di Alexandra Fischer
Le sabbie viola rilucevano nella pienezza del lungo giorno desertico.
Pochi alberi contorti e spinosi intervallavano il percorso qua e là e il suolo era disseminato di sassi acuminati e spine.
Due figure affiancate cavalcavano a ritmo costante, ma non troppo frettoloso, per non sfiancare i loro animali provati dal lungo percorso.
La guida tirò il viaggiatore per l’angolo del mantello: “Guarda laggiù.
La distesa di sabbia, a un certo punto, era interrotta da una costruzione nera, di forma conica.
“Cos’è, un cimitero?
La guida si arrotolò le maniche dell’ampia tunica lasciandogli intravedere il bracciale di legno che portava.
Il viaggiatore ne notò gli inserti di ceramica e ciascuno raffigurava una serie di case dalla pianta a forma circolare e dalle facciate decorate con le sagome di pe-sci dal corpo serpentino.
“Allora è uno dei vostri luoghi di divertimento. E magari salterà fuori un bel pasto con uno dei pescetti che vedo lì.
“Non scherzare.
Gli occhi a mandorla blu della guida mandarono un bagliore gelido.
Lui distolse lo sguardo.
Sarai anche una fanciulla dalla tunichetta a ricami intonati a quelli degli stivali, ma che caratterino. Meriteresti due ceffoni, ma mi servi. Per ora.
Lei gli additò l’edificio: “Quella è la Città Dormiente.
Lui la sfidò: “La mia gente la chiama il Deserto delle Maschere.
La guida chinò la testa, lasciandogli vedere l’elaborata acconciatura di treccine nere trattenute da fermagli di metallo e legno decorati con pietruzze opalescenti.
Il dettaglio lo fece rabbrividire, perché conosceva la storia di quel popolo, sconfitto dal suo soltanto perché fin troppo ricco di magia, nascosta negli oggetti e negli individui più innocui.
Era stato proprio l’eccesso di potere a sconfiggerli, rendendoli servi del suo.
Come questa bella ragazza, ad esempio. Il suo posto dovrebbe essere quello di concubina di uno dei guerrieri di grado più alto, se non del governatore stesso.
Quando la rialzò lo fissò con un’espressione impassibile: “Sia pure. Certo, il Deserto delle Maschere. Il vostro Perlustratore è stato visto lì per l’ultima volta e credo abbia trovato qualcosa di interessante.
“Ma dovrebbe essere già rientrato.
Lei allargò le braccia: “Cosa volete che ne sappia? L’unica è recarsi laggiù, non credete, Custode dei Rotoli?
Lui si chinò in segno di deferenza scherzosa: “Chiamami pure Jyrzo. E tu davvero sei solo Dama Lojkter?
La fanciulla congiunse le mani e chinò la testa, ma il suo tono era gelido: “Sì. È un nome rimasto attaccatomi, nonostante io lo abbia rinnegato pur di essere libera. Per te sono solo la guida che ti porterà a destinazione.
Sono il doppio di lei e armato con un paio di lame e due coltelli di riserva, potrei ucciderla anche subito, ma ho paura di lei.
La fanciulla gli fece segno di scendere dalla cavalcatura e lo imitò subito dopo.
Lui la osservò deluso mentre legava le cavalcature smilze a un albero disseccato che si trovava nei paraggi.
Prima di andarsene, tirò fuori di tasca un paio di radici bluastre che offrì a ciascuna delle due creature.
Con ancora nelle orecchie il rumore della loro masticazione, Jyrzo le obbedì, ma non senza eccepire: “Così ci metteremo di più. E il resto del Consiglio è impaziente di avere sue notizie. Non è da lui sparire così.
“Me lo hai ripetuto un’infinità di volte, e devo riconoscere che l’anticipo per i miei servigi è stato generoso. Ma, per sbrigarci nel migliore dei modi, meglio proseguire a piedi.
Gli indicò la costruzione sempre più vicina.
Ai lati della strada gli alberi grigi rinsecchiti si fecero più numerosi.
I loro rami parevano slanciarsi per ghermirli.
In lontananza, le cavalcature emisero un verso rauco: “Cos’hanno?
