giovedì 30 maggio 2024

Intervista a Carlo Pedini

 





Buongiorno Carlo, come nasce questa tua nuova opera?

Dopo avere scritto il mio primo romanzo, “La Sesta Stagione” (Cavallo di Ferro – selezione Strega 2012), che mi aveva impegnato oltre otto anni di lavoro, non pensavo di affrontare una nuova fatica dello stesso tipo. Poi, dopo un paio d’anni, ho riflettuto sui molti temi che mi appassionano da sempre e che non avevo trattato nel primo romanzo. Così mi sono messo al lavoro stabilendo un impianto generale e poi, in modo analogo a come avevo fatto in precedenza, ho utilizzato la struttura formale del “Doctor Faustus” di Thomas Mann (così come avevo fatto in modo analogo per “La Sesta Stagione” replicando l’impianto formale de “I Buddenbrook”)  



Quali sono le tematiche più importanti del Segreto di Cardano?

Come dicevo ho affrontato argomenti e tematiche che da sempre mi occupano i pensieri. Da una parte l’astronomia e con essa il significato stesso della realtà e dell’esistenza (sia in generale, che della nostra di singoli individui). In definitiva le eterne domande su chi siamo, da dove veniamo e che destino ci aspetterà quando avremo terminato la nostra esperienza terrena.



Somiglianze e differenze con la tua prima opera, La Sesta Stagione?

La somiglianza sta essenzialmente nella strutturazione del lavoro basato su un’opera “storicizzata”. E quindi, per dare dei “segnali” evidenti al lettore, l’uso abbondante di citazioni letterali prese dai due romanzi di Mann utilizzati come riferimento formale. Un’altra analogia potrebbe essere la riflessione sul nostro destino, ma questo tema è trattato in modo molto diverso nei due lavori. In particolare ne “Il Segreto di Cardano” l’impostazione è essenzialmente “laica”, mentre il primo romanzo era dichiaratamente “confessionale”. Inoltre una cosa importante è sempre la copertina del libro che dovrebbe in qualche modo rimandare al contenuto del romanzo. Nel caso de “La Sesta Stagione” erano le rovine di una chiesa. Ne “Il Segreto di Cardano” è “Il mare di ghiaccio”. Non a caso entrambi dipinti di Caspar Friedrich.



Quali scrittori e artisti annoveri fra i tuoi ispiratori?

Ovviamente Thomas Mann, non solo i due romanzi citati, ma anche la “Tetralogia” di Giacobbe e i tre libri su Giuseppe e i suoi fratelli. Lì Mann ha fatto un lavoro in qualche modo simile a quello che io ho fatto con lui: ha preso integralmente le storie originali narrate nella Bibbia, ampliandone in modo smisurato ogni particolare, senza tradire mai l’originale ma rendendolo vivo e palpitante, oserei dire iper-realistico.
Un altro autore che amo particolarmente, ma che offre modelli difficilmente riproducibili è Luis Borges (per la parte che riguarda i racconti: non conoscendo lo spagnolo non sono mai stato in grado di apprezzarne l’opera poetica). Tuttavia il celebre racconto “Pierre Menard, autore del Chisciotte” (da “Finzioni”) ha ispirato entrambi i romanzi: lo scrittore che vuole riscrivere il don Chisciotte esattamente uguale all’originale, parola per parola, trecento anno dopo Cervantes, produce qualcosa di completamente diverso, assumendo significati nuovi e per ciò stesso originali. 
Infine, l’ispiratore più importante, Umberto Eco, e i suoi metaromanzi, costruiti quasi interamente da citazioni. Non solo “Il nome della rosa”, ma anche tutti i successivi (escluso l’ultimo, “Numero zero” che sembra un’opera spuria). Devo anche aggiungere che il suo quinto romanzo, “La misteriosa fiamma della regina Loana” mi ha suggerito l’idea del romanzo illustrato, per quanto riguarda  “Il Segreto di Cardano”.    




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