venerdì 30 ottobre 2020

Intervista a Gianluca Ricci

Intervista a Gianluca Ricci, autore del volume “Sconfinamenti”, edito nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.





Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce? 

Sconfinamenti è innanzitutto una raccolta di racconti nati da suggestioni, echi di letture fatte nel corso degli anni, esperienze personali più o meno sublimate, esigenze religiose, esercitazioni scolastiche nel corso della mia attività professionale, provocazioni ed altro ancora. Quando ho visto che il materiale raccolto cominciava ad avere un certo peso, in carta o in bit non importa, mi sono chiesto se non valeva la pena di pubblicare il tutto. L’alternativa sarebbe stata il caminetto di casa o il tasto canc. Meglio il giudizio degli altri.


Quali sono le tematiche più importanti di questi racconti?

Una è indubbiamente quella religiosa e non si evince dal primo racconto che è di tipo burlesco, poi il fantastico, le culture degli altri, il senso della storia, la comunicazione tra gli individui, l’ucronia, il fiabesco, l’anti-animalismo ovvero il contrasto al bestialitarismo. 


Dopo tanti libri di poesia sei passato a pubblicare un libro di narrativa. C’è un motivo particolare dietro questa scelta?

No, i racconti sono nati come autentico passatempo, più ironicamente, e non come alternativa alla poesia, di cui ho sempre sentito il bisogno in modo più urgente, quasi una terapia.


Ci sono degli scrittori che ti hanno ispirato nella redazione di questi racconti? 

A posteriori direi di sì. Da Edgar Allan Poe, Honoré de Balzac, Fëdor Dostoevskij, Dino Buzzati, George Orwell, Ray Bradbury a Jorge Luis Borges, da Isaac Asimov a Philip K. Dick en passant per Fredric Brown. Poi i miei studi storici e l’interesse per le origini dei testi e delle esperienze religiose: per questi indichiamo il campo e non i contadini, che sono molti e notevoli.


http://midgard.it/sconfinamenti.htm


mercoledì 28 ottobre 2020

La nuova birra

 di Antonio Garosi.




Tutto il corpo le tremava come una foglia, le dita le coprivano la faccia, non impedendo alle calde lacrime di scivolare sul dorso delle mani e cadere su quei piedi freddi, che non avrebbero mai più sentito il calore del pianto e nemmeno quello dell’affetto nei suoi confronti.

“Jahi perché?” il pianto si intensificò ed un nodo in gola le impedì di respirare.

Il corpo giaceva tra la polvere, in mezzo alla strada. Una mano era protesa in avanti con il pugno chiuso. Il coltello che aveva conficcato nella schiena, mostrava il suo manico intagliato.

Un rumore la fece trasalire. Si voltò bruscamente. Era protetta da un gruppo di cinque palme a cespuglio. Ma ora era giunto il momento di decidere: cosa doveva fare? Doveva fuggire? O doveva rimanere accanto a Jahi?

Perse la testa solo quando si accorse che quelli che stavano sopraggiungendo erano soldati. In quello stesso istante si sollevò e fuggì con lo scatto degno di una gazzella.

Il leggerissimo velo di lino, che portava sulle spalle, volò via; accarezzò il volto del giovane e si posò davanti ai suoi occhi marroni, che fissavano la terra senza vederla.

Aveva un disperato bisogno di parlare con qualcuno. Doveva confidarsi, doveva parlare di quell’orrore. Doveva farlo il prima possibile. Corse sul tufo dei viali alberati di Alessandria, superò vicoli, con fatiscenti capanne in legno; sfiorò grandi abitazioni con forti mura in pietra. Uno solo, un solo uomo avrebbe potuto aiutarla a capire. Ed era colui che doveva cercare.

Corse ancora più veloce per raggiungere quella casa.

Lui forse aveva una spiegazione per tutto quell’orrore.

Quando spalancò la porta, l’uomo stava dormendo pesantemente, prono, su un pagliericcio gettato a terra. Possibile che si potesse dormire in un momento come quello?

Aveva trascorso l’intera nottata a scrivere. I suoi occhi avevano fatto uno sforzo incredibile, alla tremolante luce di quella lanterna. Tutto perché ci era stato costretto da quel commerciante. Doveva assolutamente far partire quella lettera la mattina successiva; con le navi che salpavano per la Grecia.

Fortunatamente durante tutti gli anni trascorsi al palazzo reale, aveva imparato a scrivere anche in greco.

Spense la lanterna e si sdraiò sul materasso, per riposare, nelle poche ore che mancavano all’alba. Il sonno fu più agitato del solito. Sognò suo nipote che le parlava, ma non riuscì a capire le sue parole.

