giovedì 28 settembre 2023

Riflessi condizionati

 di Sebastiano Diciassette.








Era la solita ora del mattino, le 7.20, quando, come al solito, mi avviai in cucina per preparare il tè. Mentre sistemavo la teiera sentii la solita puntuale sirena che proveniva dal solito hangar vicino casa mia: erano, dunque, le 7.30.
Decisi di scacciare la monotona routine mattutina accendendo il registratore e, per una strana curiosità, decisi anche di ascoltare una cassetta al contrario a velocità triplicata. 
Non so perché lo feci. 
Guardai la sveglia a cristalli liquidi. Erano le 7.32.
Sentivo solo uno stridio acuto fuoriuscire dall'altoparlante, allorché, subito dopo il fischio della teiera, mi ritrovai carponi vicino alla finestra intento a leccare con foga e accanimento il pavimento.
Ero consapevole dell'assurdità della situazione, ma, nonostante questo, non riuscivo a bloccarmi. Terrorizzato perché sapevo di fare una cosa incomprensibile contro la mia volontà e nello stesso tempo conscio della mia impotenza. 
Credevo non finisse mai e invece, con mio grande sollievo, quella tortura terminò. 
Erano passati esattamente due minuti da quando la scena grottesca era cominciata.
Analizzai varie volte la situazione cercando di dimenticare quei momenti di panico, costringendomi ad essere il più freddo e lucido possibile. Non era affatto facile. 
Stabilii di ripetere con assoluta precisione i movimenti compiuti prima dell'assurda esperienza, riflettendo su quali potessero essere le cause di quel mio, a dir poco bizzarro, comportamento. 
Conclusi con l'attribuirlo a cause esterne, visto che escludevo con certezza l'ipotesi di essere impazzito momentaneamente.
Ripensai ancora una volta all'accaduto e mi accorsi che tutto era andato come sempre fin quando  non avevo acceso il registratore. 
Appena riacquistato sufficiente sangue freddo, provai a risentire lo stesso nastro con gli stessi accorgimenti della prima volta. Non successe nulla. Niente di strano, solo quel fastidioso suono stridulo. 
Ero in piedi e fissavo il registratore tremando per la tensione. 
Presi coraggio e promisi a me stesso che l'indomani avrei ripetuto le stesse azioni allo stesso orario. 
Il giorno passò nervosamente e la notte mi lasciò insonne.
Puntualissima sentii la solita sirena e, sempre tenendo d'occhio l'orologio, accesi il registratore inserendo la stessa cassetta e seguendo scrupolosamente le stesse modalità della mattina precedente. Attesi, quindi, il fischio della teiera. 
Ero convinto di stare ancora aspettando quando notai che avevo già leccato avidamente buona parte del pavimento.
Alla fine di questa seconda sconcertante esperienza mi appoggiai madido di sudore e con le gambe tremanti alla lavatrice. Adesso avevo veramente paura.


Estratto dal racconto "Riflessi condizionati" di Sebastiano Diciassette, terzo piazzato al Premio Midgard Narrativa 2023, presente nell'antologia "Hyperborea 7", Midgard Editrice 2023.




Ordinabile anche su IBS, Mondadoristore, Unilibro, nelle librerie Feltrinelli e nelle librerie indipendenti.
L'ebook dell'antologia "Hyperborea 7" è invece disponibile su Amazon.




martedì 26 settembre 2023

Ritorno a casa

 di Alexandra Fischer.






Devan Myrsen posò sul tavolo il piatto di metallo rosa appena terminato e fece una smorfia di disprezzo al motivo di pesci. 
Alzò le mani davanti al volto e si lasciò sfuggire un gemito.
Da stasera posso considerarmi finito. 
Povere le mie dita. 
L’umidità, gli anni, le hanno deformate e io ho perso il mio talento.
Diede un’ultima occhiata al motivo, destinato a ornare una tavola di lusso.
Povero me, dovrò inventarmi qualcosa per spiegare al cliente questo particolare incompleto, ed è il Primo Ministro.
Si mise dell’unguento e aspirò l’essenza alla conifera. 
Farò meglio a portarmene dietro una bella scorta, quando tornerò a casa, ma prima un giro in laboratorio.
C’era tutto: gli scatoloni con metallo in lastre da trasformare in piatti, gli attrezzi del mestiere posati sul bancone con accanto due sgabelli.
Ormai mi sono inutili, ma a Lysveeta saranno indispensabili. 
Sono lieto di averli tenuti con cura.
E anche contento di sedermi a rievocare il passato senza che arrivi alcun padrone.
Ridacchiò.
Sono il maestro di bottega eppure, quando arrivai qui ero invisibile. 
Il padrone di questo posto mi fece entrare qui senza neppure guardarmi.
Fece un sorriso amaro. Lo sguardo gelido del suo primo maestro aveva avuto un lampo di calore umano verso di lui dopo avergli visto posare i piatti incisi su metallo. 
Lo aveva chiamato artista: i motivi erano pieni di sole. 
Con il trascorrere del tempo nella bottega, si erano aggiunti anche i motivi legati alla città, dove pioveva sempre.
Certo qui le piante e gli animali danno sempre qualche idea nuova grazie alla pioggia. 
Peccato abbia i suoi svantaggi: tiepida o gelida, non finisce mai di cadere, e si porta dietro una dannata umidità.
Socchiuse gli occhi e in un caleidoscopio a velocità vertiginosa passarono piatti dai metalli multicolori seguiti dalle mani dei committenti.
Seguirono amicizie e amori, passati fugaci nella sua vita e avevano lasciato la loro impronta sui piatti.
Com’è stato casuale questo successo. 
Sono stanco di rimpiangerlo. 
Tanto, persino quando c’era, io ero sempre l’eterno ospite pur fra gli ammiratori di alto rango. 
Ora non ho più tempo per accontentarmi della gratitudine della mia allieva. 
Voglio il mio ritorno a casa.
Chiuse la porta del laboratorio e si incamminò verso la stazione per segnarsi l’orario dei convogli.
Dovette procedere con calma, perché la strada era infida per via della pioggia.
Attenzione alle cadute. 
Meno male che domani ci sarà il Primo Ministro. 
Così per la legge Lysveeta avrà la bottega. 
Lo merita, è una brava ragazza e talentuosa.
Fu felice di averla congedata un po’ prima, perché era davvero stanco di ostentare una sicurezza che non provava più.
Si sentiva di nuovo invisibile come quando era arrivato in città; aveva sempre meno committenze e sopravviveva soltanto per via dell’aiuto di lei.
Povera Lysveeta. 
Hai ancora soggezione di me perché ti sto facendo credere di essere ancora il grande Devan Myrsen, ma d’ora in avanti sarai indipendente da me.
Passò lungo una strada illuminata da lampioni di metallo dorato decorati alla base da un motivo di foglie disposte a corolla.
Le luci erano lavorate a grappolo, tenute insieme da fili di metallo e spandevano una luce gialla che si rifletteva nelle rare pozzanghere che incontrava.
Di Ewigreignen si può dire tutto, ma non che non sia tenuta con cura.
Il selciato a grosse lastre grigie di pietra ruvida era identico a quello della sua gioventù, come pure le strette case alte dalle imposte rivestite di tessuto impermeabile.
Era una sera molto buia, e lui lo considerò un vantaggio: a quell’ora la gente era tutta a casa.
La stazione spiccava nell’oscurità grazie alle gigantesche finestre ovali dalla luce bianca; accelerò il passo e si infilò attraverso il cancello di ferro nero decorato a motivi di viticci.
Di fronte a lui, c’era il cartello degli arrivi e delle partenze: la lastra di metallo bianca con incisi i nomi delle stazioni e delle località suddivisi in due tabelle con la dicitura: Arrivi e Partenze, seguiti dalle colonne degli orari, era rimasto lo stesso della sua giovinezza: erano sempre gli stessi. 
Devan Myrsen si fregò le mani.

Estratto dal racconto "Ritorno a casa" di Alexandra Fischer, secondo piazzato al Premio Midgard Narrativa 2023, presente nell'antologia "Hyperborea 7", Midgard Editrice 2023.




Ordinabile anche su IBS, Mondadoristore, Unilibro, nelle librerie Feltrinelli e nelle librerie indipendenti.
L'ebook dell'antologia "Hyperborea 7" è invece disponibile su Amazon.




martedì 19 settembre 2023

Un Londinese alla Corte di re Artù

 di Marco Bertoli.






Un’uggiosa serata di ottobre era calata sopra l’enorme latrina al cui fetore finiscono per contribuire, oggi o domani, tutti i bighelloni e i farabutti dell’Impero. Le gocce di pioggia erano dapprima un picchiettio di aghi sopra i vetri poi si trasformavano in diamanti che riflettevano le luci dei lampioni. Il frusciare delle carrozze nella strada acuiva la sensazione di umidità che bagnava Londra.
Sprofondato in poltrona, i tacchi delle scarpe sul muso della pelle d’orso stesa a tappeto, posai sulle gambe il libro che avevo scelto per trascorrere un paio di ore nell’attesa di andare a coricarmi. Arricciai un baffo mentre elevavo un silenzioso omaggio all’inventiva profusa da Samuel Langhorne Clemens nello scrivere un romanzo sui viaggi nel tempo. Il mio amico mi rimproverava a ogni piè sospinto di lasciarmi trascinare dall’immaginazione nel descrivere sullo Strand i pericoli e le avventure che affrontavamo, tuttavia le vicende narrate da Mark Twain in A Connecticut Yankee in King Arthur’s Court erano senza dubbio assai più immaginifiche. Il pensiero ozioso di come il Consulting detective, così s’incaponiva a definire la professione che esercitava, si sarebbe comportato al posto di Hank Morgan mi strappò un sorriso. Il trastullo della fantasia durò quanto una briciola di pane inquadrata da un piccione di Trafalgar Square. Subentrò, infatti, l’inquietudine. Con gli occhi della mente lo osservai battere la ragnatela di viuzze che avviluppava i Docks, dedito a una caccia in cui erano d’obbligo il travestimento e altrettanto, purtroppo, la mia assenza.
Nonostante le fiamme del camino cantassero allegre, un brivido che mescolò apprensione e freddo mi zampettò lungo la schiena. Un rapido consulto con il Watson dottore e decisi che un bicchiere di brandy terapeutico avrebbe sortito l’effetto di calmare i nervi e riscaldare la mia carcassa.
Mi strappai con un lamento alla morbidezza della poltrona ma non era destino che raggiungessi la meta: il lampo e il fragore di un’esplosione mi scaraventarono sul pavimento.
Una bomba! fu la considerazione istintiva che mi balenò nel cervello. Impossibile! mi contraddissi subito. Era dal mattino che non uscivo dall’appartamento e la signora Hudson non mi aveva consegnato nessun pacco dall’aria sospetta. La deflagrazione della granata sparata da un RML 9-pounder 6 cwt gun! la successiva. Rifiutai l’idea poiché di maggiore assurdità. Anzitutto perché ero al 221B di Baker Street e non sul campo di battaglia di Maiwand. Secondo, i quotidiani non avevano riportato la notizia che la E Battery della Royal Horse Artillery avrebbe tenuto esercitazioni a fuoco nella capitale. Per giunta non c’era fumo nella stanza né annusavo l’odore della polvere da sparo bensì un lezzo che mi ricordava la puzza di capra. Una terza ipotesi non ebbe agio di accodarsi alle anteriori.
Non appena mi ripresi dall’intontimento e i nervi oculari ritornarono a svolgere le proprie funzioni, la bazza mi precipitò sullo sterno. Ritto davanti a me c’era l’individuo più segaligno e pittoresco che avessi incontrato in vita mia. Una chioma di capelli candidi lunghi a sfiorare le spalle incorniciava un volto dalla fisionomia così spigolosa da chiedersi se qualcuno avesse mai osato accarezzarlo. Indossava una veste di pelo d’origine ovina che lambiva le ginocchia; era stretta in vita da una cinghia di cuoio in cui era infilato un falcetto di metallo. Dallo scintillio dedussi che era d’oro. Un paio di sandali d’erba intrecciata e una collana da cui penzolavano ossicini, conchiglie e piume ne completavano l’abbigliamento. Nonostante il mio stato confusionale mi ricordò le descrizioni dei druidi cantati nelle saghe celtiche.
Al contrario del mio stupore, lo sconosciuto non mostrava segni di turbamento per l’essere apparso dal nulla all’improvviso. Uno sguardo da falco artigliò il mio, quindi il tizio pronunciò una raffica di versi. Dedussi che mi stesse parlando però non afferrai il significato di quello sproloquiare e neppure mi riuscì di ricondurlo a qualcuno dei linguaggi usati nelle contrade civili.
Alla mia assenza di reazione una smorfia di stizza gli congiunse in un arco le siepi delle sopracciglia. Roteò per un attimo un mignolo scheletrico, emise una coppia di grugniti e d’un tratto il blaterale divenne comprensibile.
«Il dottor John H. Watson suppongo» scandì in un inglese in cui colsi l’accento tipico della Cornovaglia.


Estratto dal racconto "Un Londinese alla Corte di re Artù" di Marco Bertoli, vincitore a parimerito del Premio Midgard Narrativa 2023, presente nell'antologia "Hyperborea 7", Midgard Editrice 2023.




Ordinabile anche su IBS, Mondadoristore, Unilibro, nelle librerie Feltrinelli e nelle librerie indipendenti.
L'ebook dell'antologia "Hyperborea 7" è invece disponibile su Amazon.



venerdì 15 settembre 2023

Re Bove

 di Tommaso Sala.







Controvoglia, Bellisario si dovette inginocchiare davanti a Cornelio, il signore di Campuasce, il più importante ed influente nobile del Contado del Molisio.
Odiava farlo, perché lui voleva inchinarsi solo davanti a uomini o donne meritevoli di tale rispetto, per le azioni che compivano in vita e non per un diritto di nascita, tanto insensato quanto immotivato.
Ma aveva giurato fedeltà al Re di Enotria, al Regno e ai Nobili tutti, perciò gli toccava quel gesto, imposto da un antico cerimoniale.
Si trovava al cospetto di Cornelio perché questi aveva bisogno dell’intervento di un Cacciatore dell’Ignoto come lui.
Quando il nobile gli fece segno, Bellisario si alzò in piedi ed iniziò a parlare.
«Mio signore» disse Bellisario «eccomi ad offrire i miei servigi» quelle parole uscirono con tanta falsità dalla bocca del Cacciatore.
Quella stanza odorava di morte, ma Bellisario non capiva da dove provenisse tale odore.
«Cacciatore, ti ringrazio per aver risposto alla mia chiamata… da un paio di mesi, nelle nostre terre… soprattutto dalle parti di Marice… si aggira un Figlio dell’Ignoto.»
«Perdonate, mio signore, ma qualcuno lo ha effettivamente visto? Quali sono le prove del suo passaggio?»
«Mi stai dando del bugiardo?» chiese Cornelio, con rabbia.
«No, mio signore… è solo che ho bisogno di prove concrete, prima di agire.»
Cornelio alzò gli occhi al soffitto.
«I contadini… loro lo hanno visto, Cacciatore insolente. Parlano di una creatura con la testa di toro e il corpo di uomo, di un minotauro. Distrugge i campi e il seminato, uccide le bestie e maciulla anche gli esseri umani» Cornelio fece un gesto con la testa in direzione di un soldato, con degli occhi privi di espressione, che stava in piedi vicino ad una donna anziana, con i capelli grigi e lunghi, un volto rotondo ed un naso appuntito. Il soldato trascinò un sacco vicino a Bellisario.
Lo aprì e ne tirò fuori pezzi di cadavere, come se niente fosse. Era quella l’origine del tanfo.
«Ecco, Cacciatore. Queste prove sono sufficienti?»
Dopo un’ispezione di Bellisario, Cornelio ordinò al soldato di portare via il cadavere. Questi ubbidì, senza dire niente.
«Sì mio signore. Ma non c’era bisogno di tale teatralità.»
Quando il sacco uscì dalla stanza, l’aria si liberò di quell’olezzo e Bellisario fu in grado di percepire un leggero odore di noce. Era debole e si mischiava agli altri odori presenti nella stanza, ma il suo olfatto era abbastanza forte da percepirlo. Bellisario iniziò a guardare le donne presenti a corte, ad ispezionarle.
«Mio signore, qualcuno ha effettivamente visto il minotauro compiere quei gesti dei quali lo accusate?» domandò Bellisario.
Cornelio lo guardò spazientito.
«Mio signore» una donna, in piedi al fianco di Cornelio, intervenne, dopo avergli appoggiato una mano sulla spalla. Cornelio la guardò con serietà. La donna era giovane, di bell’aspetto e con i capelli neri e lisci, mentre Cornelio aveva superato la mezza età.
Lei aveva una piccola cicatrice sotto l’occhio sinistro, quasi a forma di lacrima.
«Credo sia opportuno dire al nostro ospite quanto accaduto a Demetrio Dei Bove» la voce della donna tremava.
Cornelio fece di sì con la testa.
«La mia nuova e giovane sposa, Augusta, sembra non fidarsi della mia memoria. Ci stavo giusto per arrivare!» aggiunse lui, guardandola male «Qui vicino, Cacciatore, c’è il maniero Dei Bove, una famiglia di piccoli nobili, con pochi possedimenti. Miei feudatari, così come io lo sono del nostro amatissimo Re. La sua servitù, tempo fa, è scappata dal maniero spaventata per colpa del minotauro. Se lo sono ritrovati in casa, di notte. Ha ucciso Demetrio, l’ultimo Dei Bove, e ha messo tutti in fuga. Per questo, i contadini hanno soprannominato il minotauro Re Bove, proprio perché sembrava essersi sostituito al precedente signore delle terre di Marice e per il suo aspetto da bovino. Credo che questa possa essere una prova più che concreta, non trovi, Cacciatore?»
«Non sappiamo se sia morto» disse Augusta, la sposa, fulminata poi dallo sguardo di Cornelio.
«Nessuno ha visto la sua morte? Nessuno ha visto il suo cadavere?» chiese Bellisario.
«No» rispose Cornelio «ma sappiamo che è morto, altrimenti si sarebbe fatto vedere, non trovi, mio illustre Cacciatore?» c’era ironia nella voce di Cornelio.
«Certamente» disse con calma Bellisario, nonostante volesse rispondere più a tono. Si sarebbe potuto sbarazzare di chiunque, in quella sala, senza problemi. Ma non voleva macchiarsi inutilmente le mani di sangue innocente.
Siccome era passato qualche minuto dalla scomparsa del cadavere, l’aria si era fatta più pura e si era svuotata maggiormente del fetore della morte. L’odore di noce continuava a persistere.
«Adesso cosa farai? Come hai intenzione di procedere?» chiese Cornelio, notando il silenzio del Cacciatore, intento ad osservare i cortigiani e le guardie presenti.
«Andrò nei campi, mio signore, nelle terre che voi mi indicherete. Cercherò tracce di questo minotauro, lo inseguirò e mi occuperò di lui.»
«Vuoi dire che lo ucciderai, non è vero?» chiese Cornelio, impaziente.
«Non necessariamente.»
Cornelio non riuscì a credere alle sue orecchie e colpì con i pugni i braccioli del suo scranno.
«Sempre i soliti, voi altri… i Figli dell’Ignoto sono delle minacce, lo sanno tutti. Questo minotauro sta flagellando le nostre terre e tu non lo vuoi uccidere? Cosa farai? Un bel processo, con tanto di avvocato difensore? E poi lo mettiamo in un carcere, dove gli paghiamo vitto e alloggio a spese nostre?» Cornelio era furente «Devi ucciderlo e basta!»
«Mio signore, non è mia intenzione né mancarvi di rispetto, né mentirvi. Ma voi avete chiesto l’intervento di un Cacciatore dell’Ignoto, non di un boia.»


Estratto dal racconto "Re Bove" di Tommaso Sala, vincitore a parimerito del Premio Midgard Narrativa 2023, presente nell'antologia "Hyperborea 7", Midgard Editrice 2023.




Ordinabile anche su IBS, Mondadoristore, Unilibro, nelle librerie Feltrinelli e nelle librerie indipendenti.
L'ebook dell'antologia "Hyperborea 7" è invece disponibile su Amazon.



martedì 12 settembre 2023

Vaga stella

 di Eleonora Nucciarelli.









Stella errante 


Tra caos e ossessioni,

sogni e illusioni,

la mente si districa tra labirintici pensieri

dove a perdersi sovente sono i propri reali desideri.




Beltà raffinata


Occhi limpidi come un torrente a primavera,

talvolta lucidi quando si apprestano le luci della sera.


Prendi a morsi la vita con famelica urgenza di colmare 

il vuoto che si forma nell’incavo torbido che non sai indietro ricacciare.


Ma l’amore penetra fino alle viscere del tuo immenso non capire, 

ti trascina in un vortice che rischiara all’imbrunire.


Un fascio di luce calda ti circonda la pelle e la dilata

e un’aura di stelle avvolge la tua imbarazzante beltà raffinata. 




Sogni fracassati


Vorrei essere l’ingenua bambina che ero 

che – ignara – 

bramava di diventare l’avveduta donna che sono.



https://midgard.it/product/eleonora-nucciarelli-vaga-stella/



Ordinabile anche su IBS, Mondadoristore, Unilibro, nelle librerie Feltrinelli e nelle librerie indipendenti.