martedì 23 gennaio 2024

Libertà vo cercando

 di Maria Sofia Rebessi.






Libertà, liberté, libertad, libertas, libertate, Freiheit, freedom (o “liberty” nella variante statunitense), eleutheria.
Già si denotano piccole differenze fra i termini a livello linguistico, basti pensare alle parole neolatine in cui la b intervocalica si è mantenuta uguale all’originale Libertas. 
Per ciò che riguarda l’etimologia dell’italiana libertà, nel Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (in sigla TLIO) si trovano 1371 esempi dell’uso di tale lemma anche se, raccogliendo il TLIO attestazioni dei vari dialetti, chiaramente il modo in cui è scritto è diverso.
La più antica attestazione sta nelle Storie de Troia e de Roma, testo romanesco tradotto dall’originale latino fra il 1252 e il 1258, nel quale si legge: “Agamenon fece lo consilio et concedeo [concesse, ndr] libertate ad Elena e Casandra et feceli rendere onne cosa.”
Il primo esempio, invece, nella cosiddetta lingua volgare risale al 1263 nel registro di debitori e creditori di una compagnia commerciale di Siena che però operava in Francia: “Maiestro Piero calonacho [canonico, ndr] di Toli ebe libertà [ottenne il permesso, ndr] dal deto vescovo di richonoscere la deta [il debito, ndr] denanci a’ deti giudici. ”
In inglese e in tedesco, invece, ci sono i suffissi -dom e -heit che servono a indicare una condizione.
Ad ogni modo, queste parole provenienti da culture e modi diversi di pensare sono tutte quante volte a designare una specifica situazione, della quale è onestamente molto difficile spiegare l’essenza. Si potrebbe definirla come la capacità di autodecidersi, autodeterminarsi, di scegliere se fare o non fare una determinata cosa. Nel 1971, su ispirazione dell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, il cantautore Fabrizio de André l’ha resa la protagonista indiscussa del brano Il suonatore Jones e specialmente nelle frasi “Libertà l’ho vista dormire nei campi coltivati a cielo e denaro a cielo ed amore, protetta da un filo spinato. Libertà l’ho vista svegliarsi ogni volta che ho suonato, per un fruscio di ragazze a un ballo, per un compagno ubriaco”.
Lo scopo di questo libro è quello di far riflettere sull’autentico significato di una parola per cui molte persone si sono sacrificate, ma naturalmente anche quello di calare suddetto termine ai giorni nostri e di riappropriarci del suo valore nella sua interezza. Il tutto è corredato da numerose citazioni relative alla storia antica, medievale e contemporanea, a dimostrazione del fatto che è un tema che ha sempre smosso le coscienze. 
Precisazione importante: il titolo, Libertà vo cercando, è un tributo a Dante Alighieri, il quale, nel verso 71 del Purgatorio, è un cercatore della suddetta esattamente come Catone Uticense, da questi posto al rango di guardiano del regno intermedio fra Inferno e Paradiso. La speranza, o meglio ancora l’esortazione, è che ogni lettore trovi la propria occasione per impegnarsi, con gli opportuni riadattamenti, a imitare il Sommo Poeta nella sua ricerca e a onorarla non solo col pensiero ma anche con le azioni.


Estratto dal libro "Libertà vo cercando" di Maria Sofia Rebessi, Midgard Editrice




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lunedì 15 gennaio 2024

La torre echeggiante

 di Rocco Di Campli.







