mercoledì 23 gennaio 2019

Enrico Marsicano e l'incredibile varco

di Roberto Lazzari




Punto di avanzamento con Longetti, quella mattina.
Fioroni ci pensava da due giorni, l’ultima notte era anche riuscito a rovinarcisi il sonno. Perché si sentiva la coscienza sporca, aveva concluso.
Ormai era trascorsa quasi una settimana dal delitto della Canapina e lui niente, non era progredito di un passo, nonostante disponesse perfino di un testimone oculare.
E a peggiorare la situazione, come se ce ne fosse stato bisogno, ci si era messo anche il secondo delitto, quello di Vinti: anche lì, buio completo, anzi, ancora peggio, l’omicidio all’interno di quella stanza fortezza era qualcosa di assolutamente inesplicabile.
E peggio di tutto, Longetti, che non voleva sentire ragioni.
Quella mattina, quando si era affacciato nel suo ufficio, lo aveva trovato in attesa, anzi, in agguato avrebbe detto.
Non era preso come al solito da telefonate, carte varie e computer. No, quella mattina era lì, seduto alla sua scrivania, perfettamente sgombra per l’occasione, tranne un unico foglio: il commissario era pronto a dedicargli tutta la sua attenzione, almeno per le prossime due ore.
Cominciamo bene, si era detto Fioroni. Ed era entrato
- Ciao, capo! Come va? – aveva esordito cordialmente, mordendosi la lingua a sangue subito dopo. Ma oramai era tardi.
- Dimmelo tu come va? – gli aveva infatti sibilato Longetti, di rimando
D’accordo, se bisognava arrivare allo scontro, allora tanto valeva cominciare subito.
- Niente affatto bene! – replicò l’ispettore – Sugli ultimi due delitti non sono ancora riuscito a capirci nulla. E sì che per il primo abbiamo anche un testimone oculare!
Longetti restò interdetto: la risposta del suo ispettore doveva averlo spiazzato, disarmato. Lo guardò in modo strano, senza proferire parola.
Sembrava ammirato, quasi
- OK! – riprese poi, cambiando completamente espressione – Vediamo se riusciamo a capirci qualcosa insieme, allora!
Fece cenno a Fioroni di sedersi. Poi, gli porse l’unico foglio che aveva lasciato sopra la scrivania
- L’ho ricevuto proprio questa mattina – disse – É il referto di Giulietti sul secondo delitto, l’autopsia di Vinti. Secondo te, che cosa c’è scritto?
- La stessa cosa che c’era scritta sul referto del barbone della Canapina! – rispose l’ispettore, senza leggerlo nemmeno - L’ho visto anch’io il corpo di Vinti, alla villa. Era la copia precisa di quell’altro
- È così! Nulla di più, nulla di meno. Però, a dirti la verità, non sono ancora convinto del fatto che gli omicidi abbiano la stessa matrice
- Io non avrei molti dubbi in proposito!
- Le due vittime sono completamente diverse, accidenti! – sbottò il commissario - Uno è un poveretto, senza né arte né parte, costretto a dormire all’aperto e a vivere di elemosina. Quell’altro, invece, non sapeva dove mettere i soldi e viveva blindato in una villa corazzata, a prova di tutto!
Due persone completamente sole, in sostanza, pensò Fioroni tra sé: il resto sono dettagli
- Senti capo – riprese poi con pazienza – all’inizio mi ero fatto venire anch’io le tue perplessità. Sono sensate. Poi, però, ho considerato tutti gli elementi e ti dico che non c’è dubbio che i due delitti abbiano la stessa matrice. La cosa è certa. Ci sono almeno due ottimi motivi per dirlo. Quindi, dammi retta, lasciamo perdere la pista dei delitti indipendenti e lavoriamo sull’ipotesi del killer seriale
- Quali sono i due motivi?
- Il primo lo conosci già: è lo stato dei cadaveri. É una prova assolutamente certa, come se avessimo ritrovato all’interno delle vittime due proiettili sparati dalla medesima pistola. Giulietti, in tutta la sua carriera, ha visto una cosa del genere soltanto due volte: queste due volte. Sei convinto?
Longetti annuì, facendogli cenno di continuare
- Il secondo elemento è ancora più convincente! Siamo quasi sicuri che in entrambi i casi abbia agito il medesimo terzetto di assassini
- Che cos’è questa storia? Chi sono questi tre?
- Ti ricordi che per il primo delitto era saltata fuori una testimone oculare? Bene, l’ho interrogata. In realtà, non ha visto esattamente il momento del delitto, però mi ha detto di aver visto tre uomini che discutevano col vecchio, alla Canapina, più o meno nell’ora che ci risulta sia stato assassinato. Era buio e lei era lontana, non li ha visti in faccia: però erano in tre e uno era abbastanza più alto degli altri due. Ora, le telecamere del parco della villa di Vinti, dopo il delitto, hanno inquadrato di spalle tre uomini che si allontanavano, con a tracolla i borsoni col bottino. E uno di loro era abbastanza più alto degli altri due
- Mi sembra un po’ poco, non sono prove definitive. Nel primo caso, il testimone non è riuscito a vederli perché era buio; nel secondo, sono stati inquadrati di spalle. Sappiamo soltanto che erano in tre e che uno era un po’ più alto degli altri due. Non mi pare che si possa affermare con certezza che fossero gli stessi
- OK, hai ragione! Però abbiamo anche un altro elemento su di loro. Proprio questa mattina dovrebbe venire in questura la signora Bencini, la testimone oculare, per un riscontro. Non avrei voluto parlartene prima di averne la certezza. Comunque, va bene, inizio ad accennarti la cosa
Longetti non perdeva una sillaba
- Quando l’ho interrogata, la Bencini mi ha detto di aver visto un oggetto strano in mano al più alto dei tre: somigliava a un cono spezzato, di forma irregolare. A un certo punto, questo cono si è illuminato di una luce bianca, abbacinante e crepitante, che dopo qualche minuto è scomparsa completamente.
- É l’arma del delitto? 


Estratto da “Enrico Marsicano e l’incredibile varco”, Roberto Lazzari, Midgard Editrice 2018

www.midgard.it/enricomarsicano_elincredibilevarco.htm

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