positivo a salvaguardia di se stesso e del mondo in cui vive.


La nostra vita

“La nostra vita è un soffio nella eternità che non ha tempo”

cerca di viverla serenamente e sii contento.


Goditela istante per istante,

“homo sapiens” non essere deficiente,

se velocizzi tutto non apprezzi niente.


“Homo sapiens” sempre in evoluzione,

ma fermati un momento, fa una riflessione

e con il tuo intelletto vedi di trovare una soluzione

per saper apprezzare la vita, dono del Signore.


Se mi è concesso io voglio dire ai giovani di essere sempre brillanti, intraprendenti, effervescenti ma mai troppo spavaldi ed incoscienti, di sognare sempre ma con i piedi per terra, di rispettare le regole, il senso civico e la “casa” che ci è stata regalata e forse così ritorneremo tutti a rispettare il mondo.  

 

Come negli scritti precedenti anche in questa opera cerco di contrapporre a liriche cupe, sferzanti e riflessive altre più allegre, gioiose e divertenti, magari un po’ datate, con l’invito a non perdere mai di vista i valori fondanti della vita umana.


LA FILA  (per riportare un po’ di ilarità)


La fila

In tempo di guerra per quel che serviva

con la tessera dovevi fare la fila

e così una vecchietta sempre si accodava 

per raccogliere quel poco che gli capitava.


Dal dottore di turno facevano la fila nell’androne

le puttane del postribolo per farsi visitare

ma la vecchietta ignara della situazione

si accodò pensando di trovar qualcosa da mangiare.


Arrivò il suo turno e il medico perplesso le chiese….   

vecchietta cara ma voi ancora lo masticate?


Cocchin bello…se non lo mastico lo succhierò!


Con i miei scritti, proposti in dialetto e in italiano, tratto argomenti seri o meno seri in maniera sintetica ma esaustiva…..impostati a singoli racconti-poesie-flash con l’idea di un collage… di un album dei fatti della vita…. per dare leggerezza alla lettura…. che un classico racconto non avrebbe lo stesso effetto, ma non posso considerarmi né poeta né scrittore, sono un autodidatta che quando ha qualcosa da dire magari si ferma un attimo ed esprime i suoi pensieri senza impegni programmati o predefiniti e ringrazio chi avrà modo di apprezzarli e condividerli.

Tutti i miei libri sono pubblicati da MIDGARD EDITRICE di Fabrizio Bandini e sono presenti nei bookstores online in tutte le librerie perugine e anche in ebook. 

Grazie a tutti per l’attenzione.    


Giampaolo Bianchini

        

lunedì 19 luglio 2021

Intervista ad Alexandra Fischer

Intervista ad Alexandra Fischer, autrice del racconto “Il segno della riscossa”, edito nell’antologia fantasy “Hyperborea 5”, nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.






Buongiorno Alexandra, parlaci del tuo nuovo racconto, come nasce? 

Dal ricordo di una rosa di peltro con la quale amavo giocare da bambina e dalla passione per le armi antiche dalle lame avvelenate. 


Il segno della riscossa, come il racconto vincitore del 2020, è di genere sword and sorcery. Ti trovi molto a tuo agio in questo genere. Ce ne vuoi parlare?

Volentieri. Ho sempre letto volentieri autori come Robert E. Howard, Fritz Leiber, Tanith Lee. Dalla lettura alla curiosità di sperimentarmi nel genere il passo c’è stato, pur se molto cauto e ponderato, perché mi sono formata molto partecipando a concorsi letterari come lo Skannatoio, bandito dalla Tela Nera e Minuti Contati, tutti modi per confrontarmi con altri autori e testare la bontà dell’idea.


I personaggi del racconto come sono nati? Ti sei ispirata a qualcosa in particolare, oppure sono totalmente frutto della tua fantasia?