Quando Ra, il disco solare si sollevò in cielo, prese la lettera deciso a recarsi al porto.

I forti colpi alla porta lo fecero sussultare. Aprì, era un soldato proveniente direttamente dal palazzo reale.

“Menet! Menet! si tratta di vostro nipote Jahi. Ha avuto un brutto incidente. Se volete seguirmi, per favore…”.

Il resto del discorso non lo capì, ma nonostante il sole fosse alto in cielo, nei suoi occhi e nella sua mente, calò il buio.

Cercò di non pensare. Però gli ritornarono in mente i momenti trascorsi con il nipote, le passeggiate, mano nella mano, il calore che quella manina, così piccola, gli trasmetteva.

Si lasciò scappare un singhiozzo. Pensò di nuovo al nipote, che si aggrappava al suo gonnellino plissettato, per essere preso tra le braccia. Al sapore dei datteri che raccoglieva sua moglie e che loro mangiavano non appena facevano ritorno a casa.

Si convinse che doveva cercare nel loro passato il significato di quel sogno funesto, che aveva agitato la sua nottata.

Tolomeo dodicesimo non poteva essere tranquillo. Il problema non erano i dolori che di tanto in tanto lo affliggevano e nemmeno il pericolo di aggressione da parte di Roma. Per quello aveva provveduto con un patto d’acciaio che per tutta la sua esistenza avrebbe garantito l’Egitto intero.

I commerci che all’inizio del suo regno andavano a meraviglia, con il passare del tempo stavano divenendo soffocanti. Il continuo attraversare il mare da parte di navi provenienti dall’Italia, rischiavano di opprimere, i commerci del suo popolo. Ma lui non lo avrebbe permesso.

Interruppe il corso dei suoi pensieri e si fermò a riflettere, sotto al baldacchino dove una leggera stoffa in lino lo proteggeva dal sole.

Ormai conosceva tantissima gente a Roma ed aveva tutta l’intenzione di farsi rispettare.

La passeggiata che si concedeva, spesso, da solo nel suo giardino, adornato con gelsomini, rose e fiori di loto; che gli conferivano un odore unico. Era uno dei pochi momenti rilassanti nel corso della sua giornata.

Osservò le piante colorate di cedri e melagrane, prima di tornare con la mente sull’ultima grana che lo aveva colpito in prima persona. L’uccisione del suo scriba e la sparizione di quel preziosissimo rotolo di papiro.

Un’altra delle cose che gli piaceva fare in quel luogo era conversare con Teremun, il suo consigliere.

Erano tutti e due occupatissimi, ma si concedevano volentieri un po’ di tempo per parlare del più e del meno.

“Cosa succede?” gli domandò non appena lo vide avvicinarsi

con la sua classica camicia verde.

“Menet, il vecchio scriba, chiede di parlare con voi”.

“Fallo venire qui”.

Menet si avvicinò al faraone, inginocchiandosi fino a toccare terra con la fronte.

“Alzati” gli sorrise.

“Vostra maestà, dopo tanti anni trascorsi a vostro servizio, chiedo di poter parlare con voi, anche se mi sono ritirato a vita privata”.

Un cenno bastò per far capire al suo consigliere di allontanarsi. Così i due rimasero soli.

Quando osservò il viso del nonno di Jahi, le tornarono in mente, gli innumerevoli papiri che aveva scritto per lui. Si rattristò per le rughe che apparivano sul volto del vecchio, così ruppe il protocollo dicendo: “Sono addolorato per quello che è successo a vostro nipote, e non solo per quello. Dovete sapere che hanno ucciso vostro nipote per rubare un preziosissimo documento che mi apparteneva. Così mi sento responsabile dell’accaduto”.

Menet osservò la bianca veste del Faraone, decorata in oro, che in alcune occasioni lo rasserenava. Ma questa volta non provò emozioni.

“Posso domandare che cosa conteneva quel documento?”.

“Parlava di una nuova birra, del tutto diversa da quella d’orzo, della ricetta sacra. Mi hanno detto, addirittura,

che a questa nuova ricetta non è necessario aggiungere il miele”.

“Mio Faraone, è impossibile, una birra senza miele sarebbe tanto amara da non poter essere bevuta”.

E così Jahi era morto per una birra; tanto importante da richiedere l’uccisione di un giovane per rubarne la ricetta.

Per un attimo gli balenò in mente la possibilità che il suo re lo avesse ingannato raccontandogli una frottola. Scacciò quell’idea. Un condottiero tenuto a far rispettare ai suoi sudditi una condotta morale irreprensibile, non poteva mentire.


