mercoledì 2 dicembre 2020

Sconfinamenti

 di Gianluca Ricci




Fiabe svoltate (ovvero all’incontrario)

Prendete una fiaba qualsiasi, fatela finire all’incontrario con il cattivo che vince ed il buono che muore come un inetto, oppure calatela in un altro contesto, modernizzatela, cambiatene il tempo o lo spazio in cui si svolgono, ricamateci intorno, leggetela metaforicamente o come più vi piace. Svoltatele anche voi. 


Un moderno Barbablù

“Ti avevo ordinato di non aprire quella porta, donna! – tuonò con voce alterata Barbablù facendo rabbrividire la povera sposina, – Adesso dovrai morire!”

“Non posso, mio signore, non posso proprio e poi a te non conviene”, replicò la giovane sommessamente.

“E perché mai, sciagurata?” 

“Perché mi sono appena loggata in Twitter  e Facebook ed i miei fratelli sono già qua sotto, pronti a salvarmi.”

“Twitter? – grugnì il mostro – Ah, davvero? Facebook ed anche Instagram?”

“Sì, è tutto così facile!” provò a scherzare la moglie, rincuorandosi. 

L'energumeno a quelle parole si calmò di botto. Temeva soprattutto per il suo buon nome e non voleva passare alla storia come il primo femminicida della famiglia. 

“Va bene. Adesso cerco sulle Pagine gialle on line una ditta di pulizie che ci sgombri la cantina e faccia ordine a casa nostra una volta per tutte... Sai che ti dico? I nostri problemi sono risolti per sempre!”

“Allora, caro, – suggerì la donna – prenotiamo anche una vacanza ad Antigua e Barbuda? Dovremmo mettere ordine anche nel tuo conto corrente. Mi servirebbero un po’ di bitcoin.”


Cenerentola, ovverosia un'avventuriera a corte

La ragazza per tutta la sera non aveva fatto altro che sgomitare per mettersi in mostra. Rassettava in continuazione il proprio abito da sera ed ogni volta che incrociava uno specchio si fermava per controllare la propria immagine, lo stato del trucco, la tenuta dell'acconciatura.

Finalmente ce l'aveva fatta! Il suo primo ballo a corte con invito ufficiale! Schiattassero pure di rabbia le sorellastre che, per partecipare al Gran gala di beneficenza, si erano dovute sacrificare per più di un anno come crocerossine! Ora aveva tutta la corte ai suoi piedi: mai un ballo, che dico, una mazurca, una polca o un tango senza che il suo carnet rimanesse vuoto.

Sì, quella era vita! Ed anche il principe che la stringeva nel vortice delle danze non sembrava avere altri occhi che per lei. Che bello, il principe, l'erede al trono, era innamorato di lei. Di nuovo la favola di Cenerentola.

Mezzanotte! Per farsi desiderare di più decise di scappare al compiersi delle ore, scivolando a piedi nudi sui tappeti. L’avrebbero cercata in ogni dove, ormai ne era convinta.

“Ah, la piccola intrigante!” bisbigliò appena il principe, scansando con la punta delle sue scarpe di vernice quelle abbandonate a bella posta dalla dama.


Biancaneve

“No, dottore, no! Proprio non possiamo darglielo, il permesso all'espianto! Vede, non è la prima volta che nostra sorella Biancaneve cade in coma profondo, ma dopo si è sempre risvegliata. La prima volta è successo quando si era persa nel bosco dietro casa. Sa, noi abitiamo in campagna. La seconda, è stato quando stava per strozzarsi per la mania di indossare nastri colorati. E chi li porta più oggi, i nastri? Poi si è presa una setticemia per un piercing fatto chissà dove. E l'intossicazione per l'hamburger mangiato al fast food?

