lunedì 15 ottobre 2018

Intervista a Roberto Lazzari


Intervista a Roberto Lazzari, autore del libro “Enrico Marsicano e l’incredibile varco”, edito nella Collana Narrativa della Midgard Editrice.




Buongiorno, siamo arrivati al secondo volume di Enrico Marsicano, com’è nato questo seguito del primo volume?

Tutti i romanzi di Enrico Marsicano vanno inquadrati in un medesimo contesto narrativo, quello della pentalogia Cassiopea: per tale ragione, essi sono stati concepiti in modo unitario, organico e quello che appare inevitabilmente come un seguito è in realtà un’altra sezione di un unico, ampio racconto interconnesso, opportunamente sezionato in fase editoriale, per garantire al lettore leggibilità e suspense.


Quali sono le tematiche più importanti della tua opera?

Ci sono molti piani di lettura nel ciclo di Enrico Marsicano e credo che vari tipi di lettori possano scegliere quello - o quelli - che maggiormente li interessano. C’è senz’altro il thriller noir, l’intreccio poliziesco, ambientato nella Perugia dei nostri giorni, che costituisce un po’ la linea conduttrice dell’intera opera: è una vicenda plausibile, ma sotto la maschera dell’ordinario nasconde elementi inquietanti, che si svelano via via in questa vicenda e in quelle successive. C’è poi la questione etrusca, che parte in sottofondo, ma che gradualmente si colora di attualità e acquista importanza nell’economia della storia: per tale componente, mi sono ispirato all’opera di un caro amico, l’ing. Luciano Vagni, il quale, grazie alla sua prolungata frequentazione con la materia, ha saputo organizzare una teoria davvero suggestiva intorno al cosiddetto principio di corrispondenza. E poi tanti altri temi: amore, più o meno felice e contrastato, amicizia, enigmistica, originali ipotesi sulla struttura della materia e un incombente segreto, che sempre più spesso riaffiora nelle ricorrenti inquietudini dei vari personaggi e che sarà svelato soltanto negli ultimi due romanzi della pentalogia, i primi in ordine cronologico.


Qual è il rapporto fra la scrittura e il resto della tua vita?

Di certo, chi mi conosce ritrova tanti tratti autobiografici nelle mie opere e nei miei personaggi – indipendentemente dalla loro età, sesso e condizione sociale – e, allo stesso modo, coloro che hanno letto le mie opere non si meravigliano della mia costante predilezione per certi argomenti di conversazione, nelle occasioni di incontro della mia vita reale. Esiste senza dubbio un substrato comune, che è andato via via connotandosi e definendosi sempre meglio nel corso degli anni, di modo che scrittura e resto della mia vita dimostrano significativi caratteri di somiglianza e, in qualche modo, di ispirazione reciproca: almeno per il momento, tuttavia, non esiste un consapevole processo di convergenza, verso una finale identità.


Che scrittori ti piacciono e ti ispirano?

Gli scrittori che mi piacciono sono molti, ma in alcuni sento vibrare maggiormente una sensibilità che riconosco più affine alla mia: è il caso di Calvino, Buzzati, Kafka, Borges, Lovecraft. Se devo provare a identificare un elemento comune in questi scrittori, una nota che in qualche modo li avvicina e che probabilmente risuona con il mio sentire e con ciò che veramente mi interessa, è forse l’incombente sensazione di una realtà nascosta al di là di quella fenomenica più vistosamente apparente, trascendente rispetto a essa, ma non meno concreta. Una realtà che si coglie da minuscoli, ma inequivocabili segni e che sono sempre più spesso tentato di considerare più vera ed essenziale di quella che abbaglia e ottenebra a un tempo i nostri sensi.   


Progetti futuri?

Molti e la maggior parte, temo, destinati a rimanere tali. Al di là della rifinitura dei capitoli mancanti della pentalogia Cassiopea, da molti anni vorrei scrivere un lungo racconto simbolico, ispirato a un’antica vicenda biblica, legata alla morte annunciata di un giovane principe del Regno del Nord. Più recentemente, ho accarezzato l’idea di un romanzo storico, ambientato nell’Italia Centrale dal 1848 al 1859, nel pieno dei moti risorgimentali, intrecciato con la storia d’amore di due ragazzi di Perugia. Per entrambe queste opere ho già tracciato un canovaccio piuttosto dettagliato, ma devo trovare il tempo di scriverle. Ultimamente, poi, mi è capitato di leggere un bellissimo libricino, “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono, e mi è nato l’irresistibile desiderio di provare a scrivere una parabola moderna, un racconto molto semplice, che sappia trasmettere un senso di gioioso stupore, di meraviglia attonita di fronte alla grandissima e misconosciuta potenza dell’amore, che sa confondere i superbi nei pensieri del loro cuore: l’impresa, tuttavia, mi sembra ben al di là delle mie modeste risorse. 


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