lunedì 28 dicembre 2020

Hyperborea 4: un’antologia fantasy esotica







La parola che più di tutte, secondo il mio parere, descrive l’antologia Hyperborea 4 è “esotica”.
I racconti di quest’antologia fantasy permettono al lettore di visitare molti posti diversi tra loro, tutti caratterizzati in maniera molto specifica e originale: grazie ad Alexandra Fischer possiamo visitare il Deserto della Maschere e le sue polverose rovine; con Marco Bertoli possiamo sperimentare la sensazione di essere imprigionati in buie e sporche sale di tortura; attraverso le parole di Giulio Rosani visitiamo l’antico castello di Hohenstein che sorge sui pendii di una collina coperta da una folta foresta e, infine, Ottavio Nicastro ambienta il suo racconto in una dimensione urbana dei giorni nostri.
Un viaggio attraverso stili diversi, ambientazioni diverse, ere diverse che non può non arricchire il lettore incuriosendolo e tenendolo incollato a ogni pagina dell’antologia.

Affezionarsi ai personaggi che danno vita alle quattro storie raccontate in Hyperborea 4, e odiare alcuni di loro che si pongono spesso come antagonisti di spessore e profondità narrativa, è inevitabile. La maestria degli autori nel descriverli nei tratti fisici, nel carattere e nei comportamenti è tale che alla fine dell’antologia dispiace sinceramente doverli lasciare: una malinconia frutto del piacere che ha dato averli conosciuti e della tristezza di doverli lasciar andare per riviverli solo nella memoria… O in letture successive.


ll deserto delle maschere - Alexandra Fischer
Un fantasy decisamente Sword and Sorcery impregnato di mistero dall’inizio alla fine.
Alexandra racconta le traversie di una guida e di un viaggiatore alla scoperta di antiche rovine perdute tra sabbia e dune.
Il Deserto delle Maschere era un tempo abitato da una popolazione ormai sconfitta e in via di estinzione a causa del troppo potere che attraverso la loro magia avevano risvegliato. Le antiche rovine nascondono molti segreti e uno di questi, se rivelato, è in grado di riportare alla luce un potere che forse non dovrebbe essere ridestato.
La guida è una fiera ma domata appartenente ai Chawtin, popolo ormai domato e spezzato dai dominatori di cui Jyrzo è rappresentante di spicco. Suo malgrado, la Chawtin dovrà guidare Jyrzo attraverso le antiche rovine e farlo arrivare illeso alle maschere: potente manufatto sul quale i dominatori vogliono a tutti i costi mettere le mani.
Non sarà un viaggio di piacere, per nessuno dei due: acciaio e magia, nemici insidiosi, tradimenti e colpi di scena faranno da prodromo a un finale inaspettato.


Dipinto - Marco Bertoli
Qui le tinte si fanno fosche, gotiche, e l’ambientazione fumosa e sporca come in un romanzo di Howard Phillips Lovecraft. Proprio come in uno di quei racconti del terrore, nell’opera di Marco Bertoli l’umanità rivela tutte le sue più ignobili fattezze: lussuria, avidità, masochismo, sete di vendetta e ira. Tratti forti, decisi, che pennellano un racconto che va letto tutto d’un fiato.
Al centro di tutta la vicenda sta “La fustigazione di Domitilla d’Anduze de Saint-Bonnet”, un dipinto tanto sublime per realismo quanto atroce nel suo soggetto giacché rappresenta la scena di una ragazza allo stremo delle proprie forze sottoposta a crudeli quanto lussuriose e indecenti torture da parte di un uomo on indosso un cappuccio nero e la cui bocca è distorta in un ghigno che non possiede nulla di umano.
Il possessore di tale dipinto è un uomo altolocato e rispettato nei salotti che contano ma che ama sguazzare nell’indecenza, nel peccato e sopra ogni cosa nel masochismo: ciò cui tieni maggiormente è infatti la sua collezione di quadri raffiguranti donne seviziate; una collezione che riempie le pareti dello studio e dalla quale trae piacere ogni volta che il suo istinto lo richiede.
Qualcuno ha avuto l’ardire di rubargli proprio “La fustigazione di Domitilla d’Anduze de Saint-Bonnet”, il quadro a lui più caro, e per recuperarlo assolderà due cacciatrici di taglie: Ardweena e Artemisia, un’Elfa e la sua compagna unite da affari di soldi ma anche di letto. Le due cacciatrici di taglie oltre a riportargli il quadro dovranno consegnargli la testa del ladro. 
Per le due la missione si rivelerà assai ardua per via dell’identità del ladro in questione: una Necromante.
Anche qui il finale è quello da lasciare esterrefatti, a bocca aperta. Nulla finirà come ce lo si aspetta… Leggere per credere.