Per quel che riguarda i guerrieri, devono qualcosa alla mia fobia per le vespe: infatti nelle descrizioni delle armature e dei loro fioretti stillanti veleno c’è qualcosa di quelle creature. Gli altri personaggi, invece, sono dovuti alla mia immaginazione, e mi sono venuti fuori d’istinto.


http://midgard.it/hyperborea5.htm




mercoledì 14 luglio 2021

Intervista ad Ottavio Nicastro

Intervista ad Ottavio Nicastro, autore del racconto “Rigor mortis”, vincitore pari merito del Premio Midgard Narrativa 2021, edito nell’antologia fantasy “Hyperborea 5”, nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.





Buongiorno Ottavio, parlaci del tuo racconto, come nasce? 

Il racconto breve è un’esperienza interessante e unica nel suo genere. L’originalità della trama è essenziale. A differenza dei romanzi, il racconto breve apre e chiude la vicenda nel breve periodo. Di solito la lettura non oltrepassa la mezz’ora. A volte meno. Non potendo dilungarsi nelle descrizioni, il rischio di scivolare nella banalità, è concreto.  Chi legge deve essere stimolato. La curiosità da parte del lettore è essenziale. Pertanto la vicenda deve coinvolgerlo al punto da accendere la curiosità da parte sua. Come andrà a finire? Quale mistero si cela all’interno della vicenda? Catturare il lettore, non è facile ma neppure impossibile. In tale situazione è la trama ad assumere importanza. Dove trovare quella giusta? È innegabile che la vita di tutti i giorni è un serbatoio inesauribile di eventi. E a quella mi sono affidato, favorendo una vicenda semplice quanto banale. Ero a casa di mia madre. La badante la accudiva. Guardavo e mi sono chiesto: cosa potrebbe succedere di terrificante e tenebroso allo stesso tempo a una persona impegnata in tale compito? Il resto è venuto da se mentre percorrevo la via di ritorno verso casa.       


I tuoi racconti hanno spesso un’ambientazione cittadina, quotidiana, apparentemente normale, dove poi irrompe l’elemento horror. Ce ne vuoi parlare?

I mondi lontani sono interessanti è vero. Alcuni dei romanzi che ho scritto, sviluppano ambientazioni fantasy. Allo stesso modo di come succede a cinema, anche nella lettura chi legge tende a immedesimarsi col protagonista. La condizione è resa ancor più verosimile, quando il protagonista è la persona di tutti i giorni. L’uomo o la donna della porta accanto. Il tizio che incontri in ascensore, o al bar all’angolo mentre prendi il caffè. William Shakespeare ha detto: il futuro è il territorio inesplorato. Noi tutti coltiviamo il timore del domani. Ciò che all’improvviso può succedere in modo cruento quanto inaspettato. Sappiamo bene che i mostri esistono anche se non li vediamo. I peggiori hanno origine e si sviluppano dentro di noi. Nelle pieghe nascoste dell’intimo. In fondo all’angolo buio dell’anima dove a nessuno piace guardare. Ahimè quando si spinge lo sguardo nell’abisso, di rimando l’abisso guarderà noi. La condizione è destinata a stravolgere la normale quotidianità, mostrandoci un risvolto inaspettato che mai avremmo voluto conoscere.    


Il racconto, come dicevamo, ha una forte impronta gotica e horror. C’è qualche autore di questo genere che t’ispira particolarmente?

Fin da piccolo ho subito il fascino di Edgar Allan Poe. Genio indiscusso della letteratura gotica di fine ottocento. Poe ha avuto un gran pregio che ogni singolo autore degno di questa definizione dovrebbe poter vantare. Lo scrittore era capace di condividere lo stato emotivo del personaggio che lo stesso Poe creava sulla carta.



 

martedì 13 luglio 2021

Intervista a Lorenzo Peka

Intervista a Lorenzo Peka, autore del racconto “La scommessa con il demone”, vincitore pari merito del Premio Midgard Narrativa 2021, edito nell’antologia fantasy “Hyperborea 5”, nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.







Buongiorno Lorenzo, parlaci del tuo racconto, come nasce? 

