lunedì 26 agosto 2024

L'estasi del tempo

 di Angelo Cravero.







Cercavo di comprendere lo spazio che mi circondava.
Mi sentivo un’entità fuori dal mondo e non riuscivo ad aprire gli occhi,
Non vedere non influenzava la mia capacità di giudizio però.
Aprii gli occhi e mi resi conto che era un sogno, la realtà era totalmente diversa.
Mi alzai dal letto e andai a fare i miei bisogni, poi mi feci una doccia per svegliarmi. 
Ora potevo affrontare qualsiasi cosa.
La prima cosa a cui pensai era il caffè, quel nettare aveva le capacità di trasformarti, di renderti la giornata più adorabile. 
Appena mi vide il mio maggiordomo Ettore mise la caffettiera sui fornelli e poi mi portò i giornali.
« Signor Gustavo, le preparo la colazione, se vuole accomodarsi, sarà pronta tra un attimo. » 
Ne presi uno e mi misi a leggere le ultime novità.
La cronaca di quei giorni primaverili del 1948 era piuttosto movimentata.
Ettore, intanto, si dava da fare con i fornelli e mi portò in tavola poco dopo una omelette, di fianco ci appoggiò un cornetto e una tazza di caffè.
« Buon appetito signore. » 
Mentre mangiavo pensavo a Veronica, principessa della famiglia Castaldi, l’aristocrazia aveva lasciato posto alla democrazia, ma si facevano ancora in società feste e balli, io non me ne facevo mancare neanche uno.
Finita la colazione andai in camera a cambiarmi, indossai un completo blu, mi misi un paio di scarpe comode, ed uscii. 
Avevo intenzione di andare a casa dei conti Zurla, anche lì vi era una splendida fanciulla di nome Estel, molto carina e molto appetibile.
Mi incamminai per la strada, fino alla fermata del bus. 
Non ci volle molto all’arrivo del bus, salii, non c’era molta gente, la cosa era gradevole. 
Arrivai alla mia fermata e scesi.
Mi incamminai di nuovo e non impiegai molto ad arrivare. 
Suonai il campanello, una cameriera venne ad aprire, mi accompagnò all’interno e mi tolse il cappotto.
Fu Estel a venirmi incontro.
« Ti trovo adorabile, ora ti porto da papà e mamma, così potrai salutare anche loro, cosa mi racconti di bello? » 
Salutai i genitori e mi intrattenni un po’ con loro.
Poi Estel mi disse: « Cosa ne dici se andiamo a fare un giretto in giardino? Con una giornata così bella, non possiamo perdere l’occasione. » 
Uscimmo in giardino, la giornata era favolosa, c’era un sole che illuminava ogni cosa, in cielo non vi era neanche una nuvola.
Lei si mise a braccetto con me e discutendo passeggiavamo. 
Ero eccitato da quella situazione, poche volte avevo passeggiato con una ragazza in un giardino, in solitudine.
Dovevo azzardare o limitarmi a un comportamento normale? 
Non lo sapevo, forse era meglio lasciare capire la cosa con sottintesi.
« Ti piace passeggiare sola con me? » 
« Mi piace moltissimo, sei una delle poche persone di cui amo la presenza e con te adoro fare le cose più semplici, sei una bellissima persona. » 
« Posso dire che anche per me è così, in tua compagnia respiro aria viva, e potrei anche dire che la tua presenza fisica mi spinge oltre, mi piacerebbe molto darti un bacio, se tu lo gradisci. » 
« Mi trovi un attimo impreparata, ti posso garantire che piacerebbe molto anche a me. » 
Facemmo ancora qualche passo e poi la baciai. 
Fu meraviglioso per i miei sensi, la strinsi ancora più forte, facendole sentire la mia erezione, lei si stringeva a me.
Riprendemmo a passeggiare, mi sentivo molto meglio, quel bacio mi aveva sconvolto la mente.
« Cosa ne dici di rientrare? È già tanto che siamo qui, non vorrei che si preoccupassero » propose dopo poco lei.
Rientrammo in casa, non si vedeva nessuno a parte i maggiordomi, che ci tolsero i cappotti.
« Ci portate gentilmente una tazza di tè? » 
« Subito signore. » 
Ci sedemmo, lei sul divano e io sulla poltrona davanti a lei.
Sorseggiammo poi il tè con piacere, sino a che non arrivò l’ora di andarsene.
 « È stato bello passeggiare, specialmente con una bella ragazza come te, sono stato piacevolmente attratto dalla tua presenza e questo mi ha fatto passare dei bei momenti. Ora non mi resta che recarmi in ufficio, altrimenti verranno a cercarmi. »
Lavoravo all’ufficio statale della motorizzazione, non avevo un orario stabilito, ma in mattinata dovevo farmi vedere, era una dovuta cortesia.
 Arrivai in ufficio e la segretaria mi fece sapere che il capo mi voleva. 
« Puoi chiamarlo dicendogli che arrivo subito. » 
« Sarà fatto Gustavo. » 
Mi avviai dal capo, non sapevo cosa avrebbe potuto dirmi, chiusi gli occhi e abbassai la maniglia. 
Appena entrato mi trovai la sua faccia davanti, che mi guardava.
 « Sono qui perché mi ha mandato a chiamare. » 
« Volevo sapere se hai verificato quante patenti sono state date l’anno scorso, vorrei avere la documentazione, per questo ti ho mandato a chiamare. » 
Fortunatamente non era niente che poteva preoccuparmi, in ufficio avrei fatto fare la ricerca ad un’impiegata, fatta battere a macchina e consegnata al direttore, così lui era contento e io pure. 
Risposi quindi al capo che mi sarei occupato del lavoro con la massima celerità e perizia.
Lui sorrise soddisfatto e lo salutai.
Dopo aver dato indicazioni alla mia fida assistente del lavoro che andava svolto mi sistemai alla scrivania, sfogliai alcune cose che avevo scritto e mi misi a leggerle. 
Non era niente di importante, erano solo delle mie riflessioni.