“Fiutano la morte che c’è stata qui e che ancora non se n’è andata. Guardati intorno. Per questo ho deciso di lasciare legate a quegli alberi. Altrimenti ci avrebbero disarcionati.
La guida mosse le dita e una piccola luce si librò in volo scomparendo subito dopo.
Bastò per zittire i due animali.
“Cos’era?
“Un falso ricordo. Credono di essere nei prati accanto al fondaco da dove le abbiamo comprate.
Jyrzo fece una smorfia e sfiorò senza volerlo la lama più lunga appesa alla cintura: “Una delle illusioni nelle quali il tuo popolo è pazzamente abile? Quanto durerà, Chawtin?
La guida seppe dominarsi per entrambe le battute offensive: “Abbastanza per fare quello che dobbiamo.
Farmi capire che siamo una razza di folli e interpellarmi con il nome del mio popolo come se fossi una stracciona.
Resosi conto di avere esagerato, Jyrzo addolcì: “Magari ci fossero illusioni così anche per gli esseri umani.
“Chi ti dice che tu non ne stia sperimentando una sulla tua pelle proprio ora, Aujarks?” ribatté la guida.
Lui snudò la lama più corta e gliela puntò alla gola: “Se da quell’edificio uscirà anche una sola belva, sarà il tuo ultimo trucco.
“Dimentichi che la mia unica fortuna è di essere nelle grazie del mio governatore, altrimenti non sarei qui, però ammiro voi della Razza Superiore.
L’emissario, tuttavia, non era così facile da placare, neppure con quel titolo onorifico.
La stanchezza del viaggio, la consapevolezza di dover fare in fretta e la paura del deserto lo avevano stravolto, tanto da fargli rinfoderare la lama a fatica.
Ma cosa mi prende? I Chawtin e il nostro popolo ora sono in rapporti più che cordiali. Sembrano davvero essersi rassegnati alla nostra dominazione.
“Doveva consegnarci il solito dispaccio sullo stato della vostra civiltà. I patti fra noi sono stati chiari.
La guida gli fece un inchino: “Sicuro. Anche il nostro governatore è impaziente di vederlo.
Poi abbassò la voce e tirò fuori dalla bisaccia un sacchetto nel quale brillava una polverina multicolore.
“Ci servirà per quando entreremo.
La sfiorò con l’indice, e poi la ritirò nel sacchetto: “Certo, non è detto che ci sia il vostro Perlustratore. Dicono che lo abbiano avvistato con un paio di bisacce.
Da una spuntavano dei rotoli.
Jyrzo si calmò.
Il particolare quadra. Allora è passato di qui, e ora si starà gingillando chissà dove. Ho sempre odiato la sua mania di dilungarsi da queste parti. Va bene voler tranquillizzare il Consiglio dei Quattro, ma lui sembra averci preso gusto a vagabondare in questo posto.
Ricordava di aver visto le immagini di quegli stessi luoghi prima della guerra fra i loro popoli.
Coltivazioni lussureggianti, cascatelle artificiali, edi-fici dalle mattonelle decorate di terracotta invetriata con figure di pesci serpentini e cavalcature come le nostre. E poi miniere di pietre splendenti come quelle che vedo qui, in possesso della mia guida. Mi sembra persino impossibile che il nostro popolo sia arrivato a ridurre così questo posto.
Si guardò intorno.
C’era solo deserto, qualche albero morto e l’edificio.
Una nebbiolina bluastra salì dalle sabbie e lo circondò, provocandogli sofferenze terribili: si sentì percosso e accoltellato.
La guida lo immobilizzò, mentre la nebbiolina si infittiva e il dolore aumentava.
Jyrzo svenne.
Quando riaprì gli occhi mise a fuoco con grande difficoltà la sagoma nerastra di un edificio rettangolare.
Estratto dal racconto "Il deserto delle maschere" di Alexandra Fischer, antologia fantasy "Hyperborea 4", Midgard Editrice 2020
midgard.it/hyperborea4_ebook.htm
www.ibs.it/hyperborea-vol-4-libro-vari/e/9788866722144
www.mondadoristore.it/Hyperborea-4-na/eai978886672214/
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