sabato 30 marzo 2019

La banalità del quotidiano

di Diana Pavel





XXXVI

Questa ipotetica voglia di mangiare viene e poi mi
abbandona.
Come le tue mani che non ne volevano sapere di

stringermi la primavera scorsa.

Adesso mi implorano di avere fame.
Io la rifiuto.

Detesto essere circondata da persone che non si
immaginano
cosa significhi avere la forza di non nutrirsi per
otto giorni
e svenire tra le contrade del Carmine.


XLIV

A volte vorresti solamente conoscere le vite degli altri:
mirarle senza pensare a niente e capire di quali amori siano

fatte le loro mattine.

Altre volte ti ritrovi a pregare Dio affinché ti tolga la vita e
non sai spiegarti il perché.

Allora ripensi a quanto i complimenti possano spaventare
e
ritorni in te.

L’intimità è degli insicuri:
abbi il coraggio di arrenderti.


LX

La mia malattia ha un nome che fatico a pronunciare:
un traguardo senza fine,
senza inizio,

senza pause.

Un continuo tormento privo di fondamenta,
un cambiamento mai relazionato all’amore che provo per
me stessa
e per te che mi guardi da lontano
senza dire niente,
senza fare la pace
con il mio corpo non ancora
abbastanza magro per
essere vivo.


LXXIX

Ho sempre sognato qualcuno che mi portasse la colazione
a letto e mi facesse credere che fossi il suo primo pensiero
del mattino,
attraversare la strada ancora in vestaglia da notte per
comprare due cornetti alla crema e mezzo litro di latte al
bar davanti a casa solo perché le mensole della cucina son
sempre vuote e la spesa mi dimentico di farla da troppo

tempo, oramai.

Oggi i cornetti li compro da sola e poi torno a letto per
inzupparli in mezzo litro di latte,
proprio come piace a me.

E sto bene.


Estratto dal volume "La banalità del quotidiano" di Diana Pavel, Midgard Editrice 2018




sabato 23 marzo 2019

Metodo Ilai

di Morgana Serafini






Leggendo gli antichi documenti, sappiamo che ai pazienti affetti da polmonite venivano consigliate le passeggiate nei boschi, o anche vivere per un certo periodo di tempo all’interno di essi, o almeno nelle vicinanze..
Il primo lavoro che fu scritto in silvoterapia, “Influenza igienica delle piante e il valore terapeutico della foresta” non è stato scritto da un medico, come si potrebbe pensare, ma da Lucien Chancerel, un guardaboschi francese. Questo metodo terapeutico è indicato dai baleoclimatoterapeuti tanto alle persone sane, per mantenere il loro stato di salute, combattere la fatica e lo stress, quanto ai convalescenti e ai soffrenti di asma, bronchite cronica, aterosclerosi, ipertensione, nevrosi, insonnia, ecc.
Per le persone sane, silvoterapia significa camminare, correre o esercitare lo sport preferito nei boschi. In questo caso si parla di una silvoterapia attiva, che può essere praticata ogni giorno, weekend o vacanze. 
La forma passiva, destinata ai malati, consiste in passeggiate nei boschi, fatte ad una velocità di 3-5 chilometri all’ora, finalizzate con un ora di riposo all’ombra degli alberi e il tocco del tronco degli alcune specie di alberi. 
In alcuni paesi, sono stati progettati parchi forestali speciali, organizzati secondo gli obiettivi perseguiti: meditazione, tonificazione, rilassamento o stimolazione. Per il rilassamento e la meditazione ci sono molti cespugli e alberi di varie dimensioni e forme. Grandi effetti sedativi sono ottenuti combinando le linee orizzontali e curve delle chiome di alcuni alberi oppure le varietà dei colori dei fiori e delle tonalità predominanti di giallo. Per la stimolazione, gli alberi verticali ad alto fusto, rami ascendenti, vegetazione abbondante e vari colori hanno dimostrato la loro efficacia.
Nella mia personale esperienza ho trovato un riscontro positivo “immergendomi” in un bosco di Cerri da intensi profumi e miracolosi suoni risanatori; il mio albero mi ha chiamato a se, ci siamo scelti, attratti, come in un gioco d’amore; ho avuto un’alterazione di coscienza, una sensazione di sospensione spazio-temporale che mi ha fatto sentire sostenuta in un abbraccio di forza e nutrimento.
L’aria del bosco è un ottimo rimedio con più proprietà: attiva la circolazione sanguigna, aumenta il numero dei globuli rossi, facilita la respirazione dei malati polmonari cronici, favorisce il sonno, stimola tutte le funzioni degli organi e contribuisce al ritardo dell’invecchiamento attraverso un più efficiente processo di ossigenazione del cervello, rafforza la vitalità, crea uno stato di benessere, diminuisce l’irritabilità ed è un forte deodorante. Nella foresta, l’aria contiene notevoli quantità di ioni negativi di ossi-geno, che sono anche più numerosi durante l’estate. 
Un albero con un diametro di chioma di 15 m è in grado di produrre in un giorno il necessario giornaliero di ossigeno per 14 persone. 
Nella montagna, soprattutto nelle zone con boschi di conifere, vicino alle cascate e cataratte fatte dai torrenti, la concentrazione di ioni negativi aumenta a 5.000/cm3, mentre nelle grandi città, abitualmente si sta registrando una concentrazione di 100-250 / cm3, cioè circa. 40 volte di meno! 
Le molecole di ossigeno, che hanno un eccesso di carica negativa sono state chiamate anche “vitamine dell’aria”, in quanto stimolano e armonizzano i processi vitali, ma anche quelli della sfera psichica ed emozionale. In presenza di questi ioni, il sistema immunitario è molto attivo, l’assimilazione è capace ad autoregolarsi, la circola-zione si attiva, mentre i processi di riparazione sono stimolati.
La ionizzazione negativa dell’aria entro certi limiti, porta ad un rilassamento generale del corpo, abbassa la pressione sanguigna e la frequenza respiratoria, aumento l’equilibrio emodinamico (diminuzione della velocità di ossidazione negli eritrociti, aumento del numero di eritrociti, diminuzione delle cellule bianche nel sangue), migliora l’attenzione e capacità di lavoro, normalizza la funzione neurale centrale e autonoma.
Le ricerche hanno dimostrato che gli aeroionii esercitano una moltitudine di altri effetti benefici sul corpo, come ad esempio:

• accelera il processo di disintossicazione del corpo;
• migliora il sonno, la  meditazione e il rilassamento;
• aumenta la capacità polmonare;
• aumenta il tasso di assimilazione delle vitamine B e C;
• allevia mal di testa, allergie e febbre da fieno;
• attenua l'irritazione delle vie respiratorie;
• riduce la frequenza e l'intensità degli attacchi di asma;
• rinforza il sistema immunitario;
• normalizza l'equilibrio ormonale;
• riduce lo stato di irritabilità, depressione, tensione nervosa; migliora l’attenzione e la produttività durante il lavoro.

Altri “farmaci”’, che vengono continuamente prodotti della foresta sono sostanze fitocide, principi volatili emessi allo scopo della distruzione dei funghi e batteri. Ad esempio, le foglie dell’albero di quercia producono fitocidi che distruggono il bacillo dissenterico, quelli prodotti dal pino e da altre conifere uccidono i bacilli della difterite e tubercolosi. 
La più grande quantità di fitocidi è prodotta in estate e all’inizio dell’autunno.

Estratto del saggio "Metodo Ilai", Morgana Serafini, Midgard Editrice 2017

www.midgard.it/metodo_ilai.htm

mercoledì 6 marzo 2019

Intervista a Gianluca Ricci

Intervista a Gianluca Ricci, autore del libro “L’arte del kintsugi”, edito nella Collana Poesia della Midgard Editrice.






Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce?
Questa silloge raccoglie tutte le poesie che ho pubblicato negli ultimi due anni, quasi giorno per giorno, nella mia pagina Facebook che ho usato impropriamente come un blog personale. Ogni composizione era infatti accompagnata o commentata da una istantanea di un amico fotografo o da un’opera d’arte, pittura prevalentemente o arte statuaria. Per questo la considero come un’opera diaristica o una autoterapia psicologica.



Quali sono le tematiche più importanti dell’arte del kintsugi?
Faccio prima a dire quali non sono. Pur avendo una coscienza politica non sono un poeta politico e, pur essendo sensibile al fascino dell’eterno femminino di carducciana memoria, non sono un poeta erotico. Diciamo che avendo raggiunto una venerabile età ed avendo molto tempo libero in quanto pensionato ho sentito l’esigenza di ricomporre il passato nel presente. Non mi sono dilungato, però, nella descrizione di singoli episodi, anzi, il più delle volte li ho rielaborati, creando situazioni nuove con frammenti di loro. Li ho rimasticati e rielaborati, ruminandoli abbondantemente,  forse perdendomi in essi come un mangiatore di loto, ma anche questo è una possibilità di dire la verità in altro modo.



Questa è la tua decima opera poetica. Quali divergenze e quali affinità con le altre?
Non ci sono grosse divergenze con le ultime tre raccolte. Ho continuato ad esternare la complessità del mio vissuto, il mio modo di vivere l’affettività, il senso di non appartenenza, il peso di uno scetticismo radicale, la natura come metafora, la presenza rassicurante di un patrimonio mitologico, la ferita teologica.
Diciamo che ho accompagnato questi versi con una maggiore consapevolezza critica sul loro ruolo. E questo l’ho voluto sottolineare addirittura con una mia prefazione e postfazione, cosa che non ho mai fatto prima, e che non sostituisce affatto quanto cortesemente premesso da Vittoria Maltese. In fondo, anche se di moda, il mio kintsugi è e non può essere che metafora personale.



Progetti futuri?
Ho rallentato moltissimo la mia produzione lirica. Ho dubbi di poter dire ancora qualcosa di nuovo e chance esistenziali nuove non ne vedo per me. Sto riesumando dal cassetto, invece, una quindicina di racconti, più o meno fantastici, più o meno bizzarri, composti nella solitudine delle valli bergamasche o della Valnerina, quando vi ero stato confinato per motivi di lavoro…


www.midgard.it/larte_delkintsugi.htm