giovedì 25 luglio 2024

L'anno degli indefessi

 di Arianna Coletta.








Nessuno si è mai ricordato di me per la mia capacità relazionale ma raggiunta una certa età ero riuscita a mostrare in pubblico semplici sorrisi di compiacenza e movimenti sussultori del capo che nella comune concezione stavano a significare un segno di assenso e ho appreso a mie spese che i miei simili amano essere assecondati, almeno sommariamente. Ma tutti, veramente tutti, possono raccontarvi di quando mi sono innamorata.
I fatti che sto per narrarvi sono avvenuti anni fa se di anni si può parlare e, modestie a parte, si parla più di me che delle elezioni del nuovo magister.
Correva l’anno degli indefessi. Per qualcuno che non conosce le nostre usanze potrebbe sembrare strano ma farò un breve cenno sul funzionamento del nostro calendario e non solo di quello.
Il sole era stanco. Da diverso tempo la sua luce non era più la stessa, la sua forza era andata assottigliandosi e il calore che emanava era tenue e scemava inesorabilmente verso un gelido freddo e la terra, dal canto suo, aveva smesso di girare su se stessa, lo fissava allontanandosi da lui; quell’antica forza di attrazione era persa nell’universo. 
La vita si era dovuta adeguare. Per non smettere di esistere i pochi sopravvissuti occupavano le terre assolate dimenticando le notti per andare a dormire dopo una giornata di lavoro, le notti per potersi alzare al mattino e iniziare una nuova giornata, le notti per guardare le stelle e sognare. 
Il nostro clan, il più numeroso di tutti, dettava legge su tutti gli altri. Il magister, al comando di tutti i terreni illuminati e capo di tutti i loro abitanti, un bel giorno di tiepido sole snocciolò tutte le regole che aveva alacremente studiato annoverandole con fervente ardore. Quando fu il turno del calendario spiegò per sommi capi che la numerologia era un mezzo subdolo per confondere le masse quindi, da quel momento, l’anno sarebbe stata una lode ad ogni categoria lavorativa e sociale; in quel preciso periodo ogni elemento appartenente alla suddetta classe avrebbe potuto godere di un riposo dal lavoro per tutti i trecento giorni e l’esenzione dalle tasse. I poveri mentecatti che non sapevano né leggere né scrivere acclamarono alla bontà del loro capo e quasi tutti votarono per alzata di mano (io e forse qualcun altro tenemmo basse le mani ma nessuno ci notò) a favore del nuovo sistema. 
Penserete voi che questa metodologia possa essere ancor più complicata rispetto alla naturale consecutio dei numeri ma anche qui la legge del più potente blatera la sua volontà. La truffa fu così legittimata: gli anni dei signori duravano cinquecento giorni, gli anni degli studiosi e degli alchimisti quattrocento giorni, gli anni dei mercanti e degli artigiani duravano trecento giorni e gli anni degli indefessi duravano centocinquanta giorni a malapena ma questo non poteva saperlo nessuno perché nessuno di noi aveva modo di poter controllare il tempo. I poveri diavoli scandivano il tempo solo grazie all’urlatore che segnalava la fine dei tre periodi in cui l’anno era diviso e non avevano altro mezzo per sapere. Il sole non sorgeva e non tramontava, era sempre lì. I nostri poveri operai lavoravano sempre non sapendo quanto riposare e non sapendo l’esatto momento di smettere se non quello del raggiungimento di un determinato obbiettivo del raccolto o della cura delle bestie, riposavano quel po’ che ritenevano sufficiente e ricominciavano mentre i signori, gli studiosi e gli alchimisti si facevano beffe di loro tracannando tutto quello che usciva dalle loro terre e dalle loro stalle.




Estratto dal racconto "L'anno degli indefessi" di Arianna Coletta, dal libro "Hyperborea 8",  Midgard Editrice.
Racconto vincitore a parimerito del Premio Midgard Narrativa 2024.


Ordinabile anche su Mondadoristore, IBS, Amazon, Unilibro, nelle librerie Feltrinelli e nelle librerie indipendenti.



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