di Gianluca Ricci.
IL GRANDE METAFISICO
Misconosciuti segni
quanti la mia età
(o il destino)
contiene
quest’oggi ritornano
come un’arte per vivere.
A loro fanno cornice
le specchiate virtù
del sogno.
19.8.1979
NON LA SOLITUDINE DI QUESTI MARI
Non la solitudine di questi mari
piuttosto l’incessante inquietudine
delle acque quando si muovono a tempesta
mi agita invece una stanchezza perenne
un moto infinito di cose irrisolte
sorrisi non ricambiati sguardi imbarazzati
la consapevolezza di un ciclo che chiude
e risponde con le stanche ritualità
del rinnovamento, i bilanci del dare
e dell’avere, la fatica dell’amore
o dell’avere amato...
2.4.1989
QUASI ALLA MANIERA DI OMAR KHAYYÅM
Ci infastidisce
- abituati a camminare al buio -
il tremore di una lampada,
ma tu porgi un canto nuovo,
una diversa nota s’accompagni
al vino che versi nel bicchiere.
17.7.1989
ORATORIO SU COSE SACRE E PROFANE
Se la bellezza è un fiore
che un giorno si disvela e muore
è pur vero che vecchiaia e malattia
di più non durano ed anzi
e con esse alla fine tutto tace
e s’invera nell’incanto estremo.
20.1.1998
ALLA FINESTRA SI PRESENTA
Alla finestra si presenta
un orto abbandonato,
rugiada sulle foglie
e sui vecchi attrezzi consumati:
poi tutti li carezza la luce del tramonto
e me pugnala la spina
di una rosa appassionata.
27.2.1998
IL SORRISO DI EPICURO
Che pena, che danno arreca al Demiurgo
un filo verde che in mare d’erba annega
o un grano di silice nella mota perso?
Nessuno o almeno quanto il sorriso
di un uomo nella notte spento.
5.6.1998
POICHÉ IL NERO ELLEBORO
Poiché il nero elleboro
possa dirsi vivo,
conviene che l’inverno
non sia concluso,
ma che la luna lo faccia
compagno al bucaneve
quando fiorisce
sotto il pungente vento.
Come te ama l’ombra
e le linee di confine
che il bosco traccia
tra sé ed i prati
allorché l’acqua
scende oltre il cerchio,
mai perfetto,
delle alte felci.
Allora, anche un campo
aperto è il regno
della viola e dell’oscuro
non-ti-scordar-di-me.
12.3.2000
PRIMA CHE MAGGIO
Prima che maggio riservi spazio
soltanto alla sua perfida regina,
che ogni colore assume
ed ogni forma vince,
la rosa, dico, una,
nell’infinita forma
del suo bocciolo,
ancora una parola ci accomuni
e salvi dall’oblio come quei fiori
che in gruppo vivono
o in siepe addirittura:
lo svenevole gelsomino,
l’azalea cespugliosa,
la torbida camelia
e la fragile gardenia
ed altri ancora,
ma non si dica che dall’uno
nasce sempre il tutto o che questo
in quello si riduce:
fiori si nasce, ma in petali
il vento ci sospinge.
26.3.2002
Estratto da "Anbar" di Gianluca Ricci, seconda edizione, ebook, Midgard Editrice 2020
http://midgard.it/anbar_ebook.htm
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