Correva l’anno del Signore 1189 quando il Barbarossa si recò in Terrasanta, alla testa dell’esercito, per guidare la Seconda Crociata, che si risolse in una drammatica sconfitta per le milizie Cristiane, anche a causa del fallimento dell’assedio di Damasco. 
Il condottiero svevo vi tornò anche in quella successiva, due anni dopo, combattendo al fianco di altri forti e audaci cavalieri. 
Tra coloro che presero parte alla Terza Crociata c’era anche Riccardo Cuor di Leone (così chiamato in base al soprannome coniato dal menestrello Ambroise nel cantarne le gesta), che accompagnò Federico nel suo viaggio in Oriente. 
Ma per il Barbarossa la nuova impresa cavalleresca avrebbe rappresentato anche l’ultimo viaggio terreno. L’imperatore svevo, infatti, annegò nelle acque poco profonde del fiume Saleph, che scorreva in Turchia, forse a causa del peso dell’armatura o per un congelamento o per via di qualche oscuro incantesimo. 
Una leggenda narra che la sua misteriosa morte fosse legata alla Lancia del Destino, l’arma con la quale il soldato romano Longino aveva trafitto il sacro costato del Messia. 
Forse il destino aveva deciso che la preziosa reliquia appartenuta al legionario dovesse restare in Oriente. 
Qualunque fosse stata la causa (naturale o soprannaturale) del decesso dell’imperatore, il Barbarossa non ritornò dalla crociata.
Riccardo aveva dunque proseguito il suo viaggio alla volta del Santo Sepolcro, arrivando a destinazione e scontrandosi con l’esercito del prode Saladino, che dominava su un vastissimo regno, i cui confini si estendevano dall’Egitto fino all’Armenia. 
Durante l’assedio di Giaffa il sovrano Saraceno, stupito dal coraggio dimostrato dal Plantageneto nel corso della battaglia, di fronte alla temerarietà del nemico, avendo notato che il suo avversario era rimasto privo di cavalcatura, per consentirgli di combattere gli fece consegnare due destrieri bardati e protetti dall’armatura. Non poteva permettere, infatti, che un guerriero simile fosse spazzato via da una morte indegna del suo valore.
Il Sultano tributò così a Riccardo quel meritato onore, un solenne riconoscimento che il destino assegna e concede ai veri guerrieri, per consegnarli all’eterna memoria scritta nel libro della storia.
La guerra, come accade quasi sempre, rimase senza un vero trionfatore. Non furono decretati né vincitori né vinti e la pace fu sancita con un trattato tra Riccardo e i consiglieri del Saladino. 
Il re d’Inghilterra tornò a casa sano e salvo dalla spedizione, seppur molto provato, e contribuì a riportare dalla crociata un bottino misterioso, che faceva parte del carico dei beni confiscati in Oriente. Dunque, i cavalieri Cristiani, al ritorno in patria dopo l’impresa militare, non avevano condotto soltanto ori, denaro, spezie aromatiche e dolorosi (ma solenni) ricordi di gloria, bensì anche un affascinante mistero, legato ad un’arcana magia. 
Il sangue versato nella cosiddetta Guerra Santa era stato copioso.  L’alto tributo di vite umane, pagato e offerto come sacrificio in nome della causa, aveva macchiato la terra straniera e le metaforiche pagine della storia. Al di là dei clamori della gloria, sarebbero rimasti nella polvere e nella sabbia gli stendardi strappati e i cavalieri caduti, sepolti o lasciati marcire al sole. 
Numerosi Templari e Cavalieri dell’Ordine degli Ospitalieri erano periti nell’impresa della tentata conquista del Sepolcro.
Quelle gesta avrebbero trovato posto nei libri di storia e sugli arazzi. Sarebbero stati narrati e celebrati nei poemi, nei romanzi e nelle ballate, riverberando attraverso i secoli.


Estratto dal romanzo "La torre echeggiante" di Rocco Di Campli, Midgard Editrice 2023




