martedì 26 settembre 2023

Ritorno a casa

 di Alexandra Fischer.






Devan Myrsen posò sul tavolo il piatto di metallo rosa appena terminato e fece una smorfia di disprezzo al motivo di pesci. 
Alzò le mani davanti al volto e si lasciò sfuggire un gemito.
Da stasera posso considerarmi finito. 
Povere le mie dita. 
L’umidità, gli anni, le hanno deformate e io ho perso il mio talento.
Diede un’ultima occhiata al motivo, destinato a ornare una tavola di lusso.
Povero me, dovrò inventarmi qualcosa per spiegare al cliente questo particolare incompleto, ed è il Primo Ministro.
Si mise dell’unguento e aspirò l’essenza alla conifera. 
Farò meglio a portarmene dietro una bella scorta, quando tornerò a casa, ma prima un giro in laboratorio.
C’era tutto: gli scatoloni con metallo in lastre da trasformare in piatti, gli attrezzi del mestiere posati sul bancone con accanto due sgabelli.
Ormai mi sono inutili, ma a Lysveeta saranno indispensabili. 
Sono lieto di averli tenuti con cura.
E anche contento di sedermi a rievocare il passato senza che arrivi alcun padrone.
Ridacchiò.
Sono il maestro di bottega eppure, quando arrivai qui ero invisibile. 
Il padrone di questo posto mi fece entrare qui senza neppure guardarmi.
Fece un sorriso amaro. Lo sguardo gelido del suo primo maestro aveva avuto un lampo di calore umano verso di lui dopo avergli visto posare i piatti incisi su metallo. 
Lo aveva chiamato artista: i motivi erano pieni di sole. 
Con il trascorrere del tempo nella bottega, si erano aggiunti anche i motivi legati alla città, dove pioveva sempre.
Certo qui le piante e gli animali danno sempre qualche idea nuova grazie alla pioggia. 
Peccato abbia i suoi svantaggi: tiepida o gelida, non finisce mai di cadere, e si porta dietro una dannata umidità.
Socchiuse gli occhi e in un caleidoscopio a velocità vertiginosa passarono piatti dai metalli multicolori seguiti dalle mani dei committenti.
Seguirono amicizie e amori, passati fugaci nella sua vita e avevano lasciato la loro impronta sui piatti.
Com’è stato casuale questo successo. 
Sono stanco di rimpiangerlo. 
Tanto, persino quando c’era, io ero sempre l’eterno ospite pur fra gli ammiratori di alto rango. 
Ora non ho più tempo per accontentarmi della gratitudine della mia allieva. 
Voglio il mio ritorno a casa.
Chiuse la porta del laboratorio e si incamminò verso la stazione per segnarsi l’orario dei convogli.
Dovette procedere con calma, perché la strada era infida per via della pioggia.
Attenzione alle cadute. 
Meno male che domani ci sarà il Primo Ministro. 
Così per la legge Lysveeta avrà la bottega. 
Lo merita, è una brava ragazza e talentuosa.
Fu felice di averla congedata un po’ prima, perché era davvero stanco di ostentare una sicurezza che non provava più.
Si sentiva di nuovo invisibile come quando era arrivato in città; aveva sempre meno committenze e sopravviveva soltanto per via dell’aiuto di lei.
Povera Lysveeta. 
Hai ancora soggezione di me perché ti sto facendo credere di essere ancora il grande Devan Myrsen, ma d’ora in avanti sarai indipendente da me.
Passò lungo una strada illuminata da lampioni di metallo dorato decorati alla base da un motivo di foglie disposte a corolla.
Le luci erano lavorate a grappolo, tenute insieme da fili di metallo e spandevano una luce gialla che si rifletteva nelle rare pozzanghere che incontrava.
Di Ewigreignen si può dire tutto, ma non che non sia tenuta con cura.
Il selciato a grosse lastre grigie di pietra ruvida era identico a quello della sua gioventù, come pure le strette case alte dalle imposte rivestite di tessuto impermeabile.
Era una sera molto buia, e lui lo considerò un vantaggio: a quell’ora la gente era tutta a casa.
La stazione spiccava nell’oscurità grazie alle gigantesche finestre ovali dalla luce bianca; accelerò il passo e si infilò attraverso il cancello di ferro nero decorato a motivi di viticci.
Di fronte a lui, c’era il cartello degli arrivi e delle partenze: la lastra di metallo bianca con incisi i nomi delle stazioni e delle località suddivisi in due tabelle con la dicitura: Arrivi e Partenze, seguiti dalle colonne degli orari, era rimasto lo stesso della sua giovinezza: erano sempre gli stessi. 
Devan Myrsen si fregò le mani.

Estratto dal racconto "Ritorno a casa" di Alexandra Fischer, secondo piazzato al Premio Midgard Narrativa 2023, presente nell'antologia "Hyperborea 7", Midgard Editrice 2023.




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