giovedì 28 gennaio 2021

Anbar

 di Gianluca Ricci.






IL GRANDE METAFISICO


Misconosciuti segni

quanti la mia età

(o il destino)

contiene

quest’oggi ritornano

come un’arte per vivere.

A loro fanno cornice

le specchiate virtù

del sogno.


19.8.1979



NON LA SOLITUDINE DI QUESTI MARI


Non la solitudine di questi mari

piuttosto l’incessante inquietudine

delle acque quando si muovono a tempesta

mi agita invece una stanchezza perenne

un moto infinito di cose irrisolte

sorrisi non ricambiati sguardi imbarazzati

la consapevolezza di un ciclo che chiude

e risponde con le stanche ritualità

del rinnovamento, i bilanci del dare

e dell’avere, la fatica dell’amore

o dell’avere amato...


2.4.1989



QUASI ALLA MANIERA DI OMAR KHAYYÅM


Ci infastidisce

- abituati a camminare al buio -

il tremore di una lampada,

ma tu porgi un canto nuovo,

una diversa nota s’accompagni

al vino che versi nel bicchiere.


17.7.1989



ORATORIO SU COSE SACRE E PROFANE


Se la bellezza è un fiore

che un giorno si disvela e muore

è pur vero che vecchiaia e malattia

di più non durano ed anzi

e con esse alla fine tutto tace

e s’invera nell’incanto estremo.


20.1.1998



ALLA FINESTRA SI PRESENTA


Alla finestra si presenta

un orto abbandonato,

rugiada sulle foglie

e sui vecchi attrezzi consumati:

poi tutti li carezza la luce del tramonto

e me pugnala la spina

di una rosa appassionata.


27.2.1998



IL SORRISO DI EPICURO


Che pena, che danno arreca al Demiurgo

un filo verde che in mare d’erba annega

o un grano di silice nella mota perso?

Nessuno o almeno quanto il sorriso

di un uomo nella notte spento.


5.6.1998



POICHÉ IL NERO ELLEBORO


Poiché il nero elleboro

possa dirsi vivo,

conviene che l’inverno

non sia concluso,

ma che la luna lo faccia

compagno al bucaneve

quando fiorisce

sotto il pungente vento.

Come te ama l’ombra

e le linee di confine

che il bosco traccia

tra sé ed i prati

allorché l’acqua

scende oltre il cerchio,

mai perfetto,

delle alte felci.

Allora, anche un campo

aperto è il regno

della viola e dell’oscuro

non-ti-scordar-di-me.


12.3.2000




PRIMA CHE MAGGIO


Prima che maggio riservi spazio

soltanto alla sua perfida regina,

che ogni colore assume

ed ogni forma vince,

la rosa, dico, una,

nell’infinita forma

del suo bocciolo,

ancora una parola ci accomuni

e salvi dall’oblio come quei fiori

che in gruppo vivono

o in siepe addirittura:

lo svenevole gelsomino,

l’azalea cespugliosa,

la torbida camelia

e la fragile gardenia

ed altri ancora,

ma non si dica che dall’uno

nasce sempre il tutto o che questo

in quello si riduce:

fiori si nasce, ma in petali

il vento ci sospinge.


26.3.2002



Estratto da "Anbar" di Gianluca Ricci, seconda edizione, ebook, Midgard Editrice 2020


http://midgard.it/anbar_ebook.htm


lunedì 18 gennaio 2021

Le divertenti storie della stella Luce

 di Margherita Merone.




