lunedì 2 settembre 2019

Come soffioni

di Roberta Marconi





Ero seduta in una elegante poltroncina in legno con braccioli intarsiati, l’avevo spostata vicino al finestrone che illuminava l’intera stanza per sbirciare il giardiniere che in quel momento era intento a tagliare qualche ramo di troppo ad una tra le migliaia di conifere che incorniciavano egregiamente quell’enorme complesso architettonico di cui mio padre era il padrone, ma guardando più a lungo si poteva scorgere l’intera città che quella mattina di novembre era accompagnata da una leggera foschia, ogni singolo angolo era di proprietà di mio padre, lui era il re.
Ad un tratto avvertii dei passi che stavano dirigendosi verso la mia camera. 
Non poteva essere nessun altro a parte  la mia balia Petra. 
A quell’ora il corridoio era sempre deserto. 
Bastarono due tocchi alla porta e una parola di approvazione da parte mia che Petra entrò di getto nella stanza.
“Buongiorno principessa Selene!” era la stessa frase che mi veniva ripetuta ogni mattina da quasi 18 anni, ma ogni volta amavo sentirgliela pronunciare perché mentre lo diceva aveva stampato nel volto un sorriso raggiante, si vedeva che era sinceramente felice di vedermi.
“Buongiorno Petra” risposi prontamente mentre si affrettava a far entrare il carrellino ricco di the, biscottini e dolcetti di ogni genere per farmi fare colazione. 
Petra era una donna di circa sessant’anni, robusta con un portamento un po’ goffo, capelli poco curati e acconciati con il solito nastro grigio, ma nonostante l’apparenza fosse poco affidabile, da quando mia madre se ne era andata pochi anni dopo la mia nascita, era stata incaricata di seguirmi e tra noi si era stretto un legame ben più forte di quello tradizionale tra la figlia del re e una balia.
Mentre sorseggiavo lentamente il the attenta a non sbrodolarmi, la donna rifaceva il mio elaboratissimo letto a baldacchino elencandomi contemporaneamente i compiti che dovevo svolgere nell’arco dell’intera giornata. 

Conoscevo a memoria oramai  quella pergamena, la vita di una principessa è circondata di ricchezze ma monotona. 
Dopo aver finito la colazione Petra mi avrebbe aiutata a lavarmi, infilarmi uno tra i miei sontuosi abiti rinascimentali e acconciato i capelli a mio piacimento (l’acconciatura infatti era una delle poche cose su cui avevo un pizzico di autonomia), poi sarei dovuta recarmi nella biblioteca del castello situata a due rampe di scale a chiocciola dalla mia stanza dove avrei preso lezioni di pianoforte, matematica, storia, astronomia, poi pranzo in sala con mio padre e la sua nuova odiosissima moglie dove dovendo stare sempre troppo attenta alle regole del bon ton, non sarei riuscita  a mandare giù nemmeno la metà di quello  che mi veniva servito dal cameriere Pierre. 
Mio padre Charles era molto premuroso nei miei confronti anche se poco presente, voleva che non mi fosse mancato nulla, ma ultimamente, da quando vedevo seduta la sua nuova moglie sulla sedia che prima era riservata a mia madre mi faceva salire un repentino ed involontario odio verso di lui, anche se erano passati tanti anni e i suoi gesti da mamma perfetta qual’era siano un ricordo oramai poco nitido nella mia testa non riuscivo a guardarlo mentre carezzava la mano o fare qualche altro gesto amoroso ad una donna al di fuori di colei che mi aveva fatta venire al mondo  e amata con tutta se stessa.


Estratto da "Come soffioni" di Roberta Marconi, Midgard Editrice 2018

www.midgard.it/come_soffioni.htm

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