Estratto dal volume "L'estasi del tempo" di Angelo Cravero, Midgard Editrice.


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venerdì 9 agosto 2024

Vedānta Advaita e Scienza Moderna

 di Riccardo Tennenini e Raffaele Pescitelli.







Negli ultimi anni si è sentito molto parlare del bosone di Higgs. Questa particella fu teorizzata nel 1964 dal fisico inglese Peter Higgs, e rilevata per la prima volta il 4 Luglio del 2012 presso il Large Hadron Collider (LHC) di Ginevra. Una volta teorizzato il bosone di Higgs, si cominciò a cercare di dimostrarne l'esistenza sperimentalmente, dato che costituiva un elemento fondamentale del Modello Standard. Infatti, come possiamo osservare da una classica rappresentazione di tale modello, il bosone di Higgs occupa la parte centrale.
Il Modello Standard è “usato dai fisici per interpretare i costituenti elementari di cui è formata la materia e le forze che la tengono insieme o ne provocano la disintegrazione.”
Per comprendere come agisce il bosone di Higgs, dobbiamo innanzitutto comprendere che più bosoni di Higgs costituiscono quello che viene chiamato campo di Higgs. È stato ipotizzato che questo campo abbia avuto origine subito dopo il Big Bang, contribuendo alla formazione della materia. In che modo? I bosoni di Higgs presenti in un campo di Higgs possono interagire o meno con particelle che si originano e attraversano tale campo. Se l'interazione è nulla le particelle attraverseranno il campo senza acquisire massa, (per esempio i fotoni), altrimenti acquisteranno tanta massa quanta più sarà forte l'interazione. La creazione di questa massa ha fatto sì che ci si riferisca al bosone di Higgs come alla particella di Dio. “La scoperta di una nuova particella al CERN è una forte indicazione che la massa dei quark sia dovuta alla loro interazione con il campo di Higgs, che trasforma quark altrimenti privi di massa in particelle massive. L’interazione dà «spessore» alle particelle, rallentandole: questa resistenza all’accelerazione è ciò che chiamiamo massa. Ma le masse dei quark sono molto piccole, e spiegano solo l’uno per cento della massa del protone o del neutrone. Il restante 99 per cento è dovuto all’energia trasportata dai gluoni privi di massa che vengono continuamente scambiati dai quark e che li tengono legati assieme. Nel Modello Standard il concetto di massa come proprietà intrinseca, o misura della quantità di sostanza, non esiste più. La massa proviene esclusivamente dall’energia delle interazioni che si verificano tra i campi quantistici elementari e le loro particelle. Il bosone di Higgs è parte del meccanismo che spiega come si forma la massa di tutte le particelle dell’universo.
Anche se tutta la materia dell’universo fosse fatta di quark e leptoni, dovrebbe la sua stessa sostanza all’energia acquisita grazie all’interazione con il campo di Higgs e allo scambio di gluoni. Senza queste interazioni, la materia sarebbe effimera e impalpabile come la luce stessa, e nulla sarebbe.”
A questo punto, dopo questa breve illustrazione sulla scoperta del dualismo onda-particella e della descrizione delle particelle atomiche e sub-atomiche, si può ben notare come la Fisica classica non fu in grado di spiegare i fenomeni a livello sub-atomico, e nacque così la Fisica quantistica che non si basava più su un approccio deterministico bensì su un approccio probabilistico. Questo ci fa comprendere che se vogliamo investigare la realtà non possiamo approcciarsi ad essa seguendo un ragionamento rigido, schematico e sempre governato da una logica illusoria di poter spiegare tutto basandosi sulle conoscenze pregresse. I fisici del ‘900 ebbero veramente intuizioni rivoluzionarie che aprirono nuove strade non solo in campo fisico, ma in tutti gli altri campi. A nostro avviso, un altro insegnamento importante riguarda la non divisibilità della Fisica e della Metafisica. L’una non esclude l’altra, ma anzi l’una aiuta a comprendere l’altra perché esse sono intimamente unite, come sono uniti l’universo e l’atomo. I filosofi greci hanno tantissimo da insegnarci ancora oggi su punti fondamentali come questo, in quanto vivevano in armonia coltivando lo studio della Fisica e della Metafisica senza considerarle in opposizione fra loro. Quando ci si trova davanti a qualche fenomeno fisico incomprensibile è necessario fare un “salto metafisico” che indica nuove vie, le quali aprono la mente alla comprensione di fenomeni naturali. Come effetto si ha che anche la Fisica aiuta a comprendere la Metafisica, perché le nuove vie intraprese permettono di andare “oltre la Fisica” e quindi ciò che prima non si comprendeva diventa chiaro e accessibile. Questa caratteristica la troviamo proprio nel Vedānta in cui la volontà Advaita non distingue tra Fisica e Metafisica.