Tra le numerose isole dell’Oceano Pacifico ce n’era una che non era presente in nessuna cartina geografica. 
Qualcuno però la conosceva benissimo perché ci abitava da anni. 
Diana, una bambina di undici anni, viveva su quell’isola da quando era piccola, insieme a suo padre. 
Come fossero finiti su quell’isola lo ricordavano vagamente, l’unica immagine che non avevano dimenticato era il pomeriggio in cui si risvegliarono e si ritrovarono stanchi e feriti sulla spiaggia. 
La madre non era con loro, probabilmente era annegata o forse si era salvata in qualche modo, non potevano saperlo. 
Non c’era nessun altro sull’isola tranne loro e gli animali con cui avevano stretto amicizia, un lucertolone, una foca, un pappagallo e un fenicottero. 
L’isola non era grandissima, c’era anche un vulcano, ma fortunatamente non aveva mai dato problemi. 
In alcuni momenti dell’anno i monsoni mettevano paura, spesso erano costretti a ricostruire la casa con cura e pazienza, la pioggia incessante ed il vento fortissimo erano capaci di distruggere tutto in pochi minuti. Ormai si erano abituati, ma non era comunque una cosa piacevole.
Descrivere la loro casa è facile, basta pensare ad una di quelle che si vedono nei film d’avventura, solida e posta in alto, sugli alberi, per prevenire danni peggiori. Avevano costruito con alcuni tronchi letti per dormire, una specie di armadio dove poter mettere qualsiasi cosa, un tavolo dove poter lavorare. 
Il padre le aveva insegnato a non perdersi d’animo e a non arrendersi mai. 
Quando la vita diventava difficile era il momento in cui si doveva lottare, la vita è un dono le ripeteva sempre. 
Non mancavano di nulla, si erano ben organizzati. 
Erano riusciti a fare alcuni strumenti per poter pescare, in questo modo c’era sempre da mangiare.
Da quando erano finiti sull’isola Diana era tutta la sua vita. 
Attendevano ormai da anni il passaggio di qualche nave, con il fuoco avrebbero fatto notare la loro presenza, ma fino a quel momento non era mai accaduto. 
Diana sapeva attendere, era paziente, crescendo aveva imparato dal padre a non perdere la speranza. 
Il padre aveva costruito un’imbarcazione a vela, forte e resistente, per andare a pescare al largo, stando sempre attento agli squali che ogni tanto giravano nei dintorni. Era facile riconoscerli dalle pinne. 
Al padre di Diana piaceva scoprire le meraviglie dell’oceano, aveva letto tante cose, ma solo in quell’angolo di paradiso aveva avuto quella magnifica e reale opportunità di viverle. 
C’erano pomeriggi in cui si dedicava alla ricerca di alghe ed altri alla scoperta di animali marini sconosciuti.
Diana invece preferiva dedicarsi ai suoi animali, in particolare alle tartarughe. 
Quando nascevano bisognava stare attenti e non perderle di vista, c’era il pericolo che venissero divorate dai granchi, per questo motivo sorvegliava la riva e come nascevano se ne prendeva subito cura. Era un compito impegnativo, ma le piaceva tanto, sentiva la responsabilità e questo era un bene per lei. 
Il padre la lasciava fare, sapeva quanto la figlia fosse in gamba e avesse imparato a cavarsela in qualsiasi situazione. 
Le giornate trascorrevano spensierate e nell’allegria. 
Il padre era sempre intento a progettare qualcosa per migliorare la barca, Diana gli stava accanto, si metteva su uno scoglio e ammirava i pesci, ce n’erano tanti strani, alcuni erano piuttosto buffi. 
Aveva imparato a distinguere gli uccelli dandogli il loro giusto nome, qualche problema lo aveva ancora con gli alberi, difficile stabilire se fossero da frutto o meno. 
Tutta la natura che aveva intorno le parlava rivelandole dei segreti.


