giovedì 21 ottobre 2021

Poco lontano da Goresthorpe Grange. L’indagine di Terence Stube

 di Giordano Giorgi.





Nota introduttiva dell’autore
Questo racconto vuole proporsi come un omaggio ad Arthur Conan Doyle, uno dei padri della Letteratura Fantastica e del Terrore.
I lettori più esperti avranno trovato nel titolo l’evidente rimando ad uno dei suoi racconti più riusciti sul grottesco e sul soprannaturale: Selecting a Ghost. The Ghosts of Goresthorpe Grange, che venne pubblicato sulla rivista mensile London Society nel 1883,  racconta di quanto curiosamente accadde a Silas D’Odd, lo squire di Goresthorpe Grange. Chi conosce il racconto, troverà anche in quello che segue i personaggi di Jack Brocket, di Silas e Matilda D’Odd,  del furfante Jemmy Wilson e, soprattutto, quello del Dr T. Stube. 
Doyle nel suo scritto lo cita solo una volta. Io lo prendo in prestito, e su di lui faccio girare questo racconto originale,dove c’è, sì, un fantasma, ma c’è soprattutto un mistero da risolvere, un mistero, che, di trascendente,  ha poco o nulla.



It said: "I am the invisible nonentity. 
I have affinities and am subtle. I am electric, magnetic, and spiritualistic. 
I am the great ethereal sigh–heaver. I kill dogs. Mortal, wilt thou choose me?" 
Arthur Conan Doyle, Selecting a Ghost. The Ghosts of Goresthorpe Grange, 1883




MOLTI SCRITTORI FANNO della narrativa fantastica un’espressione letteraria divertita e divertente. Non sarà questo il caso. Rendere pubblico questo scritto nuocerebbe alla mia reputazione di medico in modo così esiziale, che sarà bene, quindi, io tenga questi fogli al sicuro. Meglio ancora, probabilmente, non averli scritti mai. 
Il mio nome è Terence E. Stube. Ho il mio ambulatorio in Arundel Street. Mi identifico come un uomo di poche passioni:buone letture, un “più” buon bere, la caccia. 
Quando me se ne presentava l’occasione, ero solito perdermi tra boschi ed aria buona per un tempo imprecisato. Margareth, mia moglie, mi aveva concesso l’estremo lusso di non tenerne mai il conteggio. 
Ad accompagnarmi, spesso, Jack Brocket. Anni di amicizia rendevano ormai superfluo moralizzare su quali “affari” lo intrattenessero a Londra. Preferivo giudicarlo da quel tanto che la sua compagnia mi offriva, piuttosto che da quel poco che della sua “non irreprensibile” condotta mi giungeva. 
Ad accompagnarci a caccia, quel giorno, il solito paio di amici. Mi accorsi subito, però, che di amico ne mancava uno, e dei più cari. 
– Non parlargli di Gizmo – mi aveva anticipato Burrows – che è successa una disgrazia, poi ti racconterò appena saremo soli! 
Preferii però che a parlarmene fosse Brocket stesso, mentre ci attardavamo assieme a fine battuta. Ce ne camminavamo tornandocene indietro, il fucile smezzato in spalla. Tenevo il mio Cedric per il guinzaglio, poiché non avevo voglia di perdere ulteriore tempo a “rifischiarne” il ritorno mentre scompariva, come faceva sempre, nel fogliame. 
– Gizmo, quello stupido di un cane, s’è ammazzato! – Mi chiarì, subito. – Se ne è corso per conto suo un giorno che era in giro con mia moglie; s’è buttato di sotto a un ponte, quello stupido! 
Gli comunicai il mio cordoglio, mentre Cedric, che ignorava si parlasse del suo simile, se ne guardava altrove. 
– Terence, c’è un fatto strano – continuò il mio amico. – Tu sai però, che credo poco, come te, a queste cose. 
Iniziando l’ennesima sigaretta, Brocket prese quindi a raccontarmi dell’avvenimento che era occorso alla moglie. Non erano passati che pochi giorni. 
Ricordavo bene Gizmo come un cane ormai in avanti con gli anni. Brocket si diceva però convinto che ben poco poteva essergli precluso, e parecchie le soddisfazioni che ancora poteva offrire. Il Dr Bigelow lo aveva visitato di recente. Eveline, la moglie di Brocket, era andata a riprenderlo all’ambulatorio veterinario, aveva riportato al marito l’esito positivo dell’accertamento. Questo, proprio il giorno prima dell’avvenimento del ponte
– Ma dove è successa ‘sta cosa, Jack? – gli chiesi. 
– Conosci il Gravelock Bridge? – mi rispose. 
– Cristo Santo …
– Bene, lo conosci. È successo anche a lui. Eveline volle portarselo a spasso quel giorno e … Quel posto è infestato da qualche spettro, telo dico io! 