Estratto dal racconto "La nuova birra" di Antonio Garosi, Vincitore Premio Giallobirra 2016, dall'ebook Giallobirra 4, Midgard Editrice 2020.

http://midgard.it/giallobirra4_ebook.htm

sabato 24 ottobre 2020

Intervista a Nardino Cesaretti

Intervista a Nardino Cesaretti, autore del romanzo “Brunella e i piatti di riso”, edito nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.







Buongiorno Nardino, parlaci della tua nuova opera, come nasce? 

Nasce questa primavera, quasi per caso, nelle mattinate passate a casa durante il periodo di lookdown Covid. Nasce dando spazio alle idee che in modo disordinato e quindi da mettere in ordine si presentavano come situazioni di vita di una donna giovane, con alle spalle una famiglia quasi inesistente, con delle esperienze e un vissuto quasi sempre sfortunato. Nasce con la voglia di raccontare, ma solo alla fine del libro, una scelta di vita vera vissuta da una donna. Il libro è un romanzo inventato ma il tocco finale è un fatto vero che ho potuto constatare personalmente e che ancora mi commuove.


Quali sono le tematiche più importanti del tuo romanzo?

Sono tematiche riguardanti il mondo femminile: sentimenti, amicizia, sensazioni, affetti, famiglia, infanzia, innamoramenti, esperienze di vita, amori, delusioni, altruismo, solidarietà, scelte, privazioni, confronti. È stato interessante, per me uomo, provare a descrivere la vita ed i sentimenti di una donna, le reazioni femminili al vivere quotidiano, le sensazioni prima di un incontro o di una decisione da prendere, il valore delle cose terrene, la bellezza e le soddisfazioni da trovare dove meno te le aspetti. Spero di esserci riuscito e dai primi commenti ricevuti sembra di sì.   


Progetti futuri?

Sto scrivendo una commedia Teatrale in lingua medioevale da rappresentare all’aperto nelle piazze dei Borghi Medioevali italiani. È intitolata “La sposa del Gattamelata” . Trattasi di un fatto storico realmente accaduto nel quindicesimo secolo con il matrimonio tra Erasmo da Narni e Jacoma da Leonessa. Ovviamente alcuni personaggi sono storicamente documenta ed altri, che sono il collante del fatto storico, sono inventati.


http://midgard.it/brunella_eipiattidiriso.htm


lunedì 19 ottobre 2020

Il battito della natura

 di Federico Monni





AL BALLO MASCHERATO


Preparativi per il gran ballo,

il miglior vestito dell’umanità,

la maschera.

Nessuno lo ammette,

tutti lo pensano.

Il sorriso si accende,

l’uomo colora.

Dov’è la spontaneità

al ballo mascherato della felicità?






SOLITUDINE


Un’arida aria serpeggia

tra il malcontento popolare.

Oziose parole aleggiano

tra l’euforia generale.

Sboccia la malinconia

nell’intensità della monotonia.

Per porre fine all’agonia

solitudine incombe come unica via

dischiudendo una strana armonia.






PRIMAVERA IN DICEMBRE


Il freddo parlare della gente

si oppone al caldo desiderio della mente.

Una foglia cade

da un albero ghiacciato,

mentre si riempiono le strade

di un vociare affannato.

Il corpo insegue

l’anima nel profondo

e invano prosegue

nel cercarla in questo mondo.

Cercar fuori una greve

risposta non deve

quando ella posa all’interno lieve.

Si scioglie il ghiacciaio del cuore

alla vista di un fiore e del suo candore.

Il calore della mente

si unisce a quel fiore ardente.

E, nel futile chiasso

nella folla solitario

l’io compie un passo

alla fine del calvario.

Un fiore sboccia

da un albero ghiacciato

e una goccia

cade dal cuore accettato.


Estratto dal libro "Il ritmo della natura" di Federico Monni, Midgard 2020.

Illustrazioni di Gianluca Kaja.


http://midgard.it/ilbattito_dellanatura.htm





mercoledì 14 ottobre 2020

Intervista a Paola Micoli

Intervista a Paola Micoli, autrice del romanzo “Isabel. Meraviglia e dramma” con Corrado Solari, edito nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.




Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce? 

