Buonasera Gino, come nasce questo libro di racconti e di aforismi?
Citando e parafrasando Camus, caro Fabrizio, "bisogna essere Werther o niente", verrebbe da dire, mutatis mutandis, "bisogna essere Carver o niente". Bisognerebbe,
ed è ovvio che parlo solo per me stesso. Ergo, io sarei niente e ne sono cosciente, ma
non essendo purtroppo buddista, non riesco a distaccarmi dal frutto dell'atto.
Non si riesce mai a fare della vanità un falò. Quindi, tornando a bomba, Carver è riduttivo. Bisogna inserire anche Cechov, Capote, Bukowski, Anderson (leggete "I racconti dell'Ohio", se li trovate), Joyce, Thomas Mann nei racconti lunghi o romanzi brevi, come volete.
Dirò di Parise e di Cioran nella terza tua domanda, Fabrizio, poiché repetita non iuvant. Per rispondere restando più in tema ti dirò che questi "raccontini", volutamente ampollosi, iperaggettivati ma sempre realistici e con i piedi ben fermi nel quotidiano, sono più recenti di almeno 10 anni rispetto alle poesie del "Collected Poems", libro da te pubblicato nella tua collana Poesia. Gli aforismi sono ancor più recenti, risalgono a 20 anni fa, quando ancora "facevo il medico" perché il medico qui da noi non è una professione, ma "si fa!". Erano un modo, come ho scritto in quarta di copertina, per ammazzare il tempo, o almeno ingannarlo. Ovviamente i maestri vivevano ormai morti nell'Empireo, io mi divertivo da vivo soffrendo (contraddizione cioraniana).
Per quanto riguarda i racconti ti regalo un aneddoto che se qualcuno lo raccontasse a me, mi farebbe…continua tu.
Certamente conoscerai quel gran cattolico di G.K. Chesterton, colui per intenderci che ha inventato il personaggio di Padre Brown, che da decenni ci sbomballa in TV, dai tempi di Rascel in poi. Ebbene costui, che stupido non era, per la serie "anche i cattolici sono pieni di testosterone", scrisse nel 1912 un bellissimo libro dal titolo "Manalive. Le avventure di un uomo vivo" e il suo personaggio, Innocent Smith, viene trascinato in tribunale per omicidi, poligamia, nefandezze varie, per poi uscirne assolto.
E' un libro autobiografico, con trama profana pervasa da un forte senso di sacro. Per farla breve, Chesterton-Smith spezzetta il suo io, e soprattutto riguardo alla poligamia di cui era accusato, sorprende tutti: per non tradire sua moglie e preservare la sua integerrima morale cattolica, la trasformava, la obbligava a vestirsi in modi sempre diversi, la inviava in varie parti del mondo e poi la raggiungeva e…tradiva sua moglie sempre con sua moglie!
Geniale! Trovate il libro e leggetelo.
Cosa c'entra questo con la genesi dei racconti? Poco o niente, se non che nei "raccontini ampollosi" sono sempre io, ho spezzettato il mio io, anche quando mi faccio donna in "Gibaud". Avevo letto tempo prima Chesterton e tutto ai tempi si sedimentava. Le varie sfaccettature di me stesso, nelle varie circostanze.
L'ultimo racconto è un'imitazione maldestra dello stream of consciousness di Molly Bloom nell'Ulisse di Joyce. Questo per dimostrare a me stesso che ero un discreto manierista e che potevo e sapevo scrivere anche in stile diverso da quello dei "raccontini". Unicuique suum!
Quali sono le tematiche principali dell’opera?
La noia e le sue tante declinazioni, la quotidianità vissuta a-cristianamente, invidiando Kant (che comunque anche lui ne aveva le scatole piene di passeggiare sempre un'ora al giorno per cercare il fenomeno!)
Anche gli dei greci si annoiavano nella quotidianità dell'Olimpo, altrimenti
non sarebbero scesi così frequentemente dal monte a farsi le ninfe, fossero esse di sorgente o meno. Per sopravvivere gli dei avevano bisogno dei Prometeo, dei Sisifo,
di venirci sempre a rompere i santissimi, in caso contrario si sarebbero scannati ancor di più tra di loro.
