giovedì 22 aprile 2021

Favole golose al cioccolato

 di Michela Cinque.







Le spose di cioccolato


C’era una volta, in un paese lontano lontano, un re ricco, ma talmente ricco da non riuscire a contare i suoi averi. Palazzi, chiese, case, strade, colline, campi, ogni cosa apparteneva a lui. Centinaia di servitori lavoravano alle sue dipendenze per pochi denari al giorno. Aveva poco tempo per sé o forse non ne aveva affatto. Il suo nome era Ruben. Si occupava personalmente della contabilità e trascorreva parte delle giornate a leggere decreti reggi, emanare bolle imperiali ed impartire ordini.


Una sera, durante il solito giro di ispezione nelle innumerevoli stanze del castello, la sua attenzione fu catturata da uno strano luccichio, si avvicinò per essere certo che tutto fosse al posto giusto e si trovò di fronte ad uno specchio. “Sono anni che non mi guardo, quasi non ricordo il mio viso” pensò, e spinto da un’improvvisa curiosità, fece luce con la candela ma ciò che vide non gli piacque affatto.  “Questo non sono io!” esclamò turbato osservando il suo aspetto trascurato e la folta e lunga barba che gli copriva il volto.  “Ho appena quarant’anni ma sembro un vecchio, posseggo infinite ricchezze ed indosso miseri abiti, potrei essere circondato da amici invece sono solo.” Raggiunse la camera da letto, si spogliò, cercò tra i cassetti uno dei pigiami di seta più belli e se lo infilò. “È arrivato il momento per me di cambiare vita…” e con questo meraviglioso pensiero si coricò nella speranza di riposare almeno per qualche ora. 







Il mattino seguente chiamò alcuni fedeli servitori e disse:
“Voglio che tra una settimana esatta venga organizzata una grande festa a cui siano invitate le più belle e giovani principesse dei regni vicini e lontani.”
“Sarà fatto maestà!” risposero gli uomini tra lo stupore e la gioia.
La notizia si diffuse rapidamente, il re cercava moglie.
Decine e decine di domestici e cameriere si misero al lavoro e in men che non si dica la dimora cominciò a riprendere vita.
Furono spalancate le finestre per fare entrare luce in ogni stanza e tende di broccato dai vivaci colori sostituirono le vecchie ingrigite dal tempo.
Gli immensi lampadari di cristallo riacquistarono brillantezza, la mobilia liberata dai tristi teli bianchi tornò come nuova, i divani e le poltrone vennero ritappezzati.
L’argenteria fu lucidata e le porcellane più belle e preziose imbandirono la tavola. 
Nei giardini le fontane ripresero a zampillare acqua fresca e cristallina. 
Allo scadere esatto del settimo giorno tutto era pronto.
Dalle prime luci dell’alba e per l’intera mattinata il sentiero che portava agli appartamenti reali fu percorso da carrozze. Voci civettuole di fanciulle echeggiarono nell’aria per ore, solo nel pomeriggio il silenzio fece da padrone. 
Le aspiranti regine, dopo aver provato e riprovato abiti e acconciature, aiutate dalle dame di compagnia, riposavano.
Nell’altra ala del palazzo, invece, c’è chi lucidava le scale, ordinava i tavoli, sistemava le composizioni floreali, si occupava dell’illuminazione, cucinava prelibatezze. Ogni cosa doveva essere al suo posto e nessun dettaglio andava trascurato.
I facchini, stanchi di trasportare pesantissimi bauli, cercavano un po’di ristoro sotto l’ombra dei grandi alberi, in attesa di nuovi ordini. 
Il re, intanto, si preparava per la serata: rase la barba, tagliò i capelli ed indossò un abito come mai se ne erano visti. Stupendi ricami impreziosivano la blusa azzurra ed un lungo mantello color del cielo avvolgeva le sue larghe spalle. Fibbie ricche di gemme preziose abbellivano le scarpe di vernice ed una massiccia corona di oro e diamanti luccicava sui folti capelli neri.

Il momento tanto atteso arrivò. 
Con aria fiera e con portamento elegante scese le scale che portavano alla grande sala.
Lì, davanti ai suoi occhi, erano riunite le dame più incantevoli.
Ruben non trascurò nessuna, ad ognuna concesse un ballo e dedicò parole di elogio.
“Sono talmente belle, come farò a scegliere quella giusta?” pensò tra sé, “devo farmi venire un’idea.”
Fu così che al termine del minuetto, il gran cerimoniere chiese un attimo di silenzio, il re doveva dare un annuncio solenne.
Il cuore delle fanciulle cominciò a battere all’impazzata, stava per essere proclamato il nome della prescelta. 
C’è chi piangeva, chi guardava la rivale che avevano a fianco cercando di trovarle dei difetti, chi pensava: “Sono io la più bella, sarò io la prescelta, presto diventerò regina!”
 “Carissime principesse,” esordì il sovrano, “conoscete la ragione per cui vi ho invitate questa sera. Siete talmente affascinanti e desiderabili che una scelta superficiale, basata solo sulle vostre grazie, sarebbe una leggerezza imperdonabile. Vi chiedo la cortesia, e spero possiate assecondarmi, di prolungare la vostra permanenza così che possa conoscervi meglio.” 
Tutte accettarono di buon grado l’invito.

Le giovani rimasero al castello per cinque giorni.
Passeggiavano, cenavano, ballavano, conversavano, leggevano, suonavano con il re che incominciava ad avere le idee sempre più chiare.
Tre erano le sue preferite: Galatea dalla pelle di cera e dalla lunga chioma biondo chiaro; Brunilde dal colorito roseo e dalla capigliatura di un castano intenso; Melania dalla scura carnagione e dai lunghi e ricci capelli nero corvino.
“Non so davvero quale scegliere… ognuna possiede una dote che mi affascina, ma insieme formano la mia donna ideale.”

Estratto dal volume illustrato "Favole golose al cioccolato" di Michela Cinque, Midgard Editrice 2021

Illustrazioni di Anna Marcella Cinque

Il libro si può ordinare online su Mondadoristore, IBS e sul sito della Midgard Editrice, nelle librerie indipendenti e nelle librerie Feltrinelli.

martedì 13 aprile 2021

L'archetipo della femme fatale e la crisi del patriarcato

 di Fabrizio Bandini.






La seconda figura che ci presenta è Elena di Sparta, cantata in maniera imperitura da Omero nell’Iliade e da numerosi poeti in età arcaica.

Elena, Figlia di Leda, era nata da un doppio amplesso, divino ed umano, con Zeus, Re degli Dèi, e con Tindaro, Re di Sparta.

La ragazza, sorella di Clitennestra, era bionda, dalla pelle candida, bellissima, di una bellezza da togliere il fiato.

Il suo nome d’altronde era anche quello della dea Luna spartana (13), cosa che la inquadra ancora meglio nel suo aspetto archetipale.

Elena è una vera e propria donna fatale, un vero e proprio archetipo di donna afroditica.

“Se Afrodite è la dea dell’amore sensuale, Elena è l’incarnazione di quest’amore” scrive giustamente Bettany Hughes (14).

Donna desiderata come nessun’altra, donna destinale.

La sua bellezza indescrivibile e terribilmente fascinosa, tale da sconvolgere le menti, fece le prime vittime sin dalla tenera età.

Teseo, il vecchio re di Atene, la rapì in età adolescenziale, colpito dalla sua incredibile avvenenza.

Liberata dai suoi fratelli, Castore e Polluce, i Dioscuri, tornò felicemente a Sparta, dove ben presto accorsero i migliori re achei e i più valenti guerrieri della Grecia.

E lì si sfidarono per la sua mano.

La vincerà Menelao, fratello del potente Agamennone, re di Micene.

Menelao ed Elena regneranno quindi a Sparta, come re e regina.

Ma la bellezza trascinante di Elena non lascerà affatto tranquillo il regno e colpirà ancora.

Una forza fatale e destinale.

La forza di Eros.

La terribile seduzione di Afrodite, in tutta la sua potenza.

Il principe troiano Paride, in visita a Sparta, vedendola se ne innamorerà perdutamente.

Fu colpito dal suo fascino terribile, delizioso e distruttivo nello stesso tempo.

Properzio così la descrive magnificamente nelle sue Elegie: “Si dice che lo stesso Paride si consunse vedendo nuda la Spartana, mentre si alzava dal talamo di Menelao” (15).

L’incendio erotico che Elena gli procura lo consuma.

Properzio non potrebbe più essere più chiaro nel descrivere la forza dell’eros, dell’archetipo della donna afroditica.

Elena ricambiò l’amore del bel principe troiano, tradendo così suo marito, e fuggì con lui a Troia.

Il danno era fatto.

“Elena chioma bella” (16), come la canta Omero nel IX° Libro dell’Iliade, se n’era andata con lo straniero.

Bachofen sottolinea come la regina di Sparta, donna lunare, infrange il matrimonio seguendo un preciso impulso afroditico, tipico del mondo ginecocratico.

Un mondo in cui la donna regnava, e l’eterismo, la prostituzione, i rapporti afroditici sregolati della femmina con più uomini erano esaltati, mentre il matrimonio, che legava la donna ad un solo uomo, era disprezzato (17).

Nel mondo patriarcale degli Achei, però, un simile gesto non poteva che essere considerato vile e terribilmente offensivo.

La furia di Menelao, re di Sparta, marito tradito, era incontenibile.

Lo sdegno di tutti i re achei era terribile.

Mai si era visto un tale affronto.

Tradita l’ospitalità del re di Sparta, nottetempo portata via Elena, la regina più bella degli achei.

La furia guerriera e la sete di vendetta corse veloce da Sparta a Micene, da Tirinto ad Argo.

La Grecia fu un ribollire di urla e di preparativi di battaglia.

Era la guerra.

La terribile guerra fra achei e troiani che sarà cantata in maniera immortale da Omero nell’Iliade.

Il legame fra Afrodite e Ares, fra mania erotica e mania guerriera, descritto molte volte dagli antichi, è qui splendidamente rappresentato.

Elena, la donna fatale, la donna afroditica, porterà quindi alla guerra e alla rovina l’intera stirpe degli eroi di Esiodo.

Per lei andranno alla morte i migliori guerrieri achei e troiani: Achille, Aiace Telamonio, Ettore e tanti altri.

Nomi epici e leggendari, che fanno tremare ancora oggi.

Con la guerra di Troia (1250 a.C. circa) si chiuderà l’età del Bronzo e si apriranno le porte all’età del Ferro.

Sembra che il destino stesso l’abbia messa lì, in quel punto, in quegli anni, per chiudere un’intera età.

Mille navi achee si metteranno in mare per lei, alla guida di Agamennone, il potente re di Micene, fratello di Menelao, della feroce schiatta di Atreo.

La guerra, epica e sanguinosissima, durerà dieci anni.

Sotto le mura di Troia cadrà anche Pentesilea, la celebre regina delle Amazzoni, alleata dei troiani, vinta dal prode Achille, potente eroe solare.

Paride sarà ucciso da una freccia ed Elena rapidamente sposerà Deifobo, un altro dei figli di re Priamo.

Poi, alla fine Troia cadrà, espugnata con il famoso stratagemma del cavallo.

Ilio sarà data alle fiamme, distrutta completamente, le sue genti massacrate, le donne violentate e fatte schiave. 

Re Priamo verrà ucciso, senza pietà.

Deifobo lo seguirà, il corpo fatto a pezzi.

Alcuni fonti dicono per mano di Menelao o di Odisseo, altre addirittura per mano di Elena stessa, alcune versioni invece riferiscono che Elena festeggiò solo la morte di Deifobo, di cui evidentemente non si era innamorata.

Il racconto narra che Elena, durante il terribile saccheggio, si nascose in un tempio, dove alla fine fu ritrovata dal furioso Menelao, ben deciso ad ucciderla.

Ma la sua bellezza, che sconvolge le menti, colpirà ancora una volta, e il re di Sparta, avvinto, se la riprenderà con sé.

Elena, regina e puttana, parafrasando il libro della Hughes, entrerà così nella storia, in maniera imperitura.


Fabrizio Bandini, L'archetipo della femme fatale e la crisi del patriarcato, Seconda edizione, Midgard 2021


Il libro si può ordinare online su Mondadoristore, IBS e sul sito della Midgard Editrice, nelle librerie indipendenti e nelle librerie Feltrinelli.



sabato 10 aprile 2021

Intervista a Michela Cinque

Intervista a Michela Cinque, autrice del volume illustrato “Favole golose al cioccolato”, edito nella Collana Fiabe della Midgard Editrice.






Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce? 

Buon giorno direttore Bandini. “Favole golose al cioccolato” nasce dal desiderio di dare un seguito al primo volume “Favole Golose” edito dalla tua casa editrice nel 2014; dalla necessità di catturare tutte le emozioni e gli stati d’animo che si sono susseguiti, accavallati, alternati in questi lunghissimi giorni tutti uguali e dalla volontà di trovare un antidoto efficace contro l’isolamento forzato. La fantasia, la scrittura, il cioccolato sono stati per me di grande aiuto per la stesura durata all’incirca un anno.


Quali sono le tematiche più importanti delle tue favole?

Tema portante dei racconti è la solitudine. Volevo parlare ai bambini di come improvvisamente la nostra vita abbia subito uno stravolgimento senza però menzionare esplicitamente il virus. Ho preferito farlo soffermandomi su un aspetto a loro più vicino: il distacco dagli amici, dai membri più fragili della famiglia, da ogni forma di aggregazione. Nella favola “Le spose di cioccolato” così come nel racconto “Il re, il mendicante ed il magico dono” questa situazione è palesata in modo chiaro, dapprima c’è una grande festa con tanti invitati, ma a questa fa seguito un evento imprevedibile che porta i protagonisti a ritrovarsi soli. Altra tematica è la mia passione per i dolci. Ad ogni fiaba è legata una torta al cioccolato tipica della pasticceria italiana.


Le tue favole pensi che siano più apprezzate dai piccoli, dagli adulti o da entrambi?

Le fiabe come dice Calvino sono “una spiegazione generale della vita; il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e una donna, soprattutto per la parte di vita che è il farsi un destino: la giovinezza, che poi vede la sua conferma nella maturità e nella vecchiaia.” In considerazione di ciò mi auguro che le mie favole vengano apprezzate da tutti indistintamente siano essi bambini, giovani, adulti o anziani. Il bello di scrivere fiabe è questo: rivolgersi a tutti coloro che hanno ancora voglia di sognare, di credere che il bene possa e debba vincere sul male, di imparare qualcosa dalla loro morale.


Come è stata la collaborazione con Anna Marcella, che ha illustrato il libro?

La collaborazione con l’illustratrice è stata a dir poco fantastica. Premetto che Anna Marcella è mia sorella e con lei ho intrapreso qualche anno fa questa avventura. Senza i suoi disegni non avrei mai pubblicato le mie fiabe. Convincerla a lanciarsi in questo nuovo progetto non è stato semplice, fortunatamente però ci sono riuscita. Quel filo sottilissimo ed invisibile che da sempre ci lega ha fatto in modo che, pur lavorando a distanza, riuscissimo a creare qualcosa di bello ed originale. 




mercoledì 7 aprile 2021

L'arte del kintsugi ebook

 di Gianluca Ricci.





30.

ALMOST BLUE


Ci sono poesie che non durano una vita,

 ma un’ora, un giorno, un mese soltanto

 e poi fi niscono tra fuoco e fiamme

 o compostate nella raccolta differenziata,

 parole che il loro autore assembla

 per distillare stati d’animo, vedute notturne,

 paesaggi, avances e dichiarazioni,

 ricordi di vita, desideri, in breve,

 parole che sul momento non trovano

 un fulcro, l’equilibrio del discorso,

 ma lo danno come inteso, l’abbracciano

 ed intorno tentano ancora una danza.

 Hanno vissuto solo un po’, un’ora,

 un giorno, un mese nel limbo dei poeti.



32.

ISSIONE


E per fortuna che la ruota, la volvente ruota

 di Issione, Ermes l’appese nel cielo di notte,

 la parte oscura del tempo concessoci

 quando da sotto le pietre escono

 le bestie più innominabili per torturarci

 durante il sonno senza il nostro consenso.

 Incubi o succubi basterebbe rialzarsi

 dal giaciglio ed accendere un lume,

 bere un po’ d’acqua gelata a smorzare

 la febbre indotta dai propri desideri.


 Di giorno nessuna ruota sarebbe visibile

 dalla terra per via dell’accecante

 vampa del sole. E nella frenesia della vita

 nessuno si accorgerebbe di quanto

 la tua misura sia eccessiva, quanto 

 poco sia presente in te e nelle tue azioni

 il senso della decenza e dell’opportunità.



62.

LIBERO ADATTAMENTO DA IGINO

(Astronomica, II, 25)


Lo dice pure l’astronomico Igino

 che la Giustizia ebbe natali controversi,

 ma fu a capo degli uomini nell’età dell’oro.

 vita semplice quella che ella sovrintese:

 nessun viaggio per mare e quindi pirateria,

 ognuno coltivava il suo orto agevolmente

 e perciò nessun bisogno di prestito ed usura,

 quindi facile alla Giustizia comandare

 e sconosciuta perfin la guerra.


Ma per la legge del progresso che tutto turba

 e più o meno armonicamente confonde 

 e vita e desiderio di morte, di possesso,

 di altro infi ne che si mescola con il fiato stesso,

 della gente il male diventò estremo,

 l’oro si trasmutò in bronzo e la fanciulla

 volò tra le stelle, difendendo l’immacolata

 sua verginità, dove ancora resta, lo sguardo

 fisso altrove, perché non sia un atto seduttivo

 a farla sottomettere all’ultimo retore ribaldo.



70.

NOTTURNI


Talvolta tu dici il mare 

 ed invece è la notte,

 tu dici il rilucere delle onde

 ed invece sono le stelle,

 confondi quella che cade adesso

 con il lampo del faro al promontorio.

 In ogni caso te ne resti così

 a bocca aperta, perché proprio

 non sai in quale infinito scendere.



140.

IL BAGATTO


Virtù del mondo, 

 se non la condisci con un po’ di follia 

 non sai quanto triste sia.



156.

CARMEN

(Habanera)


Dunque, ti avrei seguito ovunque

 in ogni luogo che il tuo capriccio

 avesse nominato. A quei tempi

 mi bastava il suono della tua voce

 per intrecciare i miei pensieri ai tuoi

 come le dita della mano che stringevo

 nel buio di una sala cinematografica

 o a letto dopo aver celebrato l’amore.

 Ma l’amore è un uccello ribelle

 che vola sempre sul ramo più leggiadro

 mentre i nostri pensieri, con arcigna emozione,

 lui attendono e gli fanno varco.

 L’amore, il più crudele dei modi di vivere,

 l’amore, inizio e fine, saldatura del cerchio, 

 parola che sfuma parola. Ripetimela.


Estratto dall'ebook "L'arte del kintsugi" di Gianluca Ricci, Midgard Editrice 2021