Dopo aver visto il rapporto tra scienza e metafisica, ora andremo a dare una spiegazione del monosillabo sacro Om (ॐ). Questo potente simbolo mistico e meditativo racchiude in sé profonde speculazioni filosofico/realizzative e metafisiche correlate con le più avanzate scoperte scientifiche. L’Om possiede tre “misure” dette matra cioè i suoni/lettere a-u-m che stanno a indicare precisi stati di coscienza di esistenza individuale e universale.

A = Stato di veglia associato al piano fisico della manifestazione
U = Stato di sogno associato al piano psichico-energetico 
M = Stato di sonno profondo senza sogni associato al piano vibratorio del Tutto.

Oltre queste tre misure c’è il Silenzio origine del Tutto il Brahman. Pertanto l’Om “sonoro” e con misure rappresenta il Brahman Saguna cioè Dio, mente il Vedānta l’Advaita definisce il Quarto (Turīya) “non sonoro” Brahman Nirguna ciò che è oltre le tre lettere e che ne rappresenta la matrice (yoni). Per questo motivo viene definito Om silenzioso e privo di misure. Quello (Tat) che identificheremo con il termine Unità (Brahman Nirguna) non è differente da Questo (Brahman Saguna). Il Tutto cioè l’intero universo con le sue tre misure è ugualmente Quello. L’Unità è assoluta, pur riflettendosi a livello universale non perde la propria illimitatezza che agisce nella capacità di esprimersi e svelarsi come ātman/coscienza in ogni singolo ente dell’universo. Ātman è anche detto sarvantaryamin cioè l’eterno testimone presente e immanente in ogni ente, guida interiore di tutti. Epiteto di Ātman come jīva. In India la forma più comune di saluto è “namasté” che, lungi dal voler dire “ciao” a cui siamo abituati noi in Occidente, è un saluto a quella persona in quanto Brahman. Mentre una delle più importanti sentenze vediche è “tu sei Quello” (tat tvam asi) sta ad indicare l’identità del jīva con Brahman. Con ciò si vuole affermare che “Questo” è “Quello” e viceversa. L’Unità è l’unica realtà ed è Uno senza secondo (ekamevādvitiyam).
Fritjof Capra nel suo libro “Tao della fisica” dice che questa Unità/Brahman è la consapevolezza della mutua interrelazione di tutte le cose, eventi e fenomeni nel mondo come manifestazioni di una fondamentale unità. Questa Unità non è solo presente nel Vedānta Advaita ma, come abbiamo visto anche nella fisica moderna. Entrambi vedono l’universo non come fenomeni fisici separati, bensì come un’Unità unica fatta di una immensa ed estesa rete di interconnessioni tra enti ed eventi tutti collegati tra loro.