La fine di un lavoro ben fatto - Giulio Rosani
Giulio Rosani contribuisce a Hyperborea 4 con un racconto classicamente fantasy nell’ambientazione e nella trama.
L’avventura di Hannah si svolge interamente all’interno dell’antico castello di Hohenstein che, a detta dell’autore, “si ergeva su una collina coperta da una folta foresta e dominava la pianura sottostante”.
Il classico castello dalle solide e alte mura di pietra all’interno del quale, in tempi remoti, abitava il signore di quelle terre assieme alla sua famiglia, alle guardie e ai paesani artigiani e contadini. Un castello che ha visto tempi migliori e che, al tempo narrato da Giulio Rosano, è poco più di qualche rovina abitata da una malvagia creatura.
È proprio nei pressi di quel castello che Hannah, assoldata dall’Abate di San Giorgio, deve recarsi per stanare l’immondo essere che lo abita e liberare così, una volta per tutte, le terre che lo circondano dal suo malvagio influsso. L’avventuriera, già avvezza a simili incontri, dovrà infine dar fondo a tutte le sue risorse e a tutte le sue abilità magiche e di guerriera forgiata dalle molte battaglie per avere la speranza di vedere il sole sorgere ancora una volta. 
Hannah dovrà anche scegliere tra la vita e la morte, tra la sua missione e la sua coscienza: nel corso dell’avventura, infatti, scoprirà di non essere sola e che oltre alla presenza maligna che ammorba l’aria del castello altri avventurieri sono lì per cercare gloria e fortuna… Chi sopravvivrà alla notte?
Leggete questa epica avventura fantasy per scoprirlo.


The Monster - Ottavio Nicastro
Tornano in questa antologia fantasy le tinte gotiche e il mistero alla Edgard Alla Poe.
Nella normalità di ogni giorno, tra le strade e i palazzi delle nostre città, nelle case dei nostri stessi vicini possono nascondersi verità scomode da raccontare e atroci anche solo da pensare. Eppure esistono.
Ottavio Nicastro narra una di queste vicende che vede una persona normale che si reputa e che è reputato dalle altre persone un buon vicino, un uomo onesto e instancabile lavoratore trasformarsi in qualcosa in cui non vorrebbe trasformarsi e diventare qualcosa che avrebbe mai pensato di poter diventare. Eppure, in una certa misura, non è certo colpa sua bensì di quella vicina terribilmente affascinante: una donna alta, statuaria, provocante e dagli occhi di un nero così profondo da penetrare nell’intimo di ogni uomo lasciandovi un segno indelebile. Se non fosse già abbastanza, quella donna fatalmente desiderabile è essa stessa così desiderosa di compagnie maschili che con una frequenza disarmante passa da un amante all’altro. Tutti quanti uomini molto belli: fisici scolpiti da lunghe ore in palestra, uomini giovani e forti, maschi procaci.
Al povero Luigi, uomo comune nelle finanze e nell’aspetto, non rimaneva che osservare e sognare e, alle volte, sperare. Luigi sempre osservava di soppiatto quella donna che l’aveva stregato e, per questo, si sentiva terribilmente in difetto, quasi un mostro. Poteva davvero definirsi un mostro o solamente vittima di tanto fascino?
Un bel giorno le sue speranze diventano realtà: Caterina lo degna di uno sguardo, gli parla e addirittura lo invita a entrare in casa… La vita finalmente sorride a Luigi!
Ciò che succede da quel punto in poi non mi è concesso raccontarvelo, dovrete scoprirlo da soli. 

Davide Zaffaina 





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