Buongiorno e grazie dell’invito. Il racconto è nato dal ricordo di un vecchio videogioco giapponese: vi s’incontravano creature enormi, smisurate, tanto che il giocatore si trovava a “scalarle” come fossero montagne semoventi. Ho preso in prestito questi colossi per la mia piccola rappresentazione letteraria. Ma ho cercato di dare un tocco di originalità nel protagonista che li affronta: poco prestante, un po’ impacciato con le armi – e nemmeno tanto leale o sincero – non è esattamente l’eroe “standard” del fantasy d’avventura. Le sue abilità segrete si manifestano solo contro le gigantesche creature, che riesce così a liberare dalla loro maledizione, come se fosse a metà tra un cavaliere e un esorcista. In realtà poi, nella stesura del racconto, l’ambientazione mi ha un po’ preso la mano e il background del personaggio è venuto alla luce solo in parte. Ma in fondo è questo il bello delle avventure, no? Non sai mai dove andrai a finire, e in un genere come questo sarebbe un peccato non assecondare l’immaginazione.


Il racconto rientra nel genere Sword and Sorcery. Ti piace molto questo genere letterario?

Da molto prima di sapere come si chiamasse. Da bambino mi alzavo presto la mattina per guardare in televisione “Xena”, o “Mystic Knights of Tir Na Nog”, prima di andare a scuola. Amavo quei mondi misteriosi, pieni di spade e incantesimi e incredibili creature: non solo perché erano divertenti, ma anche perché vedevo nelle pericolose avventure vissute dai personaggi delle metafore delle difficoltà nella nostra vita quotidiana. Poi arrivarono anche i libri. Avevo quattordici anni, ero in vacanza in Romagna con i miei genitori, dopo un periodo un po’ travagliato; lì mi comprarono un volume di racconti di Conan il Barbaro, fiammante nella sua copertina rossa, un bellissimo ricordo. 

In seguito ho letto libri di molti altri generi, ma sono ancora convinto che nessuno dia quel trasporto istintivo, quell’emozione viscerale che solo le cavalcate delle avventure fantastiche sanno ispirare. A proposito di cavalcate, mi appassionai anche ai cicli cavallereschi medievali, che senza dubbio sono la premessa fondamentale da cui è germogliato il genere letterario “spade e magie”.


Qual è il rapporto fra la scrittura e il resto della tua vita?

Un rapporto inevitabile, direi. Iniziai a mettere su carta le mie fantasie fin da bambino, anche se i frutti dovettero maturare un bel po’. Ma non parlo solo di narrativa: col tempo scoprii che l’atto dello scrivere ha qualcosa di catartico, quasi di “terapeutico”: si butta fuori ciò che si ha dentro e lo si osserva ricomposto su un foglio in forma di parole. Sono convinto che la scrittura e la lingua non siano solo mezzi di comunicazione, ma prima di tutto sistemi del pensiero. E questo è un valore trasversale che attraversa narrativa, epistole e appunti personali, senza una vera differenza di fondo. 


http://midgard.it/hyperborea5.htm






 

venerdì 9 luglio 2021

Posizione dominante

 di Alfredo Minozzi.






Siamo i figli dell’ultima grande guerra.

Ci piace rivederci, sin che al fato piaccia, per quelle lunghe, appassionate chiacchierate dalle rimembranze piene di sospiri, accennate risatine, enfatici “ti ricordi? Quando...”


Io e il mio amico Filippo, (mi presento, io sono Antonio) tra un gotto e l’altro perché strenui propugnatori delle libagioni più schiette e autentiche, riconosciamo e onoriamo come Dio il pagano BACCO! Quindi se la trattazione dovesse accusare qualche “sbarellamento”, ne capirete il perché.


Qualcuno in calzoni corti anche d’inverno e con qualche toppa, qualche altro con le scarpe “svettate” per non far patire il “ditone” e l’immediato vicino, dal momento che avevano servito, due o tre membri della famiglia per cui adesso, visto che le suole ancora reggevano, dovevano essere sfruttate fino in fondo, noi a quel tempo dovevamo ingegnarci per trovare quel companatico che doveva ingentilire la fetta del pane.

