lunedì 28 aprile 2025

Hr Hot Manager

 di Federika Jul e Davide De Lise.








Mi chiamo Sakura, o meglio il mio nome di battesimo è un altro, ma chiunque mi conosca mi chiama così e chi mi è più vicino, amici e colleghi di lavoro, accorcia in Saku. 
“Saku” mi piace, mi dà una sensazione di calore, di familiarità. 
Vi starete chiedendo perché proprio “Sakura”, perché adoro un profumo, ai fiori di ciliegio, che uso ogni giorno, e perché adoro la cultura giapponese, l’immagine dei fiori di ciliegio, in questi filari lunghissimi con i petali portati via dal vento, trovo sia romanticissima, il profumo che si espande nell’area circostante è forte e sensuale. 
Ecco, io mi sento così! 
Ho 31 anni, fra poco 32, li compirò il 26 di dicembre, non sono fortunella in questo senso, essendo una data a ridosso del Natale, di solito, ricevo un solo regalo unico, ma l’ambientazione natalizia mi ripaga. 
Sono una persona particolare, sono molto alta, mi ritengo carina di viso, con gli occhi molto espressivi, ma niente che faccia girare gli uomini per questo motivo. 
Mi accorgo invece che spesso mi guardano il seno, non che faccia qualcosa per nasconderlo, anzi il mio seno prosperoso, per me, è motivo di orgoglio. 
Ho i capelli corti in un taglio un po’ aggressivo e li tingo di lilla, in realtà non è proprio lilla, ma si avvicina al colore dei fiori di ciliegio, solo un po’ più acceso.
Ed ecco la particolarità, a livello sessuale ho sempre un fuoco acceso dentro, mi sento come un cerino acceso in mezzo ad un bosco d’estate, un soffio di vento e in un attimo si incendia il bosco e brucia! 
Amo il sesso in ogni sua forma, anche se sono una donna che non distribuisce favori, ma se mi capita di innamorarmi do il meglio di me! 
Sinceramente non mi è mai capitato di avere il classico “mal di  testa”, se mi capite.
Alle spalle ho una storia finita dopo diversi anni di convivenza, una storia d’amore grande e appassionata, finché non abbiamo scoperto che non posso avere figli.
Il nostro amore nel tempo si è spento ed è cambiato, la mancanza di un figlio nella nostra vita ci ha allontanati. 
Io potevo rassegnarmi, alla fine non è colpa di nessuno, ma lui non ci riusciva. 
Un giorno mi ha guardato con freddezza e mi ha detto che voleva un figlio e adottarlo non era una strada che voleva percorrere, non se la sentiva di affrontare un incubo burocratico, quando sarebbe bastato fare sesso con una donna fertile. 
In sostanza non importava l’amore per me, importava solamente la progenie.
Ho sempre pensato che un figlio fosse il frutto dell’amore e non che lo scopo di stare con una persona fosse avere un figlio.
A quel punto sono caduta in un buco nero, ho dovuto ricominciare a vivere da sola, a dormire da sola, pensando che il fatto di essere sterile sarebbe stato un ostacolo non da poco per una nuova storia d’amore.
Mi ero buttata a capofitto sul lavoro, come una pazza, per non pensare, per non sentire il dolore, ma dentro di me il fuoco continuava ad ardere sempre più forte.
La notte sogno, sogno tantissimo e al risveglio quasi sempre mi ricordo ciò che ho sognato, come tutti sono influenzata da quel che mi capita durante il giorno, ma tante, tante volte faccio sogni erotici al limite del porno.
Se al mattino apro gli occhi, ricordando di essere stata piacevolmente presa e sbattuta ovunque, non ho scampo, mi ritrovo con gli slip bagnati, i capezzoli turgidi, un calore in tutto il corpo che riscalda il letto e ho solo un pensiero, mettermi le mani tra le cosce e toccarmi pensando al sogno.
Ho riscoperto il piacere di masturbarmi, anche se mi manca da morire il sesso con un uomo. 
Vorrei di nuovo provare la sensazione fantastica di essere desiderata fino alla follia, di muovermi sinuosa cavalcando il mio uomo, mentre mi stringe le tette e mi mette i capezzoli in bocca, godendo di me, dice il mio nome più e più volte: "Saku, Saku… Saku sei solo mia, ti voglio!”


Estratto dal libro "Hr Hot Manager" di Federika Jul e Davide De Lise, Midgard Editrice.


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martedì 15 aprile 2025

Intervista a Maria Elena Gatto

 




Buonasera Maria Elena, come nasce il libro Hypnotic: viaggio verso l’infinito?

Buona sera a voi, come prima cosa ringrazio il mio editore per aver pubblicato il mio libro, un saggio letterario psicologico. Perché saggio? Perché letterario? Perché psicologico? Il libro è un saggio perché esprime dei concetti al di là di un semplice romanzo, esprime pensiero, è radicalmente intellettuale. Il mio pensiero si fonda sull’immanenza. Inoltre il libro è letterario, perché usa anche lo stile della narrativa. Infine è psicologico perché analizzo il pensiero dell’uomo nel suo complesso. Il titolo del libro è nato la mattina stessa in cui avevo deciso di scrivere qualcosa. Qualcosa che fosse un viaggio mentale. Lasciarsi andare, come ipnotizzati, in questo maestoso viaggio. L’inconscio allora ha preso il sopravvento. Da lì è nato il tutto.


