lunedì 30 maggio 2022

Storia di Perugia

 di Paolo De Bernardi.





Alla fine del IV sec. a. C. si possono far risalire guerre tra Etruschi (e Umbri) da un lato e Romani dall’altro, come riferito da Livio. 
Quest’ultimo individua poco oltre l’impenetrabile Selva Ciminia, nei pressi di Perugia (in un’area forse compresa tra Orvieto e Marsciano), il luogo di una battaglia (311 a.C.) a cui seguì un trattato, che, per trenta anni, stabiliva la tregua tra i popoli in lotta. 
Livio indica Perugia, Cortona e Arezzo come le maggiori città etrusche del tempo.
La conquista dell’Etruria, e quindi di Perugia, da parte di Roma, si compì con la battaglia del Sentino (tra Fabriano e Sassoferrato), nel 295 a. C., che vedeva affrontarsi da un lato i Romani, comandati da P. Decio Mure e da Q. Fabio Rulliano e dall’altra Galli, Sanniti, Umbri ed Etruschi che si erano alleati per contrastare l’espansione di Roma.
Dopo questi fatti, Perugia capeggiò ancora una rivolta di città etrusche, che fu domata da Rulliano; e comunque pare che fosse l’ultima delle città etrusche a deporre le armi.
Disceso Annibale in Italia, nel corso della II Guerra punica, Perugia si schierò con Roma, accogliendo infine entro le proprie mura, dopo la Battaglia del Trasimeno, del 217 a.C., i soldati romani superstiti alla disfatta subita per mano del grande stratega punico.
Durante la Guerra sociale (90-98 a. C.) Perugia resta a fianco di Roma e in cambio ne otterrà lo statuto di municipium, aggregata alla tribù Tromentina, e da allora il latino soppianterà l’etrusco.
Come “municipio”, Perugia continua, sotto la dominazione romana, a mantenere larghe autonomie amministrative e legislative, ma la decadenza dell’antica Città umbra e poi etrusca è inesorabile e tocca il suo fondo nelle fasi della guerra civile fra Ottaviano e Marco Antonio, nel I sec. a. C. 
Mentre quest’ultimo si trovava in Egitto, irretito dalle sottili malie di Cleopatra (che tra l’altro suggeriva a Marco Antonio di spostare la capitale da Roma ad Alessandria d’Egitto), in Italia era il fratello Lucio Antonio a sostenere la causa di Marco. 
La sorte volle che lo scontro tra Ottaviano e Antonio avvenisse proprio nei pressi di Perugia, schieratasi con Antonio che vi si era insediato.
Il bellum perusinum vide nel 40 a.C. la sconfitta di Lucio Antonio e quindi di Perugia.
Ottaviano, entrato vincitore, fece innalzare un altare in onore a Cesare e qui, alle idi di marzo del 40, richiamandosi ad un’arcaica usanza, fece immolare come vittime trecento abitanti della Città da punire, dando altresì via libera ai suoi soldati per il saccheggio. 
Di fronte a tanta efferatezza, il perugino Caio Cestio Macedonio si risolse, con sofferta decisione, ad appiccare il fuoco all’intera Città, onde evitare ulteriori oltraggi. 
Perugia, essendo edificata all’interno delle mura con molte strutture in legno, secondo l’antica architettura umbra ed etrusca, divenne ben presto un immenso rogo, dal quale Ottaviano riuscì a salvare solamente una statua di Giunone, che portò a Roma.
Quando - circa dodici anni dopo - Ottaviano (che aveva preso il titolo di Augusto) ne consentì la ricostruzione, questa avvenne secondo le linee architettoniche e urbanistiche romane; da allora in poi la Città ricevette il titolo di Augusta Perusia, scolpito nella parte alta delle sue porte principali (Arco Etrusco e Porta Marzia) e su vari cippi ora conservati nel Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria; nome che ricalca quello antico di “Turrena Augustale”, quasi un volersi riagganciare a passate memorie e significazioni.
Perugia ora faceva parte della settima regione, quella dell’Etruria, secondo la divisione della Penisola voluta da Augusto. 
A partire dal III secolo d. C. all’appellativo di “Augusta Perusia” si aggiungerà quello di Colonia Vibia, seguito alla concessione dello jus coloniae da parte dell’imperatore Vibio Treboniano Gallo, nativo nel territorio perugino.


Estratto dal volume “Storia di Perugia" di Paolo De Bernardi, Quarta edizione, Midgard Editrice.


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mercoledì 18 maggio 2022

Intervista ad Andrea Del Cotto

Intervista ad Andrea Del Cotto, autore del volume “Poesie d’amore”, edito nella Collana Poesia della Midgard Editrice.






Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce? 

Questa opera prima nasce dall’esigenza di esternare il lirismo che c’è in me e quindi di manifestare quella vena di sentimentalismo, di emotività e commozione che mi persuade e che da sempre porto con me, mi contraddistingue.

Un’esigenza acuitasi durante questo periodo emergenziale poiché mai come ora c’è bisogno di ritornare ai sentimenti di umanità e d’amore che durante la pandemia sono stati assopiti e repressi.


L’amore è la tematica principale della tua poetica. Ce ne vuoi parlare?

L’amore è il sentimento principe da cui prendere le mosse per un’esistenza viva e positiva da trasmettere nella quotidianità ad ogni livello in particolare nei rapporti interpersonali.


Ci sono dei poeti contemporanei o di epoche passate che ti ispirano particolarmente?

Mi sono piaciuti i poeti stilnovisti da Dante a Guido Cavalcanti per la realizzazione della figura femminile anche se i miei brani non ricalcano uno stile metrico definito, preciso.

La mia è una scrittura senza rime, quasi epistolare che può ricordare autori contemporanei senza fare nomi.


Qual è il rapporto fra la scrittura e la tua vita di tutti i giorni?

Per me scrivere è un piacere quotidiano che mi riservo anche per pochi minuti e che mi aiuta a dimenticare o a sorpassare certe realtà che magari non sono positive o   tristi. Vedi guerra in Ucraina o situazione attuale pandemica.


https://midgard.it/product/andrea-del-cotto-poesie-damore/