venerdì 22 aprile 2022

Intervista a Gianluca Ricci

Intervista a Gianluca Ricci, autore del volume "Orazion picciola", edito nella Collana Poesia della Midgard Editrice.





Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce?

Questa mia ultima silloge contiene testi scritti dal 2018 al 2019, prima ancora della pandemia. In verità avevo già pubblicato questi versi in rete in fruizione libera, ma confesso che l'esperienza non mi aveva convinto.  La poesia ha bisogno di rimanere sotto gli occhi ed in mano dei lettori. Altrimenti diventa giornalismo, psicologia spicciola.


Quali sono le tematiche più importanti di Orazion picciola?

L'argomento è sempre il solito, sono io. E non lo dico per supponenza, ma perché in questi ultimi anni ho sentito il bisogno di trovare il bandolo di questa mia esperienza esistenziale, privata del suo significato fondamentale. Il lavoro. Sono difatti diventato un pensionato. E come tutti mi sono trovato immerso in una marea di ricordi e messo in condizione di valutare come nuova ogni vicissitudine, ogni fatto capitatomi. Ovviamente nessuno passa indenne attraverso la vita. A me è successo di aver mantenuto viva una adeguata capacità di stupore, il bisogno di cercare significati. In fondo c'è sempre un mondo sconosciuto da conquistare e normare.


Questa è la tua undicesima opera poetica. Quali divergenze e quali affinità con le altre?

Scrivere poesia per me è come prendere appunti, scrivere un diario, inchiodare pensieri sulla carta. E questa cosa non cambia proprio adesso. Sono cambiate le mie convinzioni, i miei punti di riferimento, i riferimenti ideologici, le suggestioni religiose, i miei bisogni etici, gli affetti. Nello stesso momento mi sono fatto accompagnare da forme espressive anche lontane dalla nostra cultura o di quella delle nostre origini, quella classica.


Progetti futuri?

Più che altro accompagnare alla luce una successiva silloge, i versi del tempo del Covid e della guerra, e dare organicità ad una seconda raccolta di racconti.


https://midgard.it/product/gianluca-ricci-orazion-picciola/


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mercoledì 13 aprile 2022

La vita insieme

 di Ferruccio Francescotti.




Scena  1

Ventimiglia, Balzi Rossi, ai giorni nostri


La località nota come i Balzi Rossi si trova nel comune di Ventimiglia, a poche centinaia di metri dal confine con la Francia di Ponte San Ludovico, dove ha inizio la famosissima Costa Azzurra; il suo nome deriva dal termine del dialetto locale “Bausi Russi” che significa “pietre rosse”.

Grandi agavi e rosse macchie di bouganville rendono quest’angolo unico e particolarmente suggestivo.

Una piccola pineta di pini marittimi offre un po’ d’ombra ai fortunati che riescono a trovare un parcheggio per l’auto; da lì una stretta strada sterrata, solo pedonale, conduce ad una esclusiva spiaggetta molto nota fra gli amanti della tintarella, posta al fondo di una caletta circondata da scogli su molti dei quali non si può camminare a piedi nudi, perché sono taglienti come lame di rasoio. La spiaggia è conosciuta come “spiaggia delle uova”, perché sul fondale si trovano molte pietre la cui forma tondeggiante è dovuta all’azione erosiva delle onde.

Il mare, limpidissimo, si frange sugli scogli provocando una schiuma candida.

Sul lato che guarda verso sud la stradina è separata dagli scogli sottostanti tramite un muretto in pietra, ma  quando il mare  è agitato “inzuppa” gli incauti passanti; dall’altro lato le agavi la separano da un’alta falesia (una scarpata verticale dovuta all’erosione del mare) nella quale si inoltrano delle grotte che hanno reso famosi i Balzi Rossi nel mondo della paleoantropologia: in esse infatti, a partire dall’800, son state rinvenute numerose sepolture di nostri lontani antenati noti come “uomini di Cro Magnon”, dal nome della località francese dove sono stati rinvenuti per la prima volta.

