venerdì 18 ottobre 2019

Rinascita

di Marco Bertoli





Mi chiamo Hephaistia. In un’epoca di palazzi dalle mura bianche di marmo e i tetti gialli d’oro fui gran sacerdotessa della dea Ashtart. Adesso sono un involucro di pelle rinsecchita che aspetta.
Lo scorrere del tempo non ha più senso per me. La mancanza di significato, tuttavia, non implica che non sia consapevole delle ragnatele che il suo fluire mi ha tessuto addosso. Tutt’altro! Come i granellini di sabbia di una clessidra ho contato uno per uno i giorni seguiti a quello in cui una lancia mi perforò il cuore. Sono centodiecimilaquindici!
Oltre tre secoli sono passati da quel tiepido pomeriggio di primavera, eppure ogni istante è inciso nella mia memoria con la freschezza di un fiore appena sbocciato. Le urla improvvise di allarme all’esterno del tempio. La banda di barbari vestiti di pellicce che si rovescia dentro il luogo sacro abbattendo le guardie. Selvaggi bramosi di vendetta su quelli che definiscono ‘abomini’ perché sacrificano alla divinità le loro inutili vite. La disperazione che devasta i visi delle ancelle che corrono verso la statua gigantesca della nostra Signora. Il terrore nei loro sguardi mentre mi si stringono attorno in cerca di uno scudo alla loro verginità. Il mio avvampare purpureo di energia arcana pronta a scatenarsi.
Le folgori di luce che scaglio contro i cavernicoli ne inceneriscono più di una dozzina, ma non sono sufficienti a trattenere lo slancio del branco. Il ribollire dell’odio nei loro toraci villosi è più forte della paura d’affrontare la potenza della mia magia. Una manciata di respiri e ci sono addosso, un semicerchio di bocche sbavanti di rabbia e aliti marci.
I mostri a due gambe, però, non anelano a forme muliebri da violare: la strage è il loro unico e turpe desiderio. Il mulinare di armi con le lame di selce scheggiata m’invade gli occhi. La puzza di sangue e di viscere sparse sul pavimento lucido mi affoga le narici. I lamenti di agonia delle giovinette macellate senza pietà mi feriscono l’anima. I ruggiti bestiali di trionfo mi stordiscono le orecchie...
Poi tutte le sensazioni si cristallizzano in una trafittura alla schiena che mi strazia la carne e squarcia il cervello. Nel raccapriccio di vedere sgorgare una fonte di liquido scarlatto nel centro del petto nudo. Nell’orrore di contemplare una punta di pietra grigiastra che emerge nel solco fra i seni. Un istante prima di precipitare in un abisso intessuto di nulla raccolgo il rimasuglio di fiato rimasto nei polmoni. Appellandomi alla misericordia della dea, mormoro un incantesimo per salvarmi: “Ashtart pitye, epi mwen pral mandeaparan lanmò fini an”.
Da allora sono una mummia incartapecorita, ricoperta di polvere e distesa sopra il lastricato di un tempio in rovina. Circondata da scheletri scomposti, attendo nell’oscurità l’arrivo di un corpo femminile in cui riversare il mio spirito. Soprattutto di una mente capace non solo di accettare la mia volontà, ma anche di resistere senza impazzire alla violenza del potere sovrumano che mi pervade. Per quanto abbastanza coraggiose, o sciocche, d’avventurarsi qua dentro, infatti, nessuna delle discendenti dei miei assassini si è dimostrata meritevole di accogliermi. I loro teschi frantumati si sono aggiunti alle ossa con cui intrattengo mute conversazioni.
Questa è stata la mia condizione sospesa fino a oggi.
Poco fa ho avvertito l’avvicinarsi di una coppia di donne. Sono ancora lontane, tuttavia riesco a percepire il lavorio delle loro coscienze. Mi concentro sulle vibrazioni cerebrali per scoprire chi siano.
Una ha superato la trentina d’anni. Mi appare una figura alta e muscolosa. Il torso è inguainato in un’armatura di cuoio e lamine di metallo, il ventre e le cosce sono difese da un gonnellino di trapunta di lana. Appartiene alla rude stirpe delle Amazzoni. Non mi occorre altro per capire che non è adatta ai miei scopi: forza bruta e arti occulte non vanno d’accordo.
L’altra è poco più che adolescente. Per un momento la sofferenza che le domina i pensieri m’impedisce di studiarla più a fondo, poi è un grido di esultanza a erompere dalle mie labbra morte: è perfetta!
Mai come adesso ho pregato Ashtart con tanta intensità.



Estratto del racconto "Rinascita" di Marco Bertoli, vincitore del Premio Midgard Narrativa 2019, antologia fantasy "Hyperborea 3", Midgard Editrice 2019

midgard.it/hyperborea3.htm



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