martedì 12 ottobre 2021

L'esercito delle ombre

 di Massimo Giachino.




In un tempo ed in un luogo di difficile collocazione temporale prosperava il regno di Thindall, governato da un re giusto ed amato dal suo popolo: Re Solomon.
Immense foreste e folta vegetazione, in cui predominava il verde ed il vermiglio, dominavano quelle lande dove, alle pendici del Monte delle Aquile, si stagliava imponente il castello con le sue alte mura.
La vita nel regno scorreva tranquilla, guidata dalla mano sicura ed attenta di Re Solomon. Era arrivato alla soglia dei 50 anni, ma il suo fisico mostrava ancora tutta la sua forza e la sua integrità. I lunghi capelli iniziavano solo ora a perdere quel nero corvino di cui era sempre stato orgoglioso e che curava quotidianamente con attenzione, premura che adoperava anche nell’occuparsi del suo amato pizzetto che lisciava quando qualche pensiero lo tormentava. Una corona argentea dai disegni semplici in cui spiccava il grande topazio centrale definiva il suo capo. Era solito indossare una tunica azzurra con una grande effige sul petto raffigurante un grande scudo circolare argentato con una “T” grondante liquido color rubino al centro, simbolo che idealmente indicava come il regno di Thindall sarebbe stato difeso fino alla morte.   Egli era salito al trono tanto tempo fa, quando suo padre non fece ritorno dalla Grande Battaglia Rossa, così chiamata in ricordo di tutto il sangue che fu versato, ma non invano.
All’epoca Solomon era un giovane principe di 20 anni, anche se la sua giovane età non gli impedì di distinguersi nella difesa del regno, tanto da essere in breve nominato capo delle guardie del Castello.
Durante quella terribile battaglia era schierato a fianco di suo padre e, purtroppo, lo vide perire dopo aver combattuto con onore e coraggio, sotto i colpi dei ribelli.
Dopo aver seppellito il suo amato padre, Solomon venne incoronato Re proseguendo il cammino per portare prosperità e serenità nel regno.
Perseguendo questi ideali si circondò di consiglieri e studiosi, tra cui spiccava l’arguzia e la vasta conoscenza in ogni campo di Shadack.
Spesso avvolto in un vermiglio mantello con cappuccio, lo si vedeva non di rado aggirarsi per i corridoi del castello a raccogliere utili informazioni sul popolo e su cosa accadeva all’esterno, preferendo comunque la vita di castello, per sua stessa ammissione.
Un uomo nel pieno della maturità, occhi come il ghiaccio penetranti ed ipnotici, i fluenti capelli biondi perennemente raccolti in una coda. Il destino non fu clemente con lui, figlio unico di una semplice famiglia del villaggio, rimase orfano in giovane età a causa di un cavallo imbizzarrito delle guardie che, spaventato da un tuono improvviso, fuggì al galoppo travolgendo ed uccidendo i suoi genitori.
Re Solomon, venuto a conoscenza dell’accaduto, accolse il ragazzo a castello accudendolo come un figlio, sentendosi probabilmente in parte responsabile per quanto accaduto. Quel bambino crebbe dimostrando una intelligenza fuori dal comune ed una innata curiosità, la quale lo portò a passare molto del suo tempo nella biblioteca del castello, la sua sete di sapere non era mai sazia.
Facendo sua la storia del passato appresa dai testi Sacri, in breve tempo diventò un formidabile dispensatore di consigli su come affrontare gli eventi, divenendo in breve Primo Consigliere del Re.
Ma se dapprima i suoi suggerimenti diventarono irrinunciabili per una buona gestione del regno, ben presto Shadack cambiò direzione. Cominciarono lunghe ed intense discussioni con il Re reo, secondo Shadack, di pensare troppo al benestare del popolo e poco a quello del castello.