Sempre sul lato a monte vi è un Museo in cui sono custoditi, tra l’altro, gli scheletri umani fossilizzati rinvenuti nelle sepolture all’interno delle grotte unitamente a numerosissimi resti della fauna e della flora dell’epoca; si possono anche ammirare monili fatti di conchiglie dal colore bianco-rosato e manufatti d’osso.

È uno splendido mattino di inizio giugno; una lieve brezza di terra che spira dalle vicine montagne increspa leggermente, in senso contrario al normale moto ondoso, la superficie del mare, mentre alcuni gabbiani dalle grandi ali volteggiano alla ricerca di cibo emettendo brevi e stridule grida.

I primi bagnanti, dopo aver parcheggiato all’ombra della pineta, si avviano verso la spiaggia delle uova; un inserviente apre le porte del Museo in attesa dei visitatori.

Un autobus proveniente da Ventimiglia accosta al marciapiede sul lato mare appena prima del posto di frontiera: le sue dimensioni non gli consentono di procedere oltre. Accompagnati da un vociare allegro ne scendono una ventina tra ragazzi e ragazze: sono giovani studenti e dottorandi in paleoantropologia che, sotto la guida del professor Mario Tanzi dell’Università di Genova, stanno per iniziare una nuova campagna di scavi ai Balzi Rossi. Sono perlopiù italiani, ma non mancano gli stranieri provenienti da varie parti del mondo. Per alcuni di essi non è la prima esperienza al Balzi Rossi, ma quelli che vi giungono per la prima volta si attardano ad ammirare il magnifico panorama.

“Andiamo ragazzi” li esorta il professor Tanzi “entriamo nel Museo”.

Dopo che tutti si sono sistemati sulle sedie appositamente allineate in file ordinate il professore, affiancato dalla Curatrice del Museo, esordisce:

“Bene ragazzi; dedicheremo questa giornata all’organizzazione del lavoro sul campo e da domani inizieremo come da programma. Finita questa riunione potrete dedicarvi al mare, a visitare Mentone e quant’altro vorrete perché da domani, come i più esperti di voi sanno bene, il tempo libero sarà poco ed alla sera sarete molto ma molto stanchi.”   


Estratto dal volume “La vita insieme" di Ferruccio Francescotti, Midgard Editrice.

https://midgard.it/product/ferruccio-francescotti-la-vita-insieme/

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giovedì 7 aprile 2022

Intervista a Giuseppina Salvucci

Intervista a Giuseppina Salvucci, autrice del volume "Il borsello della fantasia", edito nella Collana Fiabe della Midgard Editrice.






Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce? 

Il primo ricordo che ho di me che invento storie per i miei bambini è in macchina al semaforo rosso di Matelica con mio figlio Francesco di circa due anni che urla come un disperato prigioniero sul suo seggiolino. Urlava e non sapevo cosa fare…allora provai a distrarlo in qualche modo…”Ma lo sai che cosa è successo???!! Incredibile! Sono venuti I LADRI a rubare il trattore di nonno!!! IL TRATTORE QUELLO BELLISSIMO ROSSO!!!”… Peraltro non mi sembra che io riuscì a catturare la sua attenzione e a distoglierlo un po' dal suo grande dolore… Diciamo che per cominciare ad inventare poté più la disperazione che la vena artistica!
Poi ricordo il mio piacere accanto al letto di mio figlio (aveva forse 5-6 anni) mentre inventavo del trenino Paoletto, prima di augurargli la buona notte. Parlavo enfatizzando le situazioni e vedevo i suoi occhioni scuri emozionarsi. Era un feed back che mi portava a continuare. L’effetto piaceva ad entrambi.
E poi, da tempo avevo in mente di scrivere le favole inventate, perché non andassero perdute. Devo dire che il pensiero che un bimbo in futuro (magari un nipotino) possa pensarmi… mi conforta molto…rispetto allo scorrere veloce di ogni cosa.


