giovedì 26 marzo 2020

I colori della passione

di Nicola Cicchitelli





Una Ford cabriolet scivola decisa lungo la strada di Washington. L’estate è agli esordi e già comincia a farsi sentire. Il veicolo è abitato da due ragazzi: Feimata Diya e Tedros Okoye. Lei ha due anni meno di lui. Entrambi neri di pelle, un nero intenso. La ragazza esile, lui robusto, complementari anche in questo. Spesso i suoi occhi profondi scrutano amorevolmente quel giovane slanciato, viso levigato ma deciso. È iniziata la corsa del fine settimana verso i sobborghi verdi della capitale americana. Il sole del pomeriggio orienta il percorso della loro gita e delle loro anime.  Attenzioni, sguardi spensierati e teneri, una mano si posa sui fluenti capelli di Feimata. Scorrono parole e idee su come trascorrere il week-end una volta a destinazione. La musica è la sorella benevola del tragitto. La Ford è il loro microcosmo, il primo, poi ce ne saranno altri, molti altri. Giovani, lanciati nella vita,lanciati nella strada.
Stanno navigando nel quadrante sud-est della città. Appena alle loro spalle, il quartiere reietto e difficile di Anacostia da dove proviene Tedros e la sua famiglia. Spesso il destino è duro: il ragazzo ha frequentato pochi anni di scuola, catapultato in una quotidianità spietata. Povertà, solo l’essenziale per mangiare, vestiti passati di fratello in fratello. Fuori, pericolo, delinquenza e polizia a soli sei chilometri dalla Casa Bianca. Tedros conosce prestissimo l’alfabeto del lavoro. Da qualche anno fa il manovale per una ditta della zona. Fatica e sudore pagati pochissimo. L’unica soddisfazione è la sua cabrio, ma di seconda mano. Da umile manovale, però, ha potuto conoscere il suo angelo Feimata. Stava lavorando alla ristrutturazione di un bar in una zona lussuosa della città, lontana anni luce dalla matrigna Anacostia. Lì, tra una pausa e l’altra, è illuminato dalla donna, piccola