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lunedì 8 gennaio 2024

Le pratiche della fede etena

 di Siegfried Blazesson







Allo stesso modo di altre Vie spirituali o religiose che siano anche la Via etena prevede delle pratiche che debbono essere messe in pratica nel compimento di un completo percorso di fede da parte di chi decide di seguirlo.
È necessario però fare alcune precisazioni prima di illustrare quali siano queste pratiche e come affrontarle e soprattutto come applicarle nella vita quotidiana dell'uomo moderno.
Innanzitutto è necessario chiarire l’eventuale dogmaticità delle suddette pratiche: la fede etena infatti non prevede la presenza di qualsivoglia obbligo religioso come si vedrà in seguito dunque anche la pratica è lasciata alla discrezionalità del sacerdote o del Pater Familias che ha l'onore e l'onere di sovrintendere le celebrazioni siano queste pubbliche o private.
Appreso questo concetto ci si trova inevitabilmente ad affrontare una diversa interpretazione dei paragrafi di seguito dato che appunto quanto troverete scritto non sarà un approccio dogmatico ma di apprendimento delle pratiche sia di origine storica che di culto contemporaneo.
Un'altra doverosa precisazione che si ricollega inoltre a quella precedente è in merito alla varietà delle pratiche etene che, appunto, in virtù di quanto già specificato sono diversificate anche in maniera significativa l'una dall'altra.
Nei paragrafi successivi si è dunque tentato di dare informazioni generalistiche e non specifiche di una precisa corrente etena, cercando appunto di lasciare a chi pratica (o avrà intenzione di praticare) la giusta libertà di interpretazione delle fonti storiche e la necessaria integrazione delle pratiche moderne.
Un altro aspetto da prendere in considerazione, dunque, è quello accennato poco sopra dell’integrazione tra le pratiche storiche e quelle contemporanee.
Nei paragrafi che seguiranno saranno specificate le fonti antiche mediante la bibliografia correlata mentre le altre, quelle “contemporanee” provengono dalla diretta conoscenza di chi scrive relativa alla propria esperienza personale ed allo studio di altre realtà etene anche particolarmente eterogenee.
Una prima domanda che potrebbe sorgere spontanea al lettore è se sia davvero necessario integrare le pratiche antiche e storicamente comprovate a quelle di moderna introduzione; la domanda è più che lecita e la risposta è tanto semplice quanto non banale: non è possibile praticare la Fede Antica senza introdurre ed integrare il culto con pratiche moderne in quanto le informazioni sulle tradizioni antiche sono frammentarie, spesso incomplete e sovente vittime di interpretazioni e rimaneggiamenti di epoca cristiana e dunque non sufficienti ad esprimere completamente tutto il potenziale che questa Via spirituale può e dovrebbe fornire.
Queste pratiche moderne, delle quali si parlerà in seguito, sono state introdotte a partire dall'inizio del '900 quando i primi occultisti in Austria e Germania si sono interessati all'antica Fede dei Germani  passando poi per gli anni '70 e '80 del 1900 con la nascita dei vari gruppi Ásatrú che non nominerò fino ad arrivare alle ultime e più recenti integrazioni messe in atto nel corso di quella che viene definita la "seconda ondata" dell'etenismo iniziata nei primi anni 2010 (complice l'interessamento di Hollywood) ed in corso ancora oggi.
Alcune tra le diverse pratiche moderne esistenti sono state qui inserite di proposito in maniera monografica e non enciclopedica, quelle presenti infatti sono state ponderate e studiate da chi sta scrivendo e solo alcune sono state mantenute in virtù di due aspetti fondamentali: la verosimiglianza storica e la coerenza con l'etica etenista.
In conclusione di questo paragrafo, fatte le dovute precisazioni in merito allo scritto, è necessario ribadire inoltre quanto non sia assolutamente utile prendere quanto troverete scritto qui e praticarlo in assenza di un lavoro personale di decristianizzazione morale, di crescita spirituale e di applicazione nella vita quotidiana dell'Etica germanica.
La Via etena è difficile anche e soprattutto a causa dell'approccio arcaico che noi, uomini e donne contemporanei, fatichiamo a comprendere ed assimilare e dunque necessità di passione, studio, sacrificio e impegno per modificare la parte più inattaccabile e profonda della nostra mentalità moderna e riplasmarla secondo le antiche usanze.
Se non farete ciò prima di cimentarvi nella pratica starete solo giocando ad accendere un bel fuoco nel bosco. 


Estratto dal saggio "Le pratiche della fede etena" di Siegfried Blazesson, "La via dell'etenismo", AA.VV., Midgard Editrice 2023

https://midgard.it/product/aa-vv-lavia-delletenismo/


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mercoledì 3 gennaio 2024

Intervista a Maria Sofia Rebessi

 





Buongiorno, come nasce questa nuova opera?

Buongiorno a te. È nata ormai 5 anni fa, quando ho iniziato a leggere “Il trattato del ribelle” di E. Jünger in data 3 gennaio 2019 e, in un secondo momento, a documentarmi sulla figura di Arminio. 
Progressivamente, ho ritenuto opportuno integrare le riflessioni summenzionate con precedenti scritti del 2018, opportunamente rielaborati. 
Purtroppo, a causa della pandemia, il manoscritto è rimasto nel cassetto per quasi quattro anni. Sono tornata a revisionare le pagine da maggio 2023, integrando anche l’apparato bibliografico e le note. Mi sono servita anche di miei precedenti scritti del novembre 2020.
Sicuramente la stesura definitiva dell’opera è diversa da quella del 2019 e non solo per mere ragioni temporali. 



Con quale criterio hai selezionato i personaggi storici del libro?

Ho pensato fosse buona cosa inserire un personaggio per ogni ruolo, così ho approfondito la figura di un letterato della storia antica, di uno della storia contemporanea, di un dignitario imperiale, di un soldato e di un comandante. 
A mio avviso, sono figure che ci possono aiutare a capire il senso profondo della parola libertà, la quale, nel mondo contemporaneo, viene drammaticamente e vergognosamente travisata.
All’inizio di ogni capitolo il lettore troverà una citazione di una canzone, di un film o di una serie televisiva: mi è sembrato un trait d’union efficace tra gli esempi da me scelti e chi si accinge a ripercorrerne le gesta con cui sono passati alla storia.



Fra di essi, quale ritieni più adatto per il mondo contemporaneo?

Sicuramente Jünger, con il suo “Anarca” e il suo “Trattato del ribelle”. I consigli che ci dà sono tremendamente attuali: mi riferisco alla rielaborazione di R. Paradisi avvenuta nel 2017, non tanto tempo fa. Detto ciò, la persona veramente libera è quella che vive nel mondo senza essere del mondo. 




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