Grande gioia allora quando nel pomeriggio del sabato il “poro Amerigo” esponeva, infilata nel palo, la porchetta a sgocciolare nella leccarda.

Era un gran momento, studiato nei particolari (anche se erano sempre gli stessi!) perché quando l’Amerigo, dopo aver sistemato la porchetta, si allontanava per sedersi sul gradino delle scale esterne del “culcidrone” (casamento vecchissimo, oggi demolito) a fumare la pipa, noi scattavamo da dietro l’angolo della casa di fronte e in un battibaleno, con l’abilità di chi ha fame, tuffavamo la fetta del pane nella leccarda. Grande impresa: la nostra più bella merenda!

E l’Amerigo, distante una ventina di metri, come al solito dopo aver assistito e permesso il raid, tacitava (si fa per dire) la sua coscienza chiedendo l’intervento della moglie sempre intenta dentro la bottega, ripetendo: “Elvira, Elviraaa!!! Sòrti, guarda quei ragazzi, corri!!!”


Era un grand’uomo, uno di quelli che oggi – in quanto animati da più o meno grandi ambizioni e quindi da sfrenati ricorsi al protagonismo – sono forse una rarità anche perché ad esempio, allora gli accordi, complice in parte la scarsa scolarizzazione, si siglavano con una semplice stretta di mano.

E guai la mancanza di parola: non si era uomini veri!

Da qui quell’aforisma del “poro TOTO’” quando sosteneva, tra qualche facezia, che nella vita “prima si è UOMINI e poi, eventualmente CAPORALI ma sempre con dignità e stile”.


Estratto da "Posizione dominante" di Alfredo Minozzi, Midgard Editrice 2021


http://midgard.it/posizione_dominante.htm





martedì 6 luglio 2021

Un sogno che si avvera

 di Cesare Duchi.





Benvenuti nel mio romanzo.

Condividere con voi questo mio racconto è una gioia che chi  scrive conosce bene. 

La cosa più bella e auspicabile sarebbe  quella di far sì che anche voi foste soddisfatti del lavoro che sto per iniziare. 

Farvi rimanere contenti della sua lettura sarebbe per me un regalo tra i più belli.

Ora però, bando alle chiacchiere e veniamo a presentarvi subito uno dei nostri eroi che ci accompagneranno nel nostro percorso. 

Si chiama Alvaro, ha trentacinque anni, è alto, di aspetto gradevole e soprattutto con una voglia di emergere nella società. 

Abita in un piccolo paese di provincia dove di novità ce ne sono ben poche. 

In quel luogo le persone si conoscono tutte, sono sempre le stesse, gli argomenti che si trattano sempre uguali, le considerazioni pure. 

Una voglia di evadere dal tran tran quotidiano invade il corpo e lo spirito di Alvaro, uomo goloso di cambiamenti. 

Per potersi inserire in un qualche contesto nuovo poteva entrare nel gioco politico. 

Aveva partecipato a delle riunioni per sondare il da farsi, ma aveva visto che era alquanto difficile farsi largo in quel settore. 

Era semplicemente blindato dai soliti noti che ormai, coesi da tempo, e gelosi del loro potere, gli avrebbero sbarrato la strada.

Se ne era accorto subito dai primi tentativi che aveva fatto per avere un po’ di spazio.

 Interessi politici legati a quelli economici e a favori piccoli e grandi che legavano tra di loro gli schieramenti, gli avevano fatto capire che per lui in quel settore non c’era nulla da fare. Rimaneva solo la possibilità di inserirsi nell’ambito venatorio, della caccia.

Faceva già parte del direttivo comunale, ma era cosa di poco conto, lo aveva capito perfettamente. 

Per poter contare qualcosa doveva diventare subito presidente e l’occasione gli venne dal rinnovo delle cariche che si dovevano fare lì a breve. 

Non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione e doveva lavorare bene prima per poter ottenere un risultato positivo. 