Quindi la vieta quotidianità, coi suoi amori finiti, che ovviamente in precedenza erano iniziati, coi suoi lutti, le sue solitudini, l'eterno ritorno non filosofico dell'uguale, le sue cene di circostanza insieme ai visages de circumstances, il non poter mai dire ad alcuno ciò che di lui si pensa veramente altrimenti la razza umana sarebbe già da tempo estinta, la morte nascosta, la sofferenza, lo spleen, lo scazzo,
il perché ci siamo affrancati dagli istinti barattando la libertà con la coscienza…
Insomma, un po' di repertorio esistenzialistico antisartriano: se decidi di vivere devi dare un senso alla tua esistenza, scrisse lo stalinista! Col piffero, io vivo senza dare un senso a niente, sono un Sisifo felice!
Puoi citarci qualche scrittore o filosofo che ha contribuito alla tua ispirazione?
Alcuni sono già stati citati nella prima risposta.
Approfondiamo anche se non sono un critico letterario e ho una cultura d'accatto. Più che altro chi legge questa mia breve "intervista" se, per curiosità intellettuale, volesse seguire alcuni miei suggerimenti, mi farebbe piacere (sempre che non abbia già letto ciò che scriverò), anche solo per dirmi che non capisco una mazza.
L'unico italiano, un po' di nicchia, non ditemi che non è misconosciuto, rispetto
ai mostri del mainstream, Goffredo Parise, veneto (1929-1986).
Vabbè molti conoscono "Il prete bello", suo romanzo più noto, soprattutto per il film che ne fece Mazzacurati con Adriana Asti (Parise però era morto da tre anni).
Sonno tuttavia "I sillabari nn. 1 e 2" (col 2 vince lo Strega) che mi hanno indotto a scrivere così i miei "raccontini", in correità con Chesterton.
Passiamo agli stranieri.
Ora, lasciate stare l'Ulisse immortale di James Joyce e prendete i suoi "Dubliners. Gente di Dublino". Quindici racconti, quindici perle. Siete tristi? Leggete il racconto "I morti" e non vergognatevi di piangere!
Palati forti? Non siete bacchettoni ma realistici, più che verghiani?
Il grande Hank, Charles Bukowski, "Storie di ordinaria follia. Raccolta di racconti".
Medico come me, ma lui sidereo, ottocentesco illuminato, con due piedi nel Novecento, Anton Cechov e i suoi Racconti. Per il teatro potreste andare anche a teatro. Se lo leggete tuttavia è tutt'altra cosa. Risparmierete sull'outfit.
Trovate "I racconti dell'Ohio" dello statunitense Sherwood Anderson, imparerete a indignarvi per le aragoste bollite vive e a diventare più umani.
I racconti lunghi di Thomas Mann, "Tonio Kröger" e il meraviglioso "La morte a Venezia".
Truman Capote e i suoi racconti, raffinati, ruffiani, lenitivi, da età del jazz, vicini e lontani da quelli di Scott Fitzgerald, altro grande.
Lascio per ultimo per me il più grande raccontista del Novecento, di breve vita, 50 anni di cui molti vissuti da ubriaco, dialoghista eccezionale, Raymond Carver, sua maestà! Inutile citare i titoli, non è mai riuscito a scrivere un romanzo, quindi ciò che troverete sono solo racconti. Volete un nome a caso? "Di che cosa parliamo quando parliamo d'amore".
Per quanto riguarda gli aforismi ovvio Schopenhauer, Nietzsche, Camus per buttare lì tre nomi.
Ma anche qui il più grande pessimista del secolo passato, il mio alter ego, mio compagno per anni, il rumeno con status di apolide francese, Emil Cioran, per lui l'inchino e la sua vita tra due parentesi tonde: (1911-1995), arriva per ultimo.
Pessimismo esistenziale, voici ton prophète!
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