martedì 6 luglio 2021

Un sogno che si avvera

 di Cesare Duchi.





Benvenuti nel mio romanzo.

Condividere con voi questo mio racconto è una gioia che chi  scrive conosce bene. 

La cosa più bella e auspicabile sarebbe  quella di far sì che anche voi foste soddisfatti del lavoro che sto per iniziare. 

Farvi rimanere contenti della sua lettura sarebbe per me un regalo tra i più belli.

Ora però, bando alle chiacchiere e veniamo a presentarvi subito uno dei nostri eroi che ci accompagneranno nel nostro percorso. 

Si chiama Alvaro, ha trentacinque anni, è alto, di aspetto gradevole e soprattutto con una voglia di emergere nella società. 

Abita in un piccolo paese di provincia dove di novità ce ne sono ben poche. 

In quel luogo le persone si conoscono tutte, sono sempre le stesse, gli argomenti che si trattano sempre uguali, le considerazioni pure. 

Una voglia di evadere dal tran tran quotidiano invade il corpo e lo spirito di Alvaro, uomo goloso di cambiamenti. 

Per potersi inserire in un qualche contesto nuovo poteva entrare nel gioco politico. 

Aveva partecipato a delle riunioni per sondare il da farsi, ma aveva visto che era alquanto difficile farsi largo in quel settore. 

Era semplicemente blindato dai soliti noti che ormai, coesi da tempo, e gelosi del loro potere, gli avrebbero sbarrato la strada.

Se ne era accorto subito dai primi tentativi che aveva fatto per avere un po’ di spazio.

 Interessi politici legati a quelli economici e a favori piccoli e grandi che legavano tra di loro gli schieramenti, gli avevano fatto capire che per lui in quel settore non c’era nulla da fare. Rimaneva solo la possibilità di inserirsi nell’ambito venatorio, della caccia.

Faceva già parte del direttivo comunale, ma era cosa di poco conto, lo aveva capito perfettamente. 

Per poter contare qualcosa doveva diventare subito presidente e l’occasione gli venne dal rinnovo delle cariche che si dovevano fare lì a breve. 

Non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione e doveva lavorare bene prima per poter ottenere un risultato positivo. 

I consiglieri li conosceva tutti, sapeva quali erano le loro capacità intellettuali e dove potevano arrivare le loro conoscenze venatorie. 

Era necessario cercare di convincerli e spingerli a votare per lui come presidente comunale. La cosa non fu difficile, perché una voglia di cambiamento era nell’aria. 

La sua voglia di sfondare in quel settore spronò quasi tutti i membri a simpatizzare con Alvaro ed il risultato non si fece attendere: la domenica in cui si fecero le elezioni stravinse.

Un forte orgoglio lo pervase. 

Ora che non era più solo un consigliere, gli spettava il posto in cima al tavolo dove avrebbe visto tutti gli altri dal gradino più alto. 

Il meglio o il peggio, a seconda dei punti di vista, doveva arrivare subito, perché occorreva dire qualcosa a quella piccola platea. 

Non aveva mai parlato in pubblico, era anche timido in cuor suo, ma un discorso, anche di poco conto, doveva farlo. 

“Cari amici” esordì, “da ora in poi, con le vostre capacità, migliorerà ogni cosa. 

Verrà fatta una lotta ai nocivi che sono ormai diventati endemici per tutelare al meglio la selvaggina di ripopolamento, indiremo delle gare cinofile per ricavare un po’ di grana  per le nostre casse esauste. 

Ci introdurremo nelle feste paesane con un nostro stand per vendere i nostri prodotti, come i tartufi, e per fare gare di tiro con la carabina, premiando i migliori tiratori. 

Uniremo l’utile al dilettevole e questo non sarà che l’inizio del nostro percorso.” 

Poche parole, dette con il cuore, per annunciare che da quel momento ci sarebbe stato un cambiamento. 

La paura di parlare con la gente in pubblico stava cedendo il passo ad argomentazioni valide, propositive. 

Una cosa aveva notato: l’interesse degli ascoltatori era dato non solo dagli argomenti che trattava, ma anche dal modo di esporli e di essere convincente a riguardo. 

Erano armi formidabili da poter usare in ogni contesto, bastava saperle scagliare al momento giusto. 

Questo sentire, valutare, manovrare, riuscire ad imporre le proprie idee, sarebbero state le premesse indispensabili per il percorso che voleva fare. 

Capire come tenere in pugno la gente che lo ascoltava era una prerogativa molto importante. 

I toni, le cadenze nell’esprimersi, il modo di trasmettere i pensieri, le argomentazioni che proponeva dovevano essere convincenti a tutti gli effetti.

Non era cosa da poco: aveva capito il modo con il quale carpire gli applausi. 

Stava imparando qualcosa di importante. 

Così, con la carica piccola ma significativa di presidente di sezione, poteva accedere ai consigli provinciali. 

Al primo di questi intervenne subito per farsi notare. 

Si esibì dicendo: “Cari amici, se vogliamo che tutte le associazioni venatorie ci seguano dobbiamo dare l’esempio perché ci siano dei cambiamenti importanti da applicare fin da subito.

Se gli ambientalisti ci denigrano come avversari dicendo che non abbiamo rispetto per la natura, ebbene noi faremo nostre le ragioni ecologiste.

Diventeremo noi stessi i tutori dell’ambiente con proposte che poi metteremo in atto. 

Ripuliremo dall’incuria le piazzole di sosta delle strade dei nostri paesi, le spiagge del nostro lago, i parchi dove si ritrovano i bimbi a giocare. 

Magari di domenica, per avere più visibilità. 

Dobbiamo portare camion per la raccolta della spazzatura e prenderemo le autorizzazioni dagli organi competenti. 

Faremo pubblicare articoli di ciò che abbiamo fatto sui giornali locali. 

Questo non sarà che l’inizio di una serie di iniziative che metteremo in campo.”

Un’ondata di applausi interruppe il suo discorso. 

Stava centrando quello che si era prefisso: essere il primo attore di quella seduta venatoria.


Estratto da "Uno sogno che si avvera" di Cesare Duchi, Midgard Editrice 2021


http://midgard.it/unsogno_chesiavvera.htm


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