Cosa rappresenta la scrittura per te?

Dirò solo poche parole per esprimere il mio concetto di scrittura: verba volant scripta manent. Ciò che rappresenta per me la scrittura non è utopia e stato idilliaco, ma senz’altro concretezza.


Che libri ami leggere?

Mi piace molto leggere, libri di vario genere. Ne cito due in particolare che mi hanno colpito:  Mordere il cielo di Paolo Crepet e  Mezzanotte di Dean Koontz.





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sabato 12 aprile 2025

Maria e Maria

 di Giulio Volpi.








Che iella! Che serata di merda! Eppure aveva avuto in mano delle ottime carte e aveva sperato di rifarsi almeno in parte delle perdite dei giorni precedenti. Sembrava la volta buona ma il colpo gobbo era arrivato da quel figlio di puttana del ragionier Bocci che lo aveva fregato con quel Full di Assi, dopo che il notaio Fini e il Dr. Pasquarelli si erano ritirati e lui stesso aveva dato l’impressione di voler abbandonare il piatto. Proprio lui, Enrico Bocci, ex compagno di banco all’Istituto Tecnico. Quante volte gli aveva passato il compito in classe a quel furbetto! Non aveva voglia di fare nulla e passava interi pomeriggi al bar. Lui invece se la cavava molto bene, specie con la matematica, ma si era iscritto a Ragioneria solo per fare contento il padre che intendeva inserirlo nella gestione dell’attività commerciale di famiglia. Di fare il ragioniere però Antonio proprio non ci pensava e sognava invece di iscriversi all’università. Poi però, dopo la morte del padre, era entrato nel giro del poker d’azzardo e quella sera aveva abboccato stupidamente, rilanciando alla grande dopo che il notaio Fini e il dottor Pasquarelli si erano ritirati con nonchalance. Aveva perso una bella somma e mentre si incamminava a passi lenti e stanchi verso casa si rese conto di aver fatto una enorme cazzata. La speranza di fare un po’ di soldi e raddrizzare il bilancio del negozio l’avevano spinto oltre il limite e adesso, invece, si trovava veramente in difficoltà. Da tempo l’attività era in ribasso e gli utili erano appena sufficienti a pagare le spese e lo stipendio di Ruggero, affezionato e fedele dipendente da quasi trent’anni. I nuovi esercizi commerciali, più moderni e organizzati facevano una concorrenza spietata e il vecchio e storico “Emporio”, fondato dal padre quasi cinquant’anni prima, non reggeva più il passo. Augusto Bonelli aveva avviato l’attività in tempi molto diversi. “L’Emporio” allora rappresentava una realtà importante a Contea. Era un’attività commerciale che forniva alla clientela prodotti di ogni genere: aveva la licenza per prodotti alimentari ma anche per tabacchi, oggetti e utensili per la casa, abbigliamento sportivo e tanto altro. Potevi trovarci anche un paio di stivali o le cartucce per il fucile da caccia e poi bastava chiedere a lui, il cavaliere, come tutti lo chiamavano, e ti trovava qualsiasi cosa. Adesso era difficile mantenere la prestigiosa efficienza di allora; la carenza di liquidità rendeva difficile anche l’approvvigionamento dei prodotti che era necessario effettuare con attenzione, rendendo necessarie anche continue dilazioni dei pagamenti. Il figlio non si era mai dedicato seriamente all’attività di famiglia e, nonostante il diploma di ragioniere conseguito a pieni voti, aveva seguito stancamente l’attività, delegando l’ormai attempato collaboratore che faceva con passione il suo lavoro e aveva a cuore il destino del negozio come se fosse suo. Era stato per lungo tempo il braccio destro del Cavalier Bonelli e partecipe del successo commerciale allora raggiunto, ma adesso era difficile tamponare le carenze organizzative e le risorse per attuare un adeguamento alle nuove esigenze del mercato non c’erano. Dopo la morte del titolare, al quale era molto affezionato, Ruggero aveva dovuto di fatto assumere la direzione del negozio cercando di risolvere volta per volta le numerose problematiche che si presentavano. Continuando così però non si poteva durare a lungo. Da tempo non avanzava richieste di aumento di stipendio e più volte aveva manifestato le sue preoccupazioni per il futuro. Antonio però non era affatto portato per l’attività commerciale e aveva di fatto affidato a lui la gestione. Intanto però le vendite erano notevolmente diminuite e l’emporio era frequentato per lo più dai pochi clienti affezionati rimasti. Ruggero stimolava con insistenza il giovane a intervenire ma questi era del tutto incapace di affrontare la situazione e non aveva trovato di meglio che tentare la fortuna al gioco. Del resto il poker era diventato da tempo la sua occupazione abituale. Qualche volta vinceva, ma purtroppo, alla lunga, si era sputtanato gran parte dei risparmi di famiglia e negli ultimi tempi gli stava andando piuttosto male: la fortuna gli aveva girato le spalle e, nonostante poteva considerarsi un giocatore esperto, aveva perso al gioco un mucchio di soldi. Quella sera poi, nel tentativo di rifarsi con quella mossa azzardata, era veramente a terra.    


Estratto dal libro "Maria e Maria" di Giulio Volpi, Midgard Editrice.


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