Ma su questo punto Re Solomon non cedette per nessun motivo, dando il via ai primi screzi e controversie con il suo fido consigliere. La cosa cominciò a prendere in poco tempo una brutta piega, tanto da culminare in un confronto pieno di rabbia e tensione fra i due, la cui fine sancì per sempre l’allontanamento di Shadack dal regno. Quest’ultimo, prima di andarsene promise di tornare quanto prima, ma questa volta in veste di nemico del regno, vendicando la morte dei suoi genitori ed incolpando il Re dell’accaduto.
Per alcuni anni nessuno ebbe più notizie di Shadack, ritiratosi in un remoto luogo del regno, ossia le paludi di Anaboa, un luogo inospitale in cui dalle basse nebbie ergevano costruzioni diroccate abbandonate dagli uomini da tempo immemore.
Qui Shadack riuscì in breve tempo a creare il suo regno di oscurità e diventarne il monarca indiscusso, riuscendo a reclutare alcune delle più aberranti creature di Thindall, oltre ad una folta schiera di reietti e briganti senza futuro che si aggiravano per il regno.
Shadack si avvicinò alla magia nera, facendo sue alcune tecniche che, ne era sicuro, sarebbero tornate utili per adempiere alla sua promessa. 
Re Solomon aveva un figlio, Nathan, che prese posto al fianco del Re quando Shadack abbandonò il regno.
Nathan era prossimo a compiere il 20° anno di età per cui, secondo le regole di Thindall, da quel momento avrebbe potuto diventare Re.
Il carattere del ragazzo era molto duro e spigoloso, cosa che lo aveva spesso messo in contrasto col padre, ma il senso di giustizia e lealtà li accumunava in modo indissolubile.
Un fisico più longilineo del padre, ma non per questo meno robusto, gli donava una straordinaria agilità, rendendolo insuperabile nei duelli all’arma bianca. Ma quello che lo rendeva un combattente unico nel suo genere era il Munir, costruito da Nathan stesso, il quale era costruito in parte in legno ed in parte in metallo, ibrido tra un arco ed una sciabola, utilizzabile in entrambe le conformazioni. Suo padre lo aveva iniziato all’uso della spada, di cui era un formidabile esponente, ma ben presto Nathan aveva scoperto di essere un cecchino inarrivabile con l’arco ed aveva quindi abbinato le due cose, traendone enorme vantaggio in battaglia.
Come suo padre prima di lui, era diventato Sovrintendente delle Guardie Reali, non disdegnando il ruolo di Consigliere quando suo padre richiedeva aiuto.
Una maglia in stoffa senza maniche ma con cappuccio, una cintura di cuoio e dei pantaloni che terminavano all’interno di un paio di stivaletti in pelle nera delineavano il suo abbigliamento. Gli abitanti del regno giuravano di non averlo mai visto senza la sua amata faretra sulle spalle al cui interno, oltre alle classiche frecce, ne spiccava una in legno lavorato con una singolare punta blu.
I capelli, perennemente lasciati in balia del vento e due occhi scuri e scrutanti, delineavano un’espressione che raramente lasciava spazio ad un sorriso. 
Chi si fosse avventurato nelle paludi di Anaboa, avrebbe stentato a riconoscere quei luoghi ove ora sorgeva una scura costruzione a pianta quadrata con sparute aperture che fungevano da finestre. Un ponte levatoio sagomato che ricordava l’ingresso ad una bocca infernale caratterizzava l’oscuro maniero. Al suo interno, nell’ampio salone centrale sostenuto da volte e colonne in pietra, si ergeva il trono di Shadack, luogo prescelto per riflettere e pensare. All’esterno il castello era circondato da ampi spiazzi bonificati dove lavoravano senza sosta centinaia di uomini, intenti a realizzare armi e corazze. Tutto lasciava pensare che presto un esercito si sarebbe messo in marcia.

Estratto dal racconto "L'esercito delle ombre" di Massimo Giachino, dall'antologia "Hyperborea 5" (Midgard Editrice).





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