Estratto dal racconto "L'isola di Diana", in "Le divertenti storie della stella Luce", Margherita Merone, Midgard Editrice 2020


Illustrazioni di Valeria Bucefari



martedì 12 gennaio 2021

Brunella e i piatti di riso

 



Si era seduta su quella sedia dove di solito si sedeva lui quando convivevano e, ai tempi, tutto sembrava funzionare a meraviglia. La loro unione era durata due anni e avevano vissuto tutto il periodo in sintonia. Concordavano in ogni cosa compresi anche i discorsi sociali e politici; bastava un cenno che da solo parlava di loro due e di come all’unisono dicevano sì o no. Il sorriso in ogni occasione e la sintonia anche sessuale li soddisfaceva in un crescendo che liberava frenesie e inabissava tabù. Seduta su quella sedia ripercorreva il periodo in cui l’amore di lui l’aveva fatta sentire donna e femmina allo stesso tempo; un periodo breve ma intenso che era finito in un addio assurdo. Un addio che non era stato altro che uno dei tanti momenti no del suo vivere, da sempre. Quella era la sedia ove lei spesso si sedeva sulle ginocchia di lui a mo’ di bambina in cerca di calore e lui le donava l’affetto e l’amore che mai aveva ricevuti prima, se non in una unica e breve precedente convivenza.
Ora invece, seduta su quella sedia aveva poggiato i gomiti sul tavolo e, posto il viso tra le sue mani sempre curatissime, cercava di tornare ai tempi passati con il ricordo di quando tutto era iniziato nel suo negozio di creazioni floreali e lui era entrato per la prima volta nella sua vita.
“Buongiorno” aveva detto lui mentre si girava per accompagnare la maniglia della porta che si richiudeva, rivolgendo quindi le spalle allo sguardo di lei che passava dall’ennesima composizione da mettere in vendita per la festa di San Valentino a quella figura di uomo, molto alto ed elegantissimo.
“Buongiorno a lei, come posso servirla…” e non finì la frase perché lui si era girato verso di lei e avvicinandosi le apparve come un adone con i suoi occhi scuri, gli zigomi pronunciati e i baffi curatissimi.
“Vorrei una composizione di fiori per la mia amata. Ma deve suggerirmi lei con quali fiori realizzarla.”
Brunella intanto aveva fissato il suo sguardo in quegli occhi scuri e dopo aver ingoiato saliva a stento rispose: “Guardi dipende da cosa vuole raccontare alla sua amata” la sua voce da tremula pian piano aveva ripreso il tono di chi deve vendere un prodotto. “Ho già realizzate tutte quelle confezioni che vede su quello scaffale. Può sceglierne una oppure posso realizzarne una come lei desidera.”
“Sa. È da poco che ho perso la testa per lei” rispose lui, “e non so proprio cosa fare; mi suggerisca lei. Non importa il prezzo la devo veramente sorprendere.”
Come avrebbe voluto essere lei quella donna. Pochi attimi e, come a volte succede alle donne, quell’uomo in un istante aveva cancellato tutti i suoi sentimenti della sua vita vissuti fino a quel momento.
“Ora, signore, le suggerisco io cosa donare alla sua donna. Se permette io partirei come base da questa composizione” disse prelevando una composizione da un piano vetrina, “e aggiungerei delle orchidee rarissime come queste che mi sono appena arrivate. Lei che ne pensa?”
“Può anche darmi del tu, ora io abito qui vicino e sicuramente potrò diventare un suo cliente.”
“Ok signore, allora procedo come ti ho suggerito.”
Un minuto di silenzio, per lei bellissimo, mentre ornava la composizione e quel bel cliente osservava distrattamente i fiori messi in bella mostra. Stranamente le sue mani avvertirono un leggero tremolio, forse per l’emozione di quel primo incontro e con difficoltà teneva in piedi le orchidee prima di completare l’opera.
Lui se ne accorse e disse con un fil di voce: “Posso aiutarti?”
“Grazie” rispose lei e così poté terminare il lavoro. Ma mentre
legava il tutto con un vistoso nastro la sua mano sfiorò quella posta intorno al cellophane da lui ed avvertì un calore tenerissimo che la pervase tutta. Cercò di superare il momento e pose in bella vista l’omaggio floreale.
“È bello?” chiese.
“È bellissimo” rispose lui. “È magnifico signora… Quale è il tuo nome… se posso?”
“Brunella… mi chiamo Bruna ma fin da piccola tutti mi hanno sempre chiamato Brunella. Ed il tuo… ti va di dirmelo?”
“Certo io sono Omar, Omar e basta, vengo da molto lontano ma ora abito qui per inseguire il mio amore.
Sai Brunella è un nome bellissimo e poi complimenti per la tua maestria, questa composizione è un’opera d’arte…
Quanto devo pagare… Brunella?”
“Sono 42 Euro, Omar.”
“Posso pagare con il bancomat?”
“Certamente signore.”
Mentre Omar digitava il codice del pin sulla tastiera lei osservò le sue mani da maschio che le ricordavano quelle di suo padre quando da bambina, anche se molto raramente, la prendeva per mano e la portava nel parco.
“Bene Brunella, ti ringrazio e spero proprio di fare bella figura.”
“Stai tranquillo Omar, da donna posso garantirti che è bellissimo. Almeno secondo i miei gusti.”
“Arrivederci, alla prossima.”
“Arrivederci Omar” rispose lei con un sorriso accattivante, ma non riuscì a capire se lui lo avesse afferrato.

