di Stefano Lazzari.
Appena uscito dal portone, sul camminamento verso il cancello esterno, Moreno Sansovini respirò profondamente il delicato zefiro di primavera e subito esplose in una serie irrefrenabili di starnuti.
“Se questo è il buongiorno della primavera, chissà che succederà a maggio” esclamò una voce divertita alle sue spalle.
“Faresti meno lo spiritoso, al posto mio” borbottò Moreno, mollando una robusta pacca sulle spalle del cugino Daniele. “Ogni anno, la stessa storia: tutta colpa dei troppi fiori del Parco”. Con il pollice indicò il verde profilo dei pendii alle sue spalle, ancora parzialmente in penombra a quell’ora di mattina.
“Dai, facciamo colazione dal tuo solito avvelenatore, così ti passano le paturnie”. Daniele strattonò il cugino verso il cancello esterno.
“Già, magari con una ‘bomba’… di sabato ci vuole proprio” dichiarò Moreno, soffiandosi il naso.
“Eccoli in coppia: Sherlock col suo fido Watson”. Così Nando, il titolare del bar in piazzetta, apostrofò i due cugini. Moreno, investigatore privato, si avvaleva spesso della collaborazione di Daniele, architetto, ma anche lui appassionato di investigazione.
“Ah bello, Watson lo dici a qualcun altro”. Daniele gettò uno sguardo più che critico al vassoio strapieno di paste, ma senza nemmeno l’ombra delle ‘bombe’.
Senza replicare, Nando fece comparire da sotto il bancone un piattino con due superbe bombe alla
crema. “E poi dite che non vi tratto bene” puntualizzò, tutto sostenuto. “Anche perché ho come il sospetto che sarà una giornata impegnativa, per voi due”. Il barista ammiccò ispirato, intanto che smanettava rapidamente sulla macchina dell’espresso.
Moreno, che stava per addentare avidamente la sua bomba, rimase col morso a mezz’aria. “Siccome non sei credibile nei panni dell’indovino, sputa il rospo senza tanti giri di parole”. Con tutta calma, affondò i denti nella ‘bomba’, subito imitato da Daniele.
Nando piazzò le tazzine dell’espresso davanti ai due cugini, poi si chinò in avanti con aria da cospiratore. “E si tratta proprio di un bel rospo… tutte le fortune, certa gente” sospirò, atteggiandosi da invidioso. “Giusto dieci minuti prima che arrivaste voi due, entra una tipa sinuosa come una ballerina, cappellino sulle ventitré, vestitino così stretto che con un respiro più lungo si sarebbe scucito in un amen… insomma, dopo aver ordinato mi chiede, con una vocetta tutta flautata, se per caso conosco ‘il famoso detective Sansovini’, proprio
così ha detto…”. Nando si interruppe un attimo per passare un canovaccio sul bancone. “Insomma, per farla breve, le ho risposto che sì, certo che lo conosco, ma che forse è ancora troppo presto per una visita, al che lei ha replicato, con una risatina tutta aggraziata da nobildonna, ‘oh non importa, ho tutto il tempo che mi occorre’… eh certo, la signora mica si deve alzare alle cinque e mezzo la mattina, per guadagnarsi la sua brava giornata…”. Nando sbuffò, intanto che sorseggiava un caffè anche lui. “Comunque occhio More’, questa è una coi soldi, stai sicuro”. Ammiccò con l’aria dell’uomo vissuto, che ormai le ha viste tutte.
“E visto che stamattina ti senti tanto ‘collaboratore investigativo’, quale altra raccomandazione ti senti di darci?”. Stavolta fu Daniele a replicare, dopo aver ingurgitato l’ultimo pezzo di ‘bomba’.
Nando lo guardò torvo. “Hai poco da fare lo spiritoso, architetto… dopo vent’anni e oltre passati dietro questo bancone, ormai faccio diagnosi ad occhio: e la nobildonna che vi vedrete arrivare si
porta appresso soldi, guai a carrettate, e pure qualche panzana… ha proprio l’aria della ballista spergiura, mi ci giocherei il bar” dichiarò spavaldo, riponendo le tazzine nel lavabo.
Moreno finì di assaporare con tutta calma la sua ‘bomba’, poi fece scivolare una moneta da cinquanta centesimi nel barattolo delle mance. “Per le tue preziose informazioni… se si riveleranno azzeccate, molto presto ti riempiremo il dindarolo, qua”. Il Sansovini moro ammiccò verso il cugino.
“Attento… ti ammali di generosità perniciosa” ridacchiò Nando, scuotendo il barattolo. “Comunque tienimi informato… sono curioso come una coppia di gazze”.
“Seeeh, dilettanti al tuo confronto” eccepì Moreno. “Mo’ però facci andare, non è da gentiluomini fare attendere troppo le signore…”.
Appena imboccata la stradina in salita, subito di fronte al bar, la videro subito. Proprio accanto al
cancello di casa loro, che sbirciava alternativamente il camminamento verso il portone e i due lati della strada. E Nando non aveva esagerato affatto, nel descriverla. Capirai, le avrà fatto una TAC col contrasto, malignò Daniele scambiando una breve e significativa occhiata con il cugino.
Moreno allungò il passo e arrivò alle spalle della donna col cappellino. “Sta aspettando qualcuno?” chiese, senza tanti complimenti.
Lei sussultò per un attimo nel voltarsi di scatto, poi però emise un sorrisino salottiero. “Sì, il detective Sansovini… è lei?”. Pose la domanda col tono di chi è sicuro della risposta.
“Precisamente”. Moreno presentò Daniele, e fece per aprire il cancello. “Lei è fortunata, se fosse arrivata una mezzora più tardi non ci avrebbe trovato, abbiamo in programma uno shopping al mercatino di S. Giovanni... signora?”.
“Corinna Bartoli” rispose lei, semplicemente. Tese una manina affusolata e perfettamente curata. Da vera nobildonna… o magari escort, malignò Moreno fra sé, per scoprire tuttavia che la stretta di mano non aveva nulla di suadente/seduttivo: al contrario, era decisamente virile, in clamoroso contrasto con la voluttuosità della figura che il detective Sansovini non poté esimersi di ammirare, sia pure di sguincio, intanto che si avviavano lungo il camminamento.
Tipa da prendere con le molle, questa qui: mi sa che Nando ci ha azzeccato in pieno, argomentò Daniele, pensando per un attimo al dindarolo del bar che avevano promesso di riempire…
Estratto del romanzo "Il segreto della saliera di Benvenuto Cellini" di Stefano Lazzari, Midgard Editrice
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