Quali sono le tematiche più importanti di questi racconti?

La storia di Cirillo fa riferimento al bullismo. Vorrei dire ad un bambino che non c’è motivo di preoccuparsi se viene preso in giro per qualunque motivo. Non ha importanza. E vorrei anche fargli capire che è comunque meglio ridere con qualcuno che di qualcuno. Poi…per carità…tutto serve a crescere. 
Paoletto è un po' il simbolo di come nella vita ci possano essere momenti belli e momenti brutti. E anche di come, pur nei momenti terribili, ci può essere una via di uscita per la felicità. Ed è anche la storia in cui emerge il valore salvifico delle relazioni e dell’amicizia.
Temerina: una mia conoscente amante dei cavalli mi raccontò che aveva acquistato una cavalla che doveva essere abbattuta. Mi disse che era riuscita a renderla mansueta. Questa vicenda mi aveva dato lo spunto per la favola. Le parole sono importanti, la fiducia è importante.  Romualdo è l’uomo che attira a sé la sfortuna perché non sa cogliere l’occasione per narrare quello che gli capita in maniera positiva. Lamentarsi, maledire la propria storia, non produce nulla di buono.
Fiorillo: Fiorillo mi ricorda tutte le volte in cui ho detto a mio figlio di mettere in ordine le cose. Quel “dopo” l’ho sentito tante volte! E lo so che somiglia molto ad un “non ci pensare neanche!”. E’ una storia divertente per me perché lo spunto lo ricavai da una storia vera che mi raccontò mia madre a proposito di un nostro parente. Le cose andarono come nella favola fatta eccezione per l’intervento del cagnolino. Quello me l’ha ispirato la mia cagnolina…che distrugge con i denti tutto quello che trova sul suo cammino.
Reddy: quella è la prima favola. Non aveva una tematica particolare. Non si deve rubare. I nomi sono importanti.
La storia di Lino è quella che deriva dalla mia formazione di medico…dalla mia deformazione professionale. Ho voluto rappresentare in una favola quello che succede in caso di febbre da infezione virale.  Creando una certa suspence. Alla fine nel mio pensiero originario Lino moriva. Poi ho pensato che questo fosse troppo triste per un bambino e ho trovato il lieto fine nella memoria immunologica.


Oltre ai racconti ti sei divertita ad illustrare il libro, parlaci di questa esperienza.

Mi sono divertita tanto! Vado fiera di come ho rappresentato i virus, Lino impaurito, il terremoto della febbre che spacca il terreno! L’espressione della mamma di Fiorillo quando entra in casa e trova il caos primordiale, l’entropia ai massimi livelli! Quella sono io!
In realtà ho cercato un illustratore. Mi è capitato di conoscere una illustratrice, anche brava e famosa. Ma mi ha detto che lavorava per case editrici e non per privati. Allora ho chiesto ad una cara persona che è un bravissimo pittore. Ma, pur essendo contento della richiesta, non mi ha potuto accontentare per problemi di salute.
Allora ho pensato: bene…i disegni posso farli io! Avrei voluto elaborarli e arricchirli…ma alla fine le cose vanno fatte in qualche modo…altrimenti restano lì in eterno. Mio figlio mi ha aiutato. In particolare ha trasformato il mio disegno a mano della copertina in immagine da computer. Io ho benissimo in mente come in un cartone animato o in un film le mie favole. Mi è piaciuto molto darne un’idea fedele, anche se essenziale.


Qual è il rapporto fra la scrittura e la tua vita di tutti i giorni?

Mi piace scrivere, è un modo molto efficace per entrare in contatto mentale e per tenere viva la mente. Per lavoro scrivo cose tecniche, organizzative, comunicazioni…a volte stressanti. Scrivere storie mi rilassa e mi consegna un grande senso di libertà e di compagnia.  Ormai ho debuttato, ho visto che mi piace scrivere e quindi spero di poterlo fare di più.




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