Estratto da "Brunella e i piatti di riso" di Nardino Cesaretti, Midgard 2020




venerdì 8 gennaio 2021

Intervista a Monica Pica

Intervista a Monica Pica, autrice del romanzo “Jane Eyre ed Io”, edito nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.






Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce? 

Buongiorno Fabrizio, come sempre i miei racconti nascono in modo molto istintivo. Una scintilla, un’idea si insinua nella mia mente e da lì inizio un viaggio che non so mai dove mi porterà. Ho conosciuto anch’io la protagonista, Maria Sole, pagina dopo pagina, riga dopo riga. È stata lei che mi ha guidato alla scoperta della sua vita, iniziata in un piccolo paese del sud negli anni ’70 e proseguita fino al suo arrivo a Roma, la città che l'ha adottata, che l'ha accompagnata nel percorso di scoperta della vita, dei suoi sogni, senza risparmiarle gli aspetti più brutali. Ci tengo a dire che non considero Maria Sole un'eroina. È semplicemente una donna che vive la sua vita, con le sue debolezze e lati oscuri, una donna che ama e odia, che cade e si rialza, che fa fatica a perdonare, un po' come ognuno di noi.


Quali sono le tematiche più importanti del tuo romanzo?

Innanzitutto l'autodeterminazione, attraverso cui ogni essere umano deve seguire la sua strada, sulla base delle proprie inclinazioni personali, delle proprie aspirazioni.

Questo, credo, sia stato il timone che ha guidato questa storia. Ho affidato ad una donna il compito di raccontare l'evoluzione personale ed intima di ogni individuo alla ricerca di se stesso, ma il tema è universale. Certo, una donna deve fare i conti anche col pregiudizio di genere molto spesso e quindi trasportare un carico ancor più pesante, ma non impossibile. 

Lascio poi al lettore o alla lettrice la libertà di trovare, tra le sue pagine, qualcosa di sé. 


Domanda obbligatoria, qual è il tuo rapporto con Jane Eyre di Charlotte Brontë ?

“Jane Eyre" è stato uno di quei libri che mi ha segnato, non solo per la storia, ma anche per lo stile letterario, la durezza di certe immagini, la capacità di raccontare in un unico libro gli innumerevoli aspetti dell'esistenza,  la ricchezza, la povertà, l'amore, l'odio, la pazzia, la felicità, la disperazione, l’indifferenza, la cattiveria, la generosità, tutto spalmato sul gelido terreno della brughiera. È questo che ho cercato di fare anch’io, senza la pretesa di essere la nuova Charlotte Bronte, raccontare la vita.


http://midgard.it/janeeyre_edio.htm