martedì 6 agosto 2019

Antares

di Giulio Volpi




Anche quell’estate era stata particolarmente calda e il fiume aveva rappresentato come ogni anno il ritrovo ideale per gran parte della gioventù di Contea.
La zona dominata dal grande scoglio, ribattezzata Sasso Beach, con la cascatella ed il laghetto sottostante, era da sempre la meta preferita dai ragazzi che rimanevano in città. Il tratto più a valle, invece, dove l’acqua scorreva lenta ed il letto si allargava a formare una larga ansa, era frequentato prevalentemente dai pescatori che si appostavano con le canne lungo le sponde. Alcuni entravano anche in acqua con gli stivali alti, mentre altri si spingevano nel mezzo del fiume con la barca.  
Di là, sull’altra sponda, dominava il verde intenso delle piantagioni di mais che ricoprivano gran parte della pianura arrivando quasi fin sotto la montagna, dove iniziava il bosco. Le turbine succhiavano di continuo dal fiume per irrigare i campi, ma l’acqua non era mancata quasi mai in quella valle, e anche quell’anno le abbondanti piogge invernali e la neve caduta sui monti avevano contribuito ad alimentarlo.
I quattro amici continuavano a ritrovarsi intorno al grande scoglio. Enzo e Maurizio erano ancora liberi dagli impegni universitari e Toni lasciava la tipografia quasi tutti i pomeriggi a suo fratello Paolo che restava a controllare la stampa e chiudeva poi il laboratorio. Più tardi li raggiungeva anche Nino, nonostante il lavoro all’officina lo impegnasse molto. 
Si tuffavano come consuetudine dal punto più alto, nuotavano a lungo, poi si sedevano sull’argine a commentare gli eventi di quell’eccezionale estate, tenendosi però a distanza dagli ultimi frequentatori del luogo.
Nessuno infatti doveva sospettare quanto era successo poco tempo prima a pochi chilometri di distanza.
I quattro si incontravano poi quasi tutte le sere al barrino della stazione e anche qui, dopo una partita a biliardino e qualche battuta di sport con Marcello, il barista, si sedevano davanti a una bottiglia di birra e riprendevano gli stessi argomenti: primo fra tutti il ritorno di Athyna sulla Terra.
Era tornata da Hoxbrado, quel lontano pianeta della nostra stessa galassia, per conoscere meglio la Terra e studiare il comportamento dei suoi abitanti. Come l’anno precedente la navicella di forma ovale si era posata al margine di quella radura in cima a bosco, appena sotto la montagna ed era entrata di nuovo in contatto con Enzo attraverso il computer. Nascosta tra due grossi massi ed un folto gruppo di pini era praticamente invisibile, grazie anche ad una sofisticata tecnologia.
Stavolta però Athyna non era venuta da sola. Con lei c’era Lidhlo, un vecchio compagno di studi nei confronti del quale, ricambiata, aveva riscoperto un sentimento particolare. Ad Hoxbrado, dove la vita era caratterizzata da un’attività frenetica volta a risolvere i problemi esistenziali del pianeta, coltivare rapporti affettivi era diventato quasi impossibile, tanto che questi erano stati quasi del tutto e da tempo abbandonati e dimenticati.
Nel precedente viaggio sulla Terra, grazie al contatto con Enzo, Athyna aveva avvertito questa mancanza e, una volta rientrata, aveva sentito il desiderio di riallacciare i rapporti con questo compagno di gioventù, scoprendo così il piacere di stare insieme a lui. Ritrovandosi poi colleghi di lavoro i due avevano avuto l’opportunità di svolgere insieme questa seconda missione.
L’emozione per il suo ritorno, oltre ai quattro amici e Paolo, fratello di Toni, aveva coinvolto anche Don Lino e Beppe, lo scultore: tutti avevano potuto conoscerla in un collegamento via computer organizzato appositamente da lei e da Enzo. 
Si era poi verificata una circostanza in cui l’intervento di Athyna era stato determinante per fare uscire Toni dallo stato di coma in cui era venuto a trovarsi, a causa di un incidente nel quale era rimasto coinvolto per soccorrere Enzo, aggredito da due motociclisti.
I ragazzi parlavano a lungo anche di questo cercando di comprendere i motivi di quell’aggressione e quale collegamento poteva esserci con l’altra, avvenuta l’anno prima nei confronti di Toni.
In quell’occasione, con l’aiuto dello zio di Maurizio, ispettore di polizia, e la collaborazione di Beppe, i responsabili erano stati individuati ed arrestati in una villa nelle vicinanze di Contea.
Naturalmente i ragazzi avevano dei sospetti. Lo stesso ispettore Sansoni metteva in relazione questi fatti con l’attività di protesta dei ragazzi nei confronti dell’azione inquinante della troppo vicina zona industriale, con particolare riferimento al cementificio e alla discarica di là dal fiume. La manifestazione che avevano promosso l’anno precedente e che aveva visto una larghissima partecipazione degli abitanti della zona, aveva sicuramente disturbato grossi interessi economici probabilmente poco puliti.
Anche la morte di Fabio, quel ragazzo affogato al fiume, aveva suscitato l’interesse dei ragazzi i quali avevano segnalato i loro sospetti al solito poliziotto, stimolando la riapertura del caso. In seguito le indagini aveva portato alla scoperta che non si era trattato di morte accidentale, ma di omicidio.
Erano pertanto molto preoccupati: non avrebbero mai immaginato che la loro città, all’apparenza così tranquilla, nascondesse queste brutte realtà.
Superata la metà di agosto, i primi sporadici temporali pomeridiani annunciavano la fine ormai vicina della stagione estiva ed i quattro amici cominciavano già a pensare alla ripresa dei loro impegni di lavoro o di studio.
Quest’anno però, dopo la festa del Patrono che ricorreva a fine mese, ci sarebbe stata ancora un’occasione per far festa: le nozze dell’amico Beppe, lo scultore, che dopo un lungo periodo di solitudine aveva ritrovato l’amore. 

Estratto dal romanzo "Antares" di Giulio Volpi, Midgard Editrice 2018




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