Buonasera, come nasce il romanzo Una fanciullezza rubata?
Una fanciullezza rubata nasce dall’esigenza profonda di ricomporre i frammenti della vita di mia madre, una vita segnata da un passato doloroso e tragico che ha inevitabilmente influenzato anche la nostra esistenza. Il suo dolore era una presenza silenziosa, un’ombra che ci accompagnava ogni giorno, e di cui conoscevamo i contorni senza comprenderne davvero l’intera storia.
Dopo la sua scomparsa ho sentito che ricostruire quel passato non fosse soltanto un atto d’amore, ma quasi una necessità. Mentre mettevo insieme i pezzi della sua vita, iniziavo a vedere le varie fasi della sua esistenza come personaggi veri, quasi reali: la bambina impaurita e maltrattata, l’adolescente triste e sola, la giovane donna fragile e insicura.
Mi sorprendevo spesso a desiderare di poterle abbracciare, una per una. È stato come incontrare mia madre sotto nuove forme, scoprendo la persona che era stata prima di diventare “la mamma”. E questo mi ha fatto capire quanto spesso i figli dimentichino che i genitori sono esseri umani con un vissuto, con ferite e fragilità che li hanno modellati.
Scrivere questo libro è stato quindi un percorso di amore e di comprensione: un modo per restituirle dignità, per darle finalmente quella voce che per troppo tempo era rimasta soffocata. E, allo stesso tempo, è stato anche un viaggio dentro me stesso, perché il suo dolore era, in qualche modo, lo specchio in cui mi sono sempre riflesso.
Da questo intreccio di memoria, emozione e ricerca della verità è nato il romanzo.
Quali sono le tematiche principali di questa tua opera?
Le tematiche centrali del libro ruotano attorno alle cicatrici che una disgrazia può lasciare su una famiglia. A volte un singolo evento è capace di cambiare il destino di tutti: non solo dei diretti coinvolti, ma anche delle generazioni future.
La storia affronta la separazione, l’essere strappati agli affetti più cari quando si è troppo giovani per comprenderne il senso; parla di perdita, come quella di restare senza genitori in un’età in cui la protezione è tutto.
C’è il tema dell’ingiustizia, dell’essere giudicati e puniti per colpe non proprie; quello del pregiudizio e dell’omertà, che in certi contesti diventano barriere invalicabili.
E poi la sofferenza di una famiglia divisa, gli abusi subiti, il dolore delle perdite ripetute e l’impotenza di fronte a verità che non si possono dire, pur sapendo che potrebbero cambiare tutto.
È un racconto che parla di ferite e sopravvivenza, di silenzi pesanti e di resilienza. Questi temi rappresentano il cuore pulsante della mia opera e legano insieme l’intera vicenda.
Ci sono scrittori o scrittrici che ti ispirano o che ti piace leggere?
Mi piacciono molto gli scrittori sudamericani: Paulo Coelho, Isabel Allende e Gabriel García Márquez sono tra gli autori che più hanno influenzato la mia sensibilità narrativa.
Apprezzo anche i grandi classici: Charles Dickens, le atmosfere romantiche e profonde di Jane Austen, e naturalmente Charlotte Brontë con Jane Eyre.
Tra gli autori contemporanei, mi ha colpito molto Khaled Hosseini, autore de Il cacciatore di aquiloni, così come ho amato le opere di Nicholas Sparks, capaci di toccare corde emotive molto intime.
E poi ci sono gli scrittori che hanno accompagnato il mio percorso di lettore, come Thomas Mann e Hermann Hesse.
In realtà sono tanti gli autori che mi ispirano: ognuno, in modo diverso, ha lasciato un segno nel mio modo di leggere il mondo e di raccontarlo.
(Disponibile sul nostro sito. Nei prossimi giorni ordinabile anche su Amazon, IBS, Unilibro, nelle librerie Feltrinelli e nelle librerie indipendenti.)


.jpg)


.jpg)