Mi è a questo punto d’obbligo una digressione in merito. Pongo in pausa quella conversazione per mettere in condizione il lettore (se mai ce ne sarà mai uno) di avere lumi su un argomento che, almeno per me, per Brocket, e per le tante persone che di quel posto avevano sentito parlare, non necessitava di chiarimento alcuno. 

***

Il Gravelock Bridge è un ponte in muratura nei pressi di una contea di cui non serve ricordare il nome. Una costruzione tozza, che non si staglia su nessun corso d’acqua. Non chiedetemi se in passato vi scorresse qualcosa, lì sotto. Il ponte era là, passaggio obbligato a chi scegliesse di addentrarsi in quei posti. Lo accompagnava fama funesta; da quanto tempo, non saprei dirlo: ai cani, che vi transitavano di passaggio, succedeva qualcosa di strano: prima latravano, immobili, poi, con ripetuto e forte abbaiare, digrignando i denti, puntavano al parapetto, ed a quanto, a causa dello stesso, erano preclusi a poter vedere. Li si riusciva a tirar via se andava bene, ma potevano anche aizzarsi e mordere il padrone, se andava male. Le volte che andava malissimo, invece, gli animali si liberavano dal vincolo, saltavano sul parapetto merlato per gettarsi, poi, nel vuoto. La frequenza dell’ accadimento era divenuta tale da far propendere ad abbandonare anche le più scettiche ipotesi, quelle che si fregiano del sostegno di termini quali casualità , statistica, probabilità. 

A Gizmo sembrava esser toccato per ultimo. Di lui rimaneva, oltre al ricordo, il collare che adesso Brocket teneva legato allo spallaccio del fucile. 
– Questo me lo ha consegnato Eveline – disse, soppesandolo tra il pollice e l’indice anneriti dalla giornata nei boschi. – Ha detto che poteva essere un bel ricordo. 
– Credo che sia il caso che tu prenda un altro cane – dissi soltanto. 
– Cosa ne pensi di quel posto, Terence? – replicò lui, come ad ignorare la proposta. 
Gli chiesi se volesse una considerazione obiettiva, in merito. 
– Da dottore e uomo di scienza quale sei? Posso anticiparmela, ma non mi basta. 
– Parla allora con chi ne sa di fantasmi! – me ne uscii. 
Brocket smise di bere dalla fiaschetta di cordiale, quella che teneva nella tasca interna, emise il vocalizzo di soddisfazione classico, poi disse – Tipo Silas! 
Mi ricordavo perfettamente di Silas D’Odd. Mi aveva raccontato dell’assurdo caso del cugino acquisito! Un tipo strano, originale pieno di energia e, probabilmente, parecchio ottuso. 
Lui, contatti coi fantasmi li aveva avuti. Ricordavo bene la questione, perché fu a me che chiese anche consulto, tempo dopo che fu rapinato dagli “spettri”… 



Estratto dal racconto "Poco lontano da Goresthorpe Grange. L’indagine di Terence Stube" di Giordano Giorgi, dall'antologia "Hyperborea 5" (Midgard Editrice).



 




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