L’opera è una retrospettiva reale della mia esistenza, pone un accento sulla mia vita individuale, in particolare sulla storia della mia personalità. Questo libro arriva a un certo punto della mia vita, mi sono decisa a rievocare alcune fasi della mia esistenza, per me in particolar modo importanti. Ho preso coscienza di me attraverso i miei ricordi, come protagonista delle vicende narrate. I tempi verbali del mio passato. Sentivo un forte bisogno di sfogo nella scrittura. Sentivo la necessità di raccontare di me stessa per liberarmi, una liberazione di diversi episodi, di eventi drammatici. Per me la scrittura è stata una forma di liberazione mentale, staccando e tagliando gli episodi traumatici che ho vissuto, per riscattarmi dal mio passato, per cancellare i fantasmi dalla mia mente. Volevo trasmettere un messaggio di speranza a chi si trova attualmente in una situazione simile a quella che ho vissuto o con lo stesso pesante irrisolto nel cuore.


Come è stata la collaborazione con Corrado Solari?

Ho conosciuto Corrado Solari alcuni anni fa a un evento a Roma, tramite un mio parente che lavora nel cinema. Lui ci ha presentato. Gli ho chiesto subito se era disposto ad aiutarmi nello scrivere la mia autobiografia. Per me era dispensabile trovare qualcuno che mi aiutasse, non avendo mai fatto una scuola di lingua italiana. Pensai che lui sarebbe stato la persona più giusta. Corrado, senza prendersi del tempo per riflettere sulla mia richiesta mi disse immediatamente che per lui sarebbe stato un piacere immenso quello di aiutarmi. Quindi cominciai a scrivere. Dalla Svizzera mandavo a Corrado i miei racconti, pagina per pagina, e lui li sistemava, li aggiustava, li correggeva, si occupava di tutto. Ci sentivamo spesso tramite posta elettronica e telefono, due volte all’anno scendevo giù a Roma per salutarlo e poi tornavo subito in Svizzera. Ho imparato a conoscere Corrado Solari in questi anni, come figura paterna e come grande maestro di lingua italiana. Dopo questi anni di dialogo con Corrado i miei amici italiani, che mi conoscevano già da prima, mi dicono che mi esprimo in lingua italiana in modo molto più corretto che nel passato. Per me, nata e cresciuta in Svizzera, senza aver mai fatto una scuola di lingua italiana, sentirmi dire da italiani che mi esprimo in un italiano molto buono, mi fa sentire gratificata e questo merito è di Corrado Solari.


Qual è il rapporto fra la scrittura e il resto della tua vita?

La scrittura mi permette di rappresentare attraverso le parole la mia visione del mondo che ci circonda. Scrivere mi conduce alla scoperta dei miei segreti più intimi. Ho dovuto dedicarmi solo a me stessa, seguendo solo la mia mente. Grazie allo scrivere ho dato la possibilità ai miei lettori di osservare la mia vita, come da un buco di serratura, da cui si può guardare ai miei segreti più intimi. Si tratta dell’intimità della conoscenza.


Che scrittori ti piacciono e ti ispirano? 

Mi piacciono e mi ispirano gli autori che trattano di medicina naturale, di aromaterapia, di botanica, di spiritualità, ricerca e crescita interiore, come Hans Josef Fritschi, Rocco Carbone, Marco Valussi, Leo Lionni, Milne Edwards, Anthony Robbins, Francisco Pacifico e Annie Besant.


http://midgard.it/isabel.htm








martedì 13 ottobre 2020

Intervista a Corrado Solari

Intervista a Corrado Solari, autore del romanzo “Isabel. Meraviglia e dramma” con Paola Micoli, edito nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.





Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce?

Nasce così, casualmente, come le migliori cose. Nel mio insostituibile percorso di vita dedicato a ricerche, curiosità filosofiche, esoteriche e di costume, desideravo sempre raccogliere in un libro le mie poesie, che si dice siano anche belle, oltre che strane e, dicono, ricordare il dolce stil novo, ma sono altra cosa. Bene, in una serata con alcuni amici mi imbattei in Paola Micoli, ci presentarono e la nostra conoscenza si sviluppò poi per e-mail, molto pura, con la Paola che raccontava cose  che io avevo ricercato e in buona parte conosciuto o sperimentato.  Vie interiori, misteri del vivere e del morire, costituzione animica dell’essere e tante tante curiosità che ci avvolgono e spesso nulla ne sappiamo. La Micoli mi rivelava con genuinità un mare di cose, vite, esperienze, che decidemmo  di farne un libro, affidandosi completamente a me, a un certo mio modo di entrare nei suoi misteri e descrivere con forma, direi artistica le sue esperienze… che amai stravolgere, non per “inventare” ma per ravvivare ciò che in lei erano balugini di realtà. “Portare a casa” insomma più risultati possibili, più verità possibili, pur se aggrovigliate.