“Le particelle materiali isolate sono astrazioni, poiché le loro proprietà sono definibili ed osservabili solo mediante la loro interazione con altri sistemi.”

“La stessa illusione si produce in una galleria di specchi e nello stesso modo Gaurisankar e il monte Everest risultano essere la stessa montagna vista da valli diverse.”

Ciò lo possiamo spiegare con un cerchio disegnato su un foglio bianco, dentro il quale risiede il Tutto. Potremo dire che c'è molteplicità se ciò che noi vediamo sul foglio è un unico grande cerchio? No perché i vari enti che compongono il Tutto non sono adiacenti al cerchio ma al suo interno. Un altro esempio che possiamo fare per spiegare ulteriormente l’Unità è quello di constatare che ogni ente presente in tutto l’universo è composto da atomi e di conseguenza questi atomi sono composti per il 99,9% da spazio vuoto. Se noi potessimo levare tutto lo spazio vuoto presente nell’universo tenendo solo quello 0,01% che è composto da nuclei subatomici di ogni singolo ente, inseparabili uno dall’altro atti a formare un’unica grande particella subatomica quella sarebbe l’Unità del Brahman. L’Unità e il Tutto in termini vedāntini sono i due aspetti di Brahman, Nirguna e Saguna. L’aspetto Nirguna cioè al di là dei guṇa è la realtà sottostante dell’intero universo Saguna vincolato dai tre guṇa.




Due estratti dal volume "Vedānta Advaita e Scienza Moderna" di Riccardo Tennenini e Raffaele Pescitelli, Midgard Editrice.


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lunedì 5 agosto 2024

Ghoul (vendetta postuma)

 di Pier Francesco Grazioli.







Ah! Se solamente poteste immaginare quanto finalmente, piacevole sia il poter inalare l'atmosfera stantia che regna qui dentro!
Come poterla descrivere? 
Odore di marcio ed umido, culminano in un sudario invisibile impregnato del più disgustoso lezzo, il quale avvolge pietosamente il tutto; e che neanche l'oblio di una memoria perduta riesce a mitigare. 
Certo... è accaduto tutto molto tempo fa; quando mi fidavo ciecamente di coloro che essendo la mia famiglia, avrebbero dovuto proteggermi, tenermi al sicuro e soprattutto capire. 
Ma andiamo per ordine...
Mio fratello e sua moglie, avrebbero dovuto comprendere che il mio disturbo, se tale poteva essere considerato, richiedeva sì delle cure. 
Ma, con l'andar del tempo, quel lieve tremore accompagnato da un senso d'estraneità che raramente mi assaliva sin dalla nascita, sarebbe totalmente scomparso.
Ma capitò più volte che nell'età adulta, quel disturbo si manifestasse anche alla presenza di amici benpensanti. 
Una volta, accadde proprio durante il ballo del debutto di mia cugina. 
Si vede che certe tonalità musicali per le frequenze che emettevano, andavano a stuzzicare quella parte del mio cervello che era un po' più sensibile diciamo. 
All'inizio non caddi per terra e non persi conoscenza; restai solamente come imbambolato... come se tra me e le altre persone presenti nella sala si fosse alzato un muro invisibile, ma la sensazione più bella era che mi sembrava di uscire dal corpo.
Esatto, con la mia persona ero lì  ma non con la mia mente. L'orchestra, gli invitati, la sala; tutto era scomparso, ed al loro posto vedevo altri luoghi.
Una volta mi ritrovai di notte a camminare nel deserto sotto un bellissimo cielo stellato, con una luna che sembrava un grande disco d'argento; ed all'improvviso, la sua luce mi rivelò la figura di una gigantesca sfinge alla cui base vi era una scalinata di pietra.
Non capivo come potessi trovarmi lì, e nessuna spiegazione razionale sarebbe stata in grado di fare luce su ciò.
Forse la risposta stava in cima a quella scala; dove, rischiarata da una flebile luce, intravidi una porta. 
Decisi allora di salire, ma appena fatti pochi scalini, la sfinge iniziò a parlarmi... 
“Fermati! Chi sei tu che vaghi in questo deserto? Perché vuoi salire quella scala?”
Quella voce mi aveva pietrificato... non riuscivo a muovere un muscolo. 
Alzai lentamente lo sguardo verso quel volto di pietra che sembrava fissarmi con severità, per poi riabbassarlo subito come un ladro colto in flagrante.
A testa bassa e con voce tremante risposi: “Io non so come sia capitato qui e perché. So solo che mi succede da anni, ed indipendentemente dalla mia volontà.”
“Se sono delle risposte che cerchi, allora sali fino all'ultimo gradino. Una volta giunto, vedrai una statua della Dea Iside dal volto velato. Nelle sue mani unite a coppa giace una lanterna, la cui fiamma ti schiuderà la conoscenza che cerchi; ma solo se avrai il coraggio di sollevare il suo velo” disse la sfinge
Mosso dalla brama di sapere, salii lentamente quella scala, ed una volta giunto di fronte alla statua  esitai per un attimo. 
Poi, lentamente sollevai quel velo, rivelando un bellissimo volto di donna nei cui occhi erano incastonate due lucide pietre scure.  
Su quelle pupille inanimate, i riflessi della fiamma sembravano danzare, donando loro una vitalità surreale che catturò il mio sguardo al punto da non poterlo più distogliere da esse.
Fu come guardare in un'oscurità senza fine... ebbi l'impressione di precipitare in un ancestrale abisso, e quando mi sembrò di averne toccato il fondo, una scena raccapricciante si palesò ai miei occhi.
In una cripta dimenticata, degli esseri orrendi  dall'aspetto di canidi ne profanavano i sepolcri per cibarsi dei corpi in essi contenuti. 
Quei mostri con i loro artigli, strappavano i sudari e si gettavano su quei poveri resti facendone scempio, emettendo versi gutturali e lugubri ululati. 
Poi, mentre gli altri consumavano quel macabro banchetto, uno di loro prese un cuore e lo consegnò con riverenza a colui che è il giudice supremo. 
Sì, era folle il solo pensarlo... ma riconobbi con certezza il Dio Anubi! 



