lunedì 13 gennaio 2020

Una bionda difficile

di Augusto Rasori





Il bar sembrava tranquillo.
Beh, alle due di un martedì pomeriggio di quello sfintere di paese le cose non potevano certo essere diverse. 
Ma la giornata procedeva fantastica. 
Il sole splendeva radioso in un cielo nitido come un televisore HD su cui i gatti non avevano ancora collaudato le unghie. 
Il caldo non incollava i vestiti alla pelle col Vinavil, giugno doveva ancora finire e il capo era dovuto uscire per un qualche impegno improvviso lasciandomi a suo malincuore da solo a gestire l’attività anche se solo per pochi minuti.
Certo, non prima di avermi fatto promettere, e vorrei vedere, che mi sarei comportato con giudizio.
Io, naturalmente, avevo promesso, ma dato che stavo tenendo le dita incrociate dietro la schiena, son mica nato ieri, non mi reputavo vincolato a quel gravoso impegno e ora potevo finalmente approfittarne per portare a termine il progetto che avevo covato da un bel po’ di tempo.

Intorno non c’erano testimoni. 
Carlin e Gennaro, nelle loro rigate finte polo di marca, erano seduti nel dehor a giocare a scopa, troppo impegnati a inimicarsi l’aiuto del Signore, a commentare la campagna acquisti del Napoli e le gambe, per non dire altro, delle donne di passaggio, per poter notare movimenti sospetti dentro al bar.
È vero, rimaneva Mimmo l’invisibile, ma anche lui era talmente assorbito dal suo passatempo preferito che non correvo il minimo pericolo che si accorgesse di me.
Così continuando prudentemente a guardarmi intorno, come un bambino in una chiesa la prima volta che va a confessarsi, presi un boccale dal ripiano, mi avvicinai al rubinetto e, colmo di emozione, cominciai a spillare un po’ di quella radiosa, dorata, schiumosa, freschissima birra.
Aspettavo quel momento da una vita. 
Era cominciata a scuola quando avevo letto di quei frati nel nord Europa che se la producevano per il loro monastero. 
Ecco una religione che potrei seguire, avevo pensato, e ora stavo finalmente per fare la mia vera prima comunione.
Ma come tutti i novizi avevo appena commesso un errore da sprovveduto.
Preso, com’ero, dall’emozione, avevo scordato di inclinare il bicchiere ed ora una spesso strato di schiuma stava coprendo il liquido agognato come foschia sulla Pianura Padana.
“Pazienza” pensai, “ci vuole pazienza”. 
Avevo tempo a sufficienza per portare a termine il rito con tutti i crismi e la fretta non avrebbe certo giovato.
Lo strato si stava assottigliando. 
Avvicinai le labbra all’orlo del boccale e cominciai a respirare l’effluvio maltato mentre inclinavo piano il liquido verso la mia bocca.
Il momento era giunto. 
Finalmente venivo battezzato.
“Scusa, c’è un bagno?”
Riportai il bicchiere in posizione verticale. 
Talmente lesto che un po’ del prezioso nettare si rovesciò sul bancone.
Davanti a me era comparsa una ragazza bruna dall’aria nervosa di circa 30 anni.
Più o meno dell’età del capo. 
Il capo è il mio punto di riferimento un po’ per tutte le cose.
“La porta in fondo” dissi indicandole la direzione.
Lei si diresse dove le avevo detto mentre diventavo rosso come un San Marzano dalla vergogna, come un ragazzo sorpreso a sfogliare una rivista sconcia in camera sua dopo una lezione di catechismo.
Appena si chiuse dentro cercai di riprendere la concentrazione per tornare a dedicarmi alla mia importante iniziazione.
Fuori Carlin e Gennaro stavano aristocraticamente commentando la nuova arrivata.
"Culo basso”
“Me la ficcassi ugualmente”
Scossi la testa.
Avevo tempo.
Si sa che le donne quando vanno in bagno ci stanno circa quanto 8 maschi virgola 4.
L’ha detto la TV.
La matematica serve soprattutto a calcolare queste cose.
Riportai la bocca sul bordo di quella piccola preziosa cisterna di vetro, la foschia spumosa era ancora lì ma non poteva impedirmi di immergermi nel tesoro che stava celando sotto di sé.
Eccomi, mi tuffo in te…



Estratto dal racconto "Una bionda difficile" di Augusto Rasori, vincitore del Premio Giallobirra 2010, edito nell'antologia Giallobirra 2, Midgard Editrice.


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