lunedì 21 dicembre 2020

La colpa imperfetta







Il Dottor Privitera aveva già fatto presenti le sue prime considerazioni. L’ecchimosi non era molto vasta, sembrava che il colpo fosse stato inferto con un oggetto non appuntito ma di piccole dimensioni, comunque con una certa violenza. 

“È probabile che sia lesionato anche l’osso parietale… la morte però sembra avvenuta per annegamento”, aveva detto al Commissario.   

Di sicuro però il cane era stato ucciso con un’arma da fuoco. 

“Domani, dopo le analisi, sarò più preciso”, aveva promesso il medico legale mentre gli addetti stavano caricando il cadavere sul furgone.

 “L’assassino dovrebbe essere entrato superando la recinzione metallica sul retro della villa, facilitato dal dislivello del terreno. Sono evidenti i segni del passaggio che hanno deformato la rete in quel punto; all’interno è ancora appoggiata una delle poltroncine che forse gli è servita per superare di nuovo la recinzione”, osservò Cantoni rivolto al suo superiore.

Gli agenti della scientifica, diretti dal Dottor Reni, stavano ancora perlustrando il luogo alla ricerca di indizi: avevano raccolto i mozziconi di sigaretta dal posacenere che stava sul tavolino e altri oggetti trovati lì intorno, al fine di rilevare eventuali impronte e tracce di DNA, sistemando ogni cosa in piccoli contenitori di plastica.  

“Strano” disse Sansoni, “il cane era libero e quindi deve aver assalito l’intruso che gli ha sparato uccidendolo. A questo punto però la vittima avrebbe dovuto essersi allertata e di conseguenza cercato di difendersi. Sul bordo della piscina però non c’è nessun elemento che possa far pensare ad una colluttazione o comunque ad un tentativo di difesa, anzi sembra che sia stata colta di sorpresa e colpita con un solo colpo, preciso, alla tempia.”   

Dopo aver dato ordine agli agenti di chiudere e sigillare l’abitazione e di accompagnare la colf in commissariato per la deposizione, i due salirono sull’Alfa parcheggiata poco distante per rientrare al distretto.

“Ci mancava proprio quest’omicidio adesso!” esclamò Sansoni mentre stavano tornando in auto. “Impegnati come siamo a seguire le tracce di quel Bardassini! Sembra che siamo sempre sul punto di beccarlo, ma scivola via come un’anguilla e la droga intanto continua a girare in città: anche sabato notte abbiamo fermato dei ragazzi fatti e con la roba in tasca. Deve avere degli informatori quello: non può essere solo per fiuto che evita tutti gli appostamenti, che finiscono sempre con un niente di fatto… i ragazzi sono delusi e stanchi.”

“Lo farà prima o poi un passo falso!” esclamò Cantoni.

“Non c’è giorno poi che il questore non chiami…” continuò il Commissario… “per conoscere gli sviluppi dell’indagine sul giro di tangenti che pare coinvolga anche alcuni politici. Non vede l’ora di venirne a capo per togliersi questa spina e chiede in continuazione se ci sono novità…”

In centro il traffico era intenso: sembrava che i fiorentini quell’estate non avessero proprio intenzione di andare in vacanza e i turisti erano quelli di sempre. La colonna di auto avanzava lentamente in via Pisana e Sansoni decise di fermarsi per andare a fare colazione. Accostò l’auto in Piazza Pier Vettori, poi i due si avviarono a piedi verso il Bar più vicino. 

“Hai visto mio nipote di recente?” domandò Sansoni al giovane commissario, mentre girava lo zucchero nel caffè.  

“Ultimamente no, sta concludendo l’ultimo anno di specializzazione e quindi è molto impegnato. Ci sentiamo però spesso al telefono e siamo d’accordo di tornare a Contea insieme non appena sarà possibile.”

Il Commissario Sansoni e il giovane collega Cantoni, di fresca nomina, si conoscevano da diversi anni, da molto prima che Enzo, allora studente di Scienze Politiche, entrasse in Polizia. La decisione era maturata dopo la perdita della giovane fidanzata, ma già da allora il ragazzo aveva mostrato predisposizione per il lavoro investigativo. Il suo intuito, insieme ai tre amici di sempre, tra cui Maurizio, nipote del Commissario, aveva portato a scoprire un giro malavitoso. I ragazzi erano stati in seguito presi di mira per questo ed erano stati anche oggetto di attacchi intimidatori per aver favorito l’intervento dell’allora Ispettore Sansoni.  

Enzo aveva superato brillantemente il Corso di Scuola di Polizia ed era stato destinato alla sede di Firenze, dove il Sansoni aveva il ruolo di Commissario Capo, con una brillante carriera alle spalle e la imminente nomina a Vicequestore. Aveva voluto Enzo nella sua squadra e non perdeva occasione per portarselo appresso e fargli fare esperienza.   

Alto, sulla cinquantina, Andrea Sansoni conservava un fisico atletico, risultato di una intensa attività sportiva praticata in gioventù e frequentava ancora la palestra di judo. La barba, sale e pepe, corta e curata contribuiva a dare al suo aspetto un’aria elegante e il suo modo di fare, calmo e pacato, faceva trasparire sicurezza trasmettendo all’interlocutore rispetto e fiducia. La sua rapida carriera era stata favorita da diverse indagini brillanti con le quali aveva risolto casi importanti, alcuni anche piuttosto intricati. 


Estratto del romanzo "La colpa imperfetta" di Giulio Volpi, Midgard Editrice 2020


http://midgard.it/lacolpa_imperfetta.htm

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