Come è stata la collaborazione con Paola Micoli?

Molto epistolare, diluita in tempi lunghissimi di “stanca” e di entusiasmo. Lei è un personaggio non comune per la delicatezza del suo muoversi e nel modo di essere. Elegante, discreta, quasi timorosa, ma loquace nel suo pensare: preciso e spesso meravigliato. Un’ottima ispiratrice che come neppure la luna sa mostrare la sua parte nascosa.


Quali sono le tematiche più importanti del romanzo?

Il mondo interiore senza dubbi, i misteri dell’anima. La certa reincarnazione, i misteri e la vita dopo il trapasso.  Le capacità e i misteriosi talenti che tutti si hanno, ma che si ignorano di avere perché non si usa l ‘attenzione alle cose, ai particolari delle persone, all’osservazione del mondo, non dà dentro noi, che sarebbe visione di parte, condizionata dai sentimenti, ma osservare da fuori di noi in un “vedere “puro, non contaminato dal nostro giudizio. Solo così il mondo parla e in noi si sveglia la capacità di “vedere”, ascoltare e sperimentare il nostro piano umano. Il mondo ci parla con armonica insistenza e con sottigliezza di tutte le entità fisiche e trasparenti che lo abitano e che talvolta rivelano interi mondi in attesa, “dietro l’angolo”, di un pensare diverso, nuovo.


Qual è il rapporto fra la scrittura e il resto della tua vita?

Cerco di scrivere ciò che penso, sperimento e ricerco in ogni angolo di me, del mio vivere. Vorrei impostare la mia vita in armonia con ciò che studio,  medito, a volte creo. Non si può non scrivere, ognuno scrive a suo modo, c’è chi  scrive attraverso la dedizione, l’umiltà, la devozione, si scrive di sé lavorando, operando anche umilmente. Ognuno cerca di “scrivere” qualcosa di sé perché tutti sentiamo il bisogno di trasformare parte della realtà in cui viviamo. A sera dovremmo pensare: dove, cosa e come, oggi ho cambiato qualcosa del mondo.


Che scrittori ti piacciono e ti ispirano?

Goehte, Steiner, Scaligero, Wolfram Von Eschenbach, Gentile, Ivanov, opere di Filosofia e di Cristologia.


http://midgard.it/isabel.htm







martedì 6 ottobre 2020

Intervista ad Andrea Troiani

Intervista ad Andrea Troiani, autore dell’opera “L’eco delle mie emozioni”, edita nella Collana Poesia della Midgard Editrice.




Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce? 

In realtà ho sempre avuto la predisposizione verso la scrittura, ma è da due anni che questa passione mi è esplosa fra le mani ed ho iniziato a scrivere poesie in modo continuativo e approfondito. Dato che ho ricevuto molti feedback positivi dalle persone con cui condivido le mie emozioni, ho deciso di pubblicare un libro che le raccogliesse in buona parte.


Quali sono le tematiche più importanti nella tua poesia?

La tematica più trattata dalle mie poesie è sicuramente l’amore che da sempre è lo scoglio della mia vita, perché per molti anni ho vissuto questo sentimento in maniera conflittuale, vivendolo più attraverso gli altri piuttosto che su me stesso.


Qual è il rapporto fra la scrittura e il resto della tua vita?

Inizialmente scrivevo poesie guardandomi bene dal mettermi a nudo attraverso la mia scrittura, cogliendo attraverso le persone che mi circondavano ciò che mi suscitava qualcosa da raccontare. Oggi, invece, scrivo molto di più rispetto a quello che mi riguarda da vicino, perché ho capito che in questo modo arrivo dritto al lettore con sensazioni pure, pulite.


Che scrittori ti piacciono e ti ispirano? 

Diciamo che in generale prediligo gli scrittori italiani, poeti e non, ad esempio D’Annunzio, Calvino, Alda Merini e l’immortale Dante; ma non ti nego che adoro anche autori stranieri come Bukowsky, Neruda o Baudelaire. Per non parlare di Shakespeare! Tuttavia non ho un modello letterario preferito, perché attingo a chiunque mi trasmetta sensazioni e brividi senza alcuna distinzione di epoca o provenienza.


Progetti futuri?

Nel futuro senza dubbio vedo un proseguimento di questa passione, nel senso che mi piacerebbe non fermarmi a questa prima pubblicazione ma continuare a scrivere e progettare altri lavori. Intanto mi spenderò per promuovere questo mio primo libro, è solo il futuro vedrà come andrà. In bocca al lupo a me!


http://midgard.it/leco_dellemieemozioni.htm