Estratto dal racconto "Ghoul (vendetta postuma)" di Pier Francesco Grazioli, dal libro "Hyperborea 8",  Midgard Editrice.
Racconto vincitore a parimerito del Premio Midgard Narrativa 2024.


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giovedì 1 agosto 2024

Intervista a Riccardo Tennenini

 





Buongiorno Riccardo, come nasce questa nuova opera scritta a quattro mani con Raffaele Pescitelli?

L'opera nasce da un'intuizione mia e di Raffaele sulle molteplici similitudini storiche e filosofiche che intercorrono tra l'antica metafisica dell’Advaita Vedanta è le recenti scoperte della scienza moderna. Da questo presupposto ci è venuta l'idea di trovarci per mettere insieme queste similitudini che solo in apparenza possono sembrare diverse e inconciliabili. 



Quali sono gli argomenti principali del saggio? 

Per quanto riguarda la parte che ho curato sull’Advaita Vedanta tratto del sostanziale passaggio e cambio di paradigma dalla fisica classica alla fisica quantistica che ha aperto un nuovo modo di percepire la realtà. Permettendo in questo modo agli scienziati occidentali di rimembrare potremmo dire o riaffacciarsi e divenire di nuovo consapevoli della dimensione coscienziale profonda che da sempre contraddistingue l’Advaita Vedanta e non solo. Il significato del monosillabo Sacro Om, il vuoto secondo l’Advaita, la metafora della corda scambiata per serpente come immagine allegorica per descrivere il processo di conoscenza verso la realtà ultima, il rapporto che intercorre tra l'entanglement quantistico e il Velo di Maya,  del pensiero vibrante correlato alla vibrazione così com'è intesa dalla fisica quantistica e infine la concezione pranica come energia e fonte della vita e il modo con cui l'essere umano attraverso questa conoscenza possa giungere alla Liberazione.



Studi e segui la dottrina del Vedanta Advaita da molto tempo?

Sì ormai è da molti anni che studio questa che è la più elevata metafisica che esiste. La sua peculiarità secondo René Guénon sta nel fatto di essere probabilmente l’unica forma di induismo che mantiene ancora oggi una dimensione totalmente tradizionale e iniziatica con la successione ininterrotta dei maestri dal suo più famoso e celebre Śaṅkarācārya fino a quelli contemporanei. 




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Riccardo Tennenini, filosofo e studioso del Vedānta Advaita, autore di numerosi saggi e romanzi.