lunedì 8 settembre 2025

The Diary

 di Giovanni Becciu.









Il sole era ormai calato da tempo ed il buio aveva avvolto la città.
Controllò le lancette del suo orologio e constatò che segnavano le 22:17.
Da quando ormai l’elettricità aveva cessato di funzionare i quartieri delle grandi e piccole cittadine venivano avvolte dal buio e niente, se non altri mezzi di fortuna, potevano contrastarlo.
Solo le stelle e la luna, quando il cielo non era completamente coperto di nuvole, illuminavano lievemente le strade ed i quartieri di quella città alla periferia di Roma.
Marika aveva deciso di addentrarsi, lentamente e tenendo stretta la sua accetta, nel quartiere di case popolari vecchio di cent’anni.
Si fermò per sistemarsi sulle spalle lo zaino che, inesorabilmente dopo giorni passati a vagare, si era ormai fatto molto leggero. 
Era difatti rimasta senza acqua e viveri ed era stato proprio per quel motivo che aveva deciso di esplorare, e magari compiere una piccola razzia, quel quartiere pieno di abitazioni abbandonate ormai da tempo.
Era infreddolita a causa della bassa temperatura invernale e, scrutando il cielo coperto da grandi nuvole cariche di pioggia, capì che il tempo non sarebbe migliorato. 
In lontananza sul cielo di Roma vedeva di tanto in tanto qualche lieve bagliore dovuto ai fulmini. Dedusse che quel temporale, che stava già investendo la capitale, non avrebbe tardato ad arrivare e che le serviva un rifugio per superare la notte. 
L’ennesima notte.
Avanzò lentamente verso una palazzina di tre piani guardandosi attorno terrorizzata dal silenzio irreale che di solito, come spesso le era accaduto di constatare, preannunciava qualcosa di orrendo.
Raggiunta la palazzina iniziò a salire le scale con la massima cautela sperando di non avere brutte sorprese. 
Il mondo era andato a farsi fottere e i cervelli marci ne avevano ormai fatto la loro casa e chi aveva saputo mantenere il proprio cervello ancora sano, e non erano molti, lottava quotidianamente per la propria sopravvivenza.
Mentre stava salendo le scale silenzio, che come già detto che avvolgeva ogni cosa, venne rotto da un urlo agghiacciante.
Da qualche parte una donna era stata vittima, o almeno così immaginò, dei cervelli marci o peggio ancora era rimasta vittima di qualche gruppo di banditi.
Difatti il mondo non solo era caduto preda di quei mostri divoratori di vivi ma era anche infestato da quegli esseri umani che già prima della fine spadroneggiavano nelle città con le loro pratiche abiette e criminali.
Lo stato, la civiltà o la società civile, come più spesso veniva definita, era ormai del tutto crollata ed assente lasciando spazio alla storica ed antica legge del più forte. 
Raggiunto senza problemi il secondo piano, ma non senza aver prima tentato la fortuna cercando di aprire le porte degli appartamenti del primo piano, si trovò dinnanzi a una porta con le chiavi inserite nella serratura. 
In un primo momento Marika si guardò attorno incredula temendo una sorpresa da parte di qualche mal intenzionato o qualche razziatore isolato.
Quando finalmente si assicurò di non correre rischi decise di aprire la porta ma, una volta in procinto di girare la chiave, vide che c’era attaccato sopra con un pezzetto di scotch un foglio di carta con su scritto qualcosa.


Estratto dall'antologia Hyperborea 9, Midgard Editrice.


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