martedì 19 dicembre 2023

Il viaggio dell'eroe nel mito germanico e indoeuropeo

 di Halfdan Fjallarsson.







Nell’immaginario collettivo moderno, la figura dell’eroe ha assunto contorni ormai indistinti e fumosi. 
Spesso sostituito da personaggi improbabili o da anti-eroi. 
Questo “archetipo” è stato “demansionato” e ridimensionato al punto da essere considerato “perdente” piuttosto che un modello ispiratore quale era per le generazioni precedenti all’attuale “era dell’informazione”. 
Oggi l’eroe è colui o colei che riesce nell’ardua impresa di cavalcare le mode del sistema uscendo da condizioni di miseria materiale fino a divenire una cosiddetta “icona-pop”. 
Condizione che lo eleva a tal punto da divenire una sorta di oracolo dei social-media (vedi anche influencer). 
Spesso però questi acrobati del web, difettano terribilmente in più di una qualità umana e la loro influenza nuoce gravemente alla salute mentale del loro pubblico e del portafoglio di quest’ultimo. 
Neanche la letteratura fantasy di genere “heroic” e i fumetti di supereroi occidentali risultano essere isole felici per la figura arcaica dell’eroe. 
Opere che dovrebbero essere di puro intrattenimento sono diventate uno degli strumenti più subdoli del politically correct e del pensiero dominante. 
Lo stesso non possiamo dire però della controparte orientale, ovvero degli “Anime” e dei manga, dove il modello eroico è rimasto ben preservato ed attuale ma sempre ancorato alla tradizione del Sol Levante, che vuole comunque l’eroe anche se scanzonato e anticonformista, pronto al sacrificio per il bene comune e per le persone a lui care. 
In un’epoca come la nostra dove il confronto uomo-macchina sembra sempre più imminente, le gesta di personaggi come Fionn mac Cumhaill , Beowulf, Sigfrido  o Arjuna  sembrano lontanissime più che nel tempo e nello spazio, quanto proprio al pensiero e allo spirito. 
In una società che ha ormai venduto il sacro e la spiritualità come se fossero cosmetici, sembra quasi impossibile veder venire alla luce esseri spiritualmente evoluti, scelti per questa loro caratteristica a divenire “la mano del Fato” che giunge in soccorso ai deboli, ai disperati e agli oppressi. 
Ed è forse proprio questo il compito dell’omologazione di massa forzata, impedire che nascano degli eroi. 
Perché l’eroe è tale dalla nascita anche se non ha ancora intrapreso il “viaggio” che lo porterà a diventare ciò che è. 
La sua natura a metà tra l’umano e il divino è già palese in tenera età e per questo spesse volte il fanciullo viene nascosto dalle minacce incombenti per essere poi addestrato dal mentore nel suo compito sacro.  
Il modo di vedere gli eroi, comunque, non è mutato soltanto in questa epoca, ogni cultura ha avuto la sua interpretazione a partire dalla cosiddetta “era degli eroi” fino all’avvento del monoteismo che li trasforma in “santi” e martiri. 
In ogni caso gli eroi non sono spariti, attendono lì, in quel luogo mistico e senza tempo, dove essi sono ancora celebrati e riveriti, attorniati da chi li ha preceduti, forse in attesa di un evento cosmico che li riporterà in azione o forse soltanto in contemplazione delle meraviglie dell’universo, ricompensa più che meritata per chi ha incarnato il massimo potenziale dell’essere umano e si è opposto al caos strisciante che domina nella nostra epoca...


Estratto dal saggio "Il viaggio dell'eroe nel mito germanico e indoeuropeo e i riflessi nella società moderna" di Halfdan Fjallarsson, "La via dell'etenismo", AA.VV., Midgard Editrice 2023




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