lunedì 8 novembre 2021

La luce oltre il limite

 di Nicola Cicchitelli.






Note e nostalgia




“Let me take you down
‘cause I’m going to Strawberry fields
nothing is real
and nothing to get hung about
strawberry fields forever
living is easy with eyes closed
misunderstanding all you see…”

(“Strawberry fields forever”, Lennon/McCartney)



È un pomeriggio assolato quando Mattia Bertoli si rifugia nell’angolo della camera dove i raggi penetrano regalando un tepore fuggevole. Sul divano il giovane è intento ad accarezzare, pizzicare, strigliare la chitarra sull’onda delle note mutevoli del suo cuore. I lunghi capelli circondano l’orecchino, le pupille nere intense si mostrano e si velano quando è assorto nel suonare Strawberry fields forever del suo idolo John Lennon. L’espressione concentrata, ma al contempo distesa e rilassata, custodisce la sua mente che spazia sognante. Immagina improvvisamente di trovarsi fuori, non sulla strada della vivace Bologna ma in un immenso campo di fragole, lui solo a suonare la chitarra. Nel bel mezzo della dolce quiete sopraggiunge una voce acuta sempre più insistente, è quella della moglie Ilaria Nunzi. È preso di soprassalto, si sveglia come da un lungo sonno. Gli dice di venire in cucina, devono parlare di questioni importanti. Che c’è di così impellente da dover interrompere il suo momento di pace. Ama profondamente Ilaria ma è infastidito da questa urgenza. Ilaria: “Ti ricordi che oggi hai l’appuntamento coll’architetto per l’ampliamento e la riorganizzazione della stanza!” “Ah, è vero, dimenticavo.” “Be’, allora spicciati che fra mezz’ora devi essere lì.” “Tutta questa fretta di fare il lavoro, peraltro dispendioso, non c’è l’ho, stiamo bene così.” “Quella disposizione per la stanza è temporanea se saremo in tre.” “Non ti allargare, vuoi rinunciare alla nostra intimità e alla passione?” Con tono perentorio e lo sguardo puntato su Mattia: “Ne abbiamo già parlato, ormai è un po’ che stiamo insieme, che c’è da aspettare?” “Tu la fai facile, ma guarda che cambia tutto, ci assorbirà completamente. È una grossa scommessa, poi di questi tempi...!” “Lo so, ma chi non “risica …” “Io voglio essere libero, almeno per adesso, avremo tempo, siamo giovani.” “Ma allora dei miei desideri non te ne frega niente!”, il suo volto si fa scuro. “Abbiamo preso un appuntamento, ci devi andare!” “Veramente l’hai fissato tu, io non ero d’accordo e non ci vado.” “Tu sei indeciso, pensi solo alla musica e non ti vuoi assumere le responsabilità.” “No, io ti amo, per questo mi basti tu! Ora lasciami andare, disdici l’appuntamento.” “No che non lo disdico, se tu non ci vai, ci vado da sola.” “Non lo fare, ti ripeto che sono contrario.” “No, tu non hai detto né sì, né no, giochi solo al rimando.” Il dialogo s’interrompe bruscamente, Ilaria col piede pronto a partire dall’architetto, Mattia col passo diretto verso la camera, la loro camera, a riprendere il sogno dove era stato interrotto così bruscamente.
Afferra la chitarra e con la sua mente vaga per i meandri dell’immaginazione. Le note di Strawberry fields forever lo prendono per mano e lo riportano indietro nel tempo a quando aveva dieci anni, l’ultimo periodo in cui usciva con i genitori. In autunno, poco dopo l’inizio della scuola, lo portavano al luna park e lui si perdeva tra le giostre. Le luci, i suoni, i profumi delle caldarroste, la vertigine dell’altezza, il brivido della velocità del Matteron lo ammaliavano. Si sente un bambino-ragazzo nel paese dei Balocchi, tutto era magico e a sua disposizione. Le note della canzone premono nella sua mente e l’addentrano nell’adolescenza del suo mito Lennon – ha visto film e letto libri su di lui. I ricordi del luna park si fondono con le immagini che ha apprezzato nelle pellicole e costruito nella sua mente leggendo molto sull’eroe dei Beatles. Strawberry fields era un parco dove John andava a rifugiarsi e svagarsi. Non vi crescevano fragole, ma al suo interno si ergeva il palazzo dell’orfanotrofio che al tempo era gestito dall’Esercito di Salvezza. Mattia osa immedesimarsi nel piccolo Lennon, il suo luna park non sono più le giostre degli anni 2000, ma quello che l’eroe dei Beatles amava al suo tempo. L’estate di quei primi anni ’50 a Strawberry Fields c’era una festa di beneficenza in cui l’Esercito di Salvezza raccoglieva soldi per le orfane. La mente di Bertoli si abbandona a queste immagini retrò, più incantate e romantiche della modernità: chioschetti straripanti di dolciumi, giochi in cui si vincevano cagnolini di gesso, caramelle e pesciolini in barattoli rossi. Immaginando questi ultimi, ritorna ai ricordi al luna park, anche lui li aveva vinti più volte e li adorava. Abbandonandosi a questi pensieri è felice e sognante. Ritorna, per un attimo magico, fanciullo. Vede le ragazze orfane, il loro sguardo innocente, il velo di tristezza negli occhi ma anche la spensieratezza dei giochi nel parco. Le sente vicine come parte di un passato a cui vuole aggrapparsi e non lasciare più. Si ricorda della piccola Caterina, una sua infatuazione preadolescenziale quando era possibile fantasticare e ogni sguardo era prezioso. Alla spensieratezza del sogno si unisce un forte senso di nostalgia, ormai si è allontanato da quel paradiso perduto. Rivede gli occhi teneri di Caterina, le sue rosse gote, il fluire dei capelli biondi che accarezzavano il suo viso. Gioco di sguardi, primi baci furtivi e casti. La canzone Strawberry fields forever sta per terminare, un velo di tristezza lo prende. Ripensa a quelle ragazze orfane che anche John incontrava con lo sguardo, alla tristezza della loro condizione. Immagina la sofferenza di dover vivere in un palazzo con delle regole e governate da persone diverse dai genitori. Non vuole abbandonare questo sogno, si aggrappa alle ultime note della canzone, stringe la chitarra come se fosse la sua amata. Ma Ilaria in questo periodo è diversa, è pressante con le sue richieste o meglio pretese. Questo presente fatto di impegno e responsabilità che cambiano la vita lo distoglie dal sogno. Non basta la musica, la chitarra. Rapidamente il giardino incantato della sua immaginazione lo abbandona, non prima di avergli imposto differenti vedute. Il parco di Strawberry Fields si allontana. Dapprima, come Lennon, vede le sbarre che lo separano dal nido delle ragazze orfane. I loro volti si fanno sempre più sfocati e lontani, una tristezza lo prende. Non scorge neanche più Caterina, gli manca terribilmente il suo sorriso e premuroso incoraggiamento. Ha finito di suonare e cantare la canzone e intorno a sé vede solo la camera che condivide con Ilaria, peggio la camera da allargare, la fonte dei dissidi. È il ritorno alla cruda realtà. Posa la chitarra, ma prima di riprendere la sua vita, si abbandona al divano e chiude gli occhi nella speranza di riafferrare il sogno che se n’è andato. Non vede niente, solo buio. A un tratto gli sembra di scorgere il parco di Strawberry Fields, no è solo il palazzo delle orfane. Spera di rivederle, niente da fare. Scorge invece la nebbia da cui emerge la lugubre costruzione gotica, quella dell’Esercito di Salvezza. Il colore scuro dei muri, le guglie spigolose e sinistre, non è più un sogno ma un incubo. A un certo punto sente una voce. Gli sembra quella di Caterina, no è una voce maschile col timbro della ragazza, gli dice “Addio Mattia, attento a non cadere!”


Estratto dal racconto "La luce oltre il limite" di Nicola Cicchitelli (Midgard Editrice)




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