Vede, dottore, l'importante è che ci sia qualcuno quando si risveglia, che la sappia tranquillizzare con una carezza, un bacio, una coccola. Lei non sa che miracoli possa fare l'affetto, il semplice affetto! Rimette in vita, ci creda. Cerchi di capirci, dottore! Cosa? Vuole chiedere l'autorizzazione ai nostri genitori? Ma papà è sempre in viaggio per affari anche molto importanti e nostra madre è morta. Viviamo con la nostra matrigna, ma lei se ne sta sempre seduta davanti alla televisione e qualche volta ci parla pure...”


Cappuccetto rosso

“Non ne posso più! – disse il vecchio lupo tra sé e sé, mentre finiva di misurare nervosamente e per l'ennesima volta il tragico perimetro in cui era stato rinchiuso. – Fino ad un mese fa ero libero. Capite? Libero, me ne andavo di notte per le forre e le gole dell'Appennino. Cacciavo, facevo all'amore, guidavo il mio branco, ululavo a piacimento alla luna o contro le luci della città degli umani, quelle costruite a schiera a fondovalle. Loro avevano paura, stavano alla larga. Non si sentiva neppure l'odore di un cacciatore per miglia e miglia. E noi lupi, in compenso, non aggredivamo nessun gregge a patto che fosse ben custodito. Adesso sono qui, schiavo tra gli schiavi, a mangiare carne putrida ed avanzi di polpette del supermercato.

Puah! Ma ciò che sopporto di meno è quella stupidina con la pellegrina rossa, tutta smorfiosetta, vestita come una damina d’altri tempi. Se ne viene qui con la nonna tutti i giorni e, non appena la vecchia si volta, con la mano libera mi tira una manciata di ghiaia e mi colpisce sempre al muso.

Come la odio! Giuro che sarei ancora capace di farmela in un solo boccone!”


Il Gatto con gli stivali

SEGRETISSIMO – URGENTISSIMO

Oggetto: Rapporto informativo a S.E. il Presidente del Consiglio dei Ministri, agli On. Ministri della Difesa, di Grazia e Giustizia e degli Affari interni, al Capo di Stato Maggiore delle FF.AA. e ai sigg. Dirigenti degli altri Servizi Segreti e Forze di Polizia.

Si trasmette per competenza e per i dovuti provvedimenti nota riassuntiva sulle attività e carichi pendenti dell'ex-agente Doppio-Zero Doppio-Zero, conosciuto con il nome in codice di Gatto con gli stivali soprattutto per la sua abilità a muoversi in pressoché tutti gli ambienti politici europei ed oltremare.

Si precisa che, nonostante iniziali e presunte simpatie democratiche ed animaliste, a suo carico risultano i seguenti capi d’incriminazione:

a) millantato credito;

b) sostituzione di persona;

c) falsa attestazione sulla propria e altrui identità;

d) caccia di frodo continuata;

e) diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico;

f) abuso della credulità altrui;

g) circonvenzione d'incapace con conseguente orchicidio e vilipendio di cadavere;

h) costrizione fraudolenta al matrimonio;

i) appropriazione indebita.

Vuolsi che tali reati siano stati perpetrati con, e a favore del sedicente Marchese di Carabas, noto affarista, correo ed oggetto delle brighe del suddetto Gatto con gli stivali allo scopo di sollevarlo fino al trono del suo Paese con interruzione innaturale della legittima linea ereditaria.

Pregasi dare massima diffusione presso i propri collaboratori et attivare massima vigilanza.



Pelle d'asino

Stimato professore e caro collega,

non è la prima volta che richiamo alla Tua intelligente attenzione la complessità della fiaba che tutti si ostinano a chiamare Pelle d'asino. È un errore sesquipedale e frutto di una madornale incapacità d'analisi considerarla come un racconto unitario, fantasticamente godibile. Possiamo notare invece tre nuclei, che sintetizzano l’evoluzione delle forme matrimoniali tra il periodo neolitico e l’età antica.

Ti riassumo la mia teoria. All'inizio abbiamo un primo nucleo solo apparentemente incongruente con i successivi: si tratta del tema del matrimonio incestuoso tra parenti, all'interno dell’orda, e poi solo della famiglia reale, ma che vuoi, niente di eccezionale, basti pensare a quanto avveniva nell'antico Egitto. Poi c’è la fuga, la sottrazione all’unione endogamica delle nuove classi d’età, il rifiuto dell’incesto, perché viene percepito proprio così, come immorale, ed infine l’istituzione di nuove regole sociali per un giusto matrimonio geneticamente corretto. Difatti, il motivo finale, il corteggiamento tra i due giovani principi, ostacolato dalle convenzioni, non è che la descrizione di come vennero legittimate le nuove unioni matrimoniali. Con l’illustrazione di ciò che è conveniente o sconveniente. Tra l’altro hai notato che qui l’anello ha la stessa funzione della scarpetta di Cenerentola?

Stammi bene, tuo,

Vladimiro.


Il tenace soldatino di piombo

“Dear John, – digitò sulla tastiera Elisabeth, – preferisco mandarti una email piuttosto che telefonarti: così mi leggerai senza interrompermi. Ti amo, lo hai sempre saputo, ma ora comincio quasi a pentirmene, perché ferisci la mia sensibilità di donna innamorata. 

Riesco a perdonarti solo quando penso che così facendo tu credi di proteggermi. Da chi o cosa poi? Chi ti dà il diritto di considerarti il soldatino di piombo difettato, buono solo per completare la collezione? Davvero sei l'unico che ha sofferto sul suo corpo per una guerra tanto stupida ed ingiusta come quella dalla quale siamo appena usciti? E da quanto tempo, ormai, ti comporti così! Ma le guerre continueranno sempre a ripetersi ed altri soldati ancora vi moriranno o vi resteranno feriti come è successo a te.

Tu sei sempre l'uomo meraviglioso, buono e dolce che ho conosciuto fin dal primo giorno. Mi deludi quando pensi di non essere degno d'amore, quando credi di essere un peso per me. E poi tutto il tempo che mi/ci rubi con quelle stupide gare di sport estremo, di manifestazioni da baraccone che ti servono a dimostrare quello che non sei mai stato. 

Non mi sfuggire, fatti raggiungere: del resto anche io ho il tempo che ho. Oggi alla Scala, domani all'Opera, poi ancora al Bolshoi. A volte mi sento come un frammento di carta trascinato dal vento della vita e bruciata da un'unica cocente e sfortunata passione.

Quella che nutro per te. Da sempre.

La tua ballerinetta”.


Hänsel e Gretel

“I cinesi, i cinesi!” gridò istericamente una donna con voce querula, come se stesse recitando una parte in un vecchio film, solo che questa volta non si trattava di un lamento né di una richiesta d'aiuto. Segnalava ai giornalisti appena arrivati perché mai ci fosse un gran movimento di polizia attorno alla villetta costruita proprio in fondo al paese. Le guardie portavano su dal seminterrato scatoloni pieni di rocchetti di filo, pezze di stoffa colorata, campionari, faldoni d'archivio. A prima vista sembrava che gli agenti fossero stati mandati per procedere alla chiusura di un laboratorio tessile clandestino. Ed era proprio così.

In disparte, in un cantuccio, guardati a vista, perché ancora non si era potuto procedere alla loro identificazione, un gruppo di bambini dalle fattezze orientali rimaneva silenzioso ed impaurito. Un agente controllava che i fotografi non rovinassero i pochi documenti sequestrati, mentre li fotografavano con il flash appoggiandoli al cofano di un gippone.

“Che cosa vuole, dottò? – interloquì bonariamente il poliziotto, – 'ste carte neanche sono loro. Spesso se le passano tra parenti, amici o le comprano come se ci fosse un mercato, un grande mercato nero dei documenti. Vede? Questi due si chiamano Hänsel e Gretel. Dovrebbero essere tedeschi, invece sono dei poveri cinesi e non si sa neppure da che parte del Celeste Impero provengano. Sa cosa le dico? A me sembra come il gioco dello schiaffo del soldato. Sì. Ieri i nostri bambini andavano a mendicare all’estero con la marmotta ed oggi loro sono qui a tessere ventiquattro ore su ventiquattro. Certe storie non finiscono mai di ripetersi, come le fiabe. E sembrano sempre nuove”.


La Sirenetta

Fu sotto il sole d'agosto, quando l'astro al tramonto sembrava sciogliersi come cera rossa sopra l'acqua e sotto il cielo, che la bella Sirenetta, comodamente seduta al bar della spiaggia, le lunghe gambe abbronzate e pareo trasparente, vide prendere terra il suo ultimo, instancabile corteggiatore.

Costui balzò giù agilmente dalla propria, relativamente modesta imbarcazione, tenendo in mano le pinne e la maschera da sub che la ragazza aveva dimenticato poco prima a bordo.

“Di solito – sbuffò l'uomo riprendendo il fiato (in verità non era più giovanissimo né magrissimo) – sono le scarpette di vetro, quelle che si perdono... Comunque non dirmi che ho fatto tutto questo senza avere la possibilità di invitarti a cena!”

“Grazie per avermele riportate, ma non credere che alla cena segua la discoteca e poi a casa mia o a casa tua...”

Al che l'uomo lasciò cadere gli oggetti ancora bagnati e si voltò bruscamente senza salutare.

“Preferirei – esclamò la Sirenetta molto in fretta e ben certa di farsi sentire, – quel motel là, appena fuori costa...”


La Principessa sul pisello

Un quarto alle due capì che anche quella notte non sarebbe riuscita a dormire sufficientemente. Maledetta vita da giornalista specializzata! Sempre in giro per affibbiare stelle, forchette o cappelli a questo o quell'albergo, provando questo o quel ristorante. Forse era colpa della cucina di mare troppo speziata che aveva delibato poco prima a cena, forse era il letto duro come un tavolaccio e foderato di spifferi. Dalle persiane della finestra sul cortile interno filtravano le luci di servizio sempre accese nonostante fosse bassa stagione. E sì che le aveva provate tutte: chiamato al cellulare il suo amore lontano, letto almeno cinquanta pagine dell'ultimo libro di Baricco, ascoltato più volte i brani preferiti in cuffia. Niente da fare.

“Ciro, – disse il direttore al portiere di notte, tornando nella hall per ritirare i giornali del giorno prima – vuoi vedere che quella giornalista della Guida Tutti so’… ffritti! neanche 'sta notte s'addorme? Proprio come cinque anni fa, che poi se la piglia con noi. Mannaggia a lei, pensava che non l'avessimo a riconosce? Ma ci portò fortuna allora, perché tutti vennero a vedere se poi ’st'albergo era proprio ‘o cesso che era annata dicenno!”


I vestiti nuovi dell'imperatore

Le modelle, le attricette, le stelline scendevano una ad una dalle lunghe e lucide automobili di rappresentanza. Mostravano generosamente scollature da capogiro e spacchi inguinali da infarto. Ne risaltava a tutto tondo la loro superba natura, appena velata da un'ombra di vestito, da ricami impudicamente intessuti su chiffon e da veli lievemente drappeggiati sui corpi.

Al braccio di cavalieri altrettanto noti o in attesa di diventarlo, salivano lentamente la scalinata del Palazzo del Cinema per assistere alla presentazione dell'ultimo film di successo. Si fermavano un attimo appena per la gioia dei propri fan, dei fotografi e dei teleoperatori. Un diluvio di flash trasformava seta, lycra e nylon in una cascata di riflessi cangianti, in lampi di luce assoluta.

All'improvviso, come spesso accade in una situazione di grande confusione, tutti i rumori si placarono e si generò all’improvviso un attimo di imbarazzatissimo silenzio.

“Mamma mia, - ed era una vocina infantile, esile ed appena sospesa nell’aria - guarda quella là, laggiù. Ma quanto è grassa!”


Il brutto anatroccolo

“Non si comincia mai a scrivere senza prima impugnare una penna, senza accostare la mano al foglio, senza vivere da qualche parte nel mondo anche molto a lungo, senza poi cambiare i propri orizzonti, quante più volte sia possibile...”

Con queste parole aveva cominciato a sporcare l'ennesimo foglio bianco. Eppure, di fronte a lui, il più grande e gettonato scrittore del momento, non si accumulavano più parole e frasi, ma ghirigori e tratti confusi, segni di correzioni senza fine. La crisi dello scrittore. L’essere, cioè, su un argomento, ma non crederci. Essere persuasi di poter scrivere, ma non aver nulla da dire. E questo perché ancora non si è chiarito in noi lo scandalo e la complessità del mondo, della vita.

Un anno, era giusto passato un anno, da quando, abbandonate le brume e le asfaltate vie della sua città, al Nord, si era lasciato catturare dall'effluvio salino del mare, dal sottile profumo della vegetazione mediterranea. Aveva conosciuto la vita dei pescatori e ne aveva condiviso il cibo. La notte dormiva sotto le stelle facendosi mangiare vivo dalle zanzare. Il suo volto, cotto dal sole, era diventato una ragnatela. Sorrideva per primo se qualcuno notava il suo accento da forestiero, ma fuggiva a gambe levate all'annuncio dell'arrivo di nuovi visitatori.

Finché un giorno, vicino alla foce, là dove cresceva un folto canneto, vide un cigno sollevarsi in volo sul pelo dell'acqua, grazie al violento sbattere di due ali enormi e sgraziate. Perché il cigno che vola non è bello, come quando scivola con nonchalance sulla superficie dei laghi e dei fiumi. In aria è solo un tozzo siluro che sbatte le proprie ali a ritmo forsennato. 

“Ah! – si sorprese a mormorare, – lui ci riesce...” e qualcosa in lui si spezzò all'improvviso.


La piccola fiammiferaia

Nadia si considerava una figlia d'arte e non a caso. Il padre, esponente di spicco dei Rivoluzionari Duri e Puri, era morto orribilmente dilaniato ai piedi di un traliccio dell'alta tensione, che aveva appena finito di minare. La madre, incarcerata in attesa di giudizio per una serie di incendi appiccati ai negozi della catena di fastfood Non solo ciccia, si era lasciata morire d'inedia per forzare il nuovo Capo dello Stato a firmare l'amnistia per tutti i terroristi detenuti, quale che fosse stato il loro residuo di pena da scontare.

Allevata al di fuori di una vera e propria famiglia, Nadia capì ben presto che sarebbe dovuta crescere con l’obbligo di dimostrare continuamente le sue vere capacità, non potendo contare sull'indulgenza di chi le stava vicino. Così il suo carattere divenne determinato, asciutto e poco espansivo. S’impegnò negli studi e riuscì brillantemente nelle discipline tecniche. Si laureò in Architettura civile con una tesi in Arte e tecnologia delle grandi costruzioni.

La fortuna le arrise presto, perché riuscì vincitrice del concorso per la realizzazione della nuova sede centrale della First National Bank. Un edificio davvero megalitico, solido a vedersi e stupefacente per le inedite soluzioni tecniche adottate. Mai prima di allora la ricchezza di uno Stato veniva ad essere così degnamente rappresentata.

E la fortuna arrise per la seconda volta alla ragazza, quando per un banale sovraccarico di rete si sprigionarono fiamme così voraci, che, canalizzandosi quasi obbligatoriamente nei giganteschi condotti d'aerazione, ridussero la modernissima costruzione in un mucchio di cenere in brevissimo tempo.

    

 Estratto dal volume "Sconfinamenti" di Gianluca Ricci, Midgard Editrice 2020


http://midgard.it/sconfinamenti.htm





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