sabato 27 novembre 2021

Intervista a Marco Alimandi

Intervista a Marco Alimandi, autore del saggio “Þórr e la riconquista del martello”, edito nella Collana Eddica della Midgard Editrice.






Buongiorno, parlaci di questa opera, come nasce?

Il voler realizzare una sorta di edizione critica della Þrymskviða era un'idea che mi frullava nella testa sin dal mio primo anno di Università; all'epoca intendevo farne la mia tesi di laurea ma per svariate ragioni abbandonai il progetto. 
Rimasi però piacevolmente sorpreso quando, per il corso di Filologia germanica, la professoressa del Zotto assegnò come fonte per lo studio della lingua scandinàva proprio la Þrymskviða. Decisi quindi di rispolverare quel vecchio progetto di edizione critica con uno scopo, lo ammetto, molto prosaico: superare al meglio l'esame di Filologia germanica.
In seguito, essendo amico di Fabrizio Bandini e conoscendo la sua passione per la mitologia germanica, decisi di proporre alla Midgard Editrice la realizzazione di quest'opera sulla base della suddetta edizione critica; lo scopo, stavolta, era quello di fornire un supporto per tutti coloro - studenti e non - che fossero intenzionati ad approcciarsi allo studio dei testi germanico-scandinàvi. Per favorire i lettori estranei al mondo universitario, ho cercato di smussare l'impostazione accademica dell'opera mantenendo però un tono simil-professionale in quelle sezioni dove era strettamente necessario.



Come mai hai scelto fra i carmi eddici l’Alvíssmál e la Þrymskviða?

Come già detto in precedenza, la scelta della Þrymskviða si lega a questioni di studio universitario ma anche al fatto che il suo testo risulta essere abbastanza semplice e lineare da essere facilmente compreso - alla stregua del metro poetico, il fornyrðislag, con cui il suddetto carme è impostato.
Per quanto concerne la sezione dell’Alvíssmál che ho editato e tradotto, la scelta è stata dettata soprattutto dal contenuto dell'opera. Nelle quattro strofe analizzate in quest'opera viene mostrata la percezione del fisico, del reale degli Dèi e degli uomini, due visioni in aperta opposizione concettuale e etimologica. 
Nonostante gli uomini siano figli degli Dèi, con questi ultimi condividono poco o nulla del loro potere, eppure sarà proprio la stirpe degli uomini ad affrontare - vuoi al fianco degli Dèi, vuoi al fianco delle forze del caos ordinatore - il giorno del crepuscolo per una nuova rinascita.



Sei un appassionato della cultura nordica, da quanto tempo è che ti dedichi allo studio di questa tradizione?

Una domanda complicata. 
Se con "studio" si intende una pratica scientifica volta all'approfondimento filologico e codicologico delle testimonianze manoscritte del mondo germanico giunte sino a noi, la risposta è: da quando ho appreso gli strumenti per farlo, ossia da qualche annetto a questa parte con i miei studi universitari.
Se con "studio" si intende una ricerca personale e una lettura "casuale" dei testi, la risposta è: da quando ero piccolo. Ricordo che da bambino mio padre mi raccontava leggende delle Alpi - fra queste vi era quella dei Fanes e della loro regina, Dolasilla. Dal mondo ladino di Karl F. Wolff, autore della raccolta dei suddetti racconti alpini, mi spostai sull'universo germanico-scandinàvo, leggiucchiando qua e là sezioni di saghe e parti della Snorra Edda e della stessa Edda poetica, e poi sul canto germanico-continentale dei Nibelunghi. Più in là, al liceo, iniziai sistematicamente a leggere il Beowulf e il resto dell'epica anglosassone, incominciando ad approcciarmi non solo al contenuto dei testi che leggevo ma anche alla loro lingua. Ne nacque così un percorso dapprima individuale ma che presto sfociò in quello universitario di cui accennavo all'inizio.
Nonostante io senta più prossima la tradizione germanico-continentale dell'Hildebrandslied e del canto dei Nibelunghi, ritengo che la tradizione germanico-scandinàva, sorella della prima, sia imprescindibile per chiunque voglia approcciarsi al mondo "nordico" e pongo il nordico fra virgolette ché la diffusione di quanto si può dire "germanico" oltrepassò tempo fa la Norþweg, quella via del Nord di cui ci parlano gli anglosassoni, sino ad arrivare ben oltre i confini alpini della penisola italiana con gli Ostrogoti prima e i Longobardi poi.





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