I consiglieri li conosceva tutti, sapeva quali erano le loro capacità intellettuali e dove potevano arrivare le loro conoscenze venatorie. 

Era necessario cercare di convincerli e spingerli a votare per lui come presidente comunale. La cosa non fu difficile, perché una voglia di cambiamento era nell’aria. 

La sua voglia di sfondare in quel settore spronò quasi tutti i membri a simpatizzare con Alvaro ed il risultato non si fece attendere: la domenica in cui si fecero le elezioni stravinse.

Un forte orgoglio lo pervase. 

Ora che non era più solo un consigliere, gli spettava il posto in cima al tavolo dove avrebbe visto tutti gli altri dal gradino più alto. 

Il meglio o il peggio, a seconda dei punti di vista, doveva arrivare subito, perché occorreva dire qualcosa a quella piccola platea. 

Non aveva mai parlato in pubblico, era anche timido in cuor suo, ma un discorso, anche di poco conto, doveva farlo. 

“Cari amici” esordì, “da ora in poi, con le vostre capacità, migliorerà ogni cosa. 

Verrà fatta una lotta ai nocivi che sono ormai diventati endemici per tutelare al meglio la selvaggina di ripopolamento, indiremo delle gare cinofile per ricavare un po’ di grana  per le nostre casse esauste. 

Ci introdurremo nelle feste paesane con un nostro stand per vendere i nostri prodotti, come i tartufi, e per fare gare di tiro con la carabina, premiando i migliori tiratori. 

Uniremo l’utile al dilettevole e questo non sarà che l’inizio del nostro percorso.” 

Poche parole, dette con il cuore, per annunciare che da quel momento ci sarebbe stato un cambiamento. 

La paura di parlare con la gente in pubblico stava cedendo il passo ad argomentazioni valide, propositive. 

Una cosa aveva notato: l’interesse degli ascoltatori era dato non solo dagli argomenti che trattava, ma anche dal modo di esporli e di essere convincente a riguardo. 

Erano armi formidabili da poter usare in ogni contesto, bastava saperle scagliare al momento giusto. 

Questo sentire, valutare, manovrare, riuscire ad imporre le proprie idee, sarebbero state le premesse indispensabili per il percorso che voleva fare. 

Capire come tenere in pugno la gente che lo ascoltava era una prerogativa molto importante. 

I toni, le cadenze nell’esprimersi, il modo di trasmettere i pensieri, le argomentazioni che proponeva dovevano essere convincenti a tutti gli effetti.

Non era cosa da poco: aveva capito il modo con il quale carpire gli applausi. 

Stava imparando qualcosa di importante. 

Così, con la carica piccola ma significativa di presidente di sezione, poteva accedere ai consigli provinciali. 

Al primo di questi intervenne subito per farsi notare. 

Si esibì dicendo: “Cari amici, se vogliamo che tutte le associazioni venatorie ci seguano dobbiamo dare l’esempio perché ci siano dei cambiamenti importanti da applicare fin da subito.

Se gli ambientalisti ci denigrano come avversari dicendo che non abbiamo rispetto per la natura, ebbene noi faremo nostre le ragioni ecologiste.

Diventeremo noi stessi i tutori dell’ambiente con proposte che poi metteremo in atto. 

Ripuliremo dall’incuria le piazzole di sosta delle strade dei nostri paesi, le spiagge del nostro lago, i parchi dove si ritrovano i bimbi a giocare. 

Magari di domenica, per avere più visibilità. 

Dobbiamo portare camion per la raccolta della spazzatura e prenderemo le autorizzazioni dagli organi competenti. 

Faremo pubblicare articoli di ciò che abbiamo fatto sui giornali locali. 

Questo non sarà che l’inizio di una serie di iniziative che metteremo in campo.”

Un’ondata di applausi interruppe il suo discorso. 

Stava centrando quello che si era prefisso: essere il primo attore di quella seduta venatoria.


Estratto da "Uno sogno che si avvera" di Cesare Duchi, Midgard Editrice 2021


http://midgard.it/unsogno_chesiavvera.htm