martedì 10 ottobre 2023

Intervista a Giulio Alessandro Germanico

 




Buongiorno, come nasce questa tua opera?

Nasce da una mancata soluzione, anzi da una lunga serie di soluzioni mancate. Nasce da un rigurgito di differenziazione rispetto a quel che fluisce nella normalità. Vivere per sfida, sapete voi, si perde molto sangue e talvolta si crede di poter abbracciare la morte come liberazione, altre volte siamo coraggio che cambia strada e combatte. Contro tutti. Scegliete voi, io sono morto. Alla società del buonsenso s'oppone la bellezza d'un ricovero, un rifugio di forme e colori che reagiscono al materialismo, fughe in altre dimensioni, angoli del passato, trasgressioni, sogni, attese, complicanze esistenziali, particolari troppo studiati per finir compresi. Da tutto questo nasce quel che mi differenzia e che è rimasto imbrigliato in queste pagine, ma sappiate che l'autore è morto. Fantasma. Sono un fantasma che vive in altre dimensioni e che continua a parlare.



Il volume è diviso in una sezione poetica e in una sezione di riflessioni e pensieri. Ce ne vuoi parlare?

Le poesie sono dei momenti di sintesi esistenziale, spesso faticosi come parti e mai uguali al proprio sentito, per questo necessitano di un attento lavoro di perfezionamento per trasferire ogni sfumatura in un unico insieme coerente di senso. Pietre preziose da scolpire ed osservare in ogni prospettiva prima di essere sottoposte nuovamente alla critica, ancora e ancora. Creare poesia è una scomoda responsabilità e per questo ci vuole coraggio. Le poesie presenti nel testo sono bagliori scenici provenienti da materiale rimasto dietro le quinte, in un'epoca della vita, da tempo per me ormai matura. Oscurità e misticismo, sofferenza e vuoto esistenziale, il tutto distillato ed invecchiato, come un buon liquore. La seconda parte del libro è dedicata ad una serie di estemporanee riflessioni sulla vita, la società, la gnosi, gli dèi. Questa sezione non è sfornita di precetti pratici, critici, talvolta ai limiti del cinismo, le massime sono i sepolcri della mia filosofia, i miei epitaffi. Qui è bandita la superficialità e ci si munisca di uno spesso scafo per le immersioni...



Quali autori e quali correnti di pensiero ti ispirano di più?

Ovunque vi sia particolare attenzione descrittiva e ricerca del bello, ovunque traspaia il desiderio e la soddisfazione di perdersi nell'immutabile, nell'impeccabile, nel perfetto. I particolari, i colori, la musicalità delle parole, la loro ricerca attenta e spietata per giungere alla contemplazione delle forme. Ebbene tutto questo è collocabile in un determinato periodo, in una nicchia letteraria di predilezione. Siamo in Francia nella seconda metà dell'Ottocento, in una fucina artistica d'impareggiabile fervore. Mi riferisco al milieu letterario del Parnaso Contemporaneo promosso dal lavoro editoriale di Lemerre, agli innumerevoli poeti che vi hanno contribuito con dedizione vitale. Coloro s'impegnarono intorno a principi estetici di superamento del romanticismo, all'“arte per l'arte” come s'espresse il Gautier, quando la bellezza è contemplazione delle forme, ipnosi immobile che trascende il tempo, dopo attento lavorio che ci avvicina a spazi d'ordine superiore. D'altra parte i richiami classici di un Lamartine parnasiano, fin a quelli di un tardo Valery, pongono altri lati che hanno sempre attratto la mia ricerca interiore: quelli filosofici, naturalistici e spirituali. Si tratta della riscoperta della religiosità classica, che mi ha impegnato in faticosi studi sull'antichità. Studi che definirei di realismo esoterico, basi per lo sviluppo e la pratica di molte facoltà sopite ai nostri giorni, archeologia dello spirito che è puro esoterismo, della più seria e nobile gnosi, e dal quale ho appreso molto di quel che sono e siamo oggi. Ebbene, ecco qui, tutto questo m'ispira, impregna il libro e fin da bambino inesorabilmente m'attrae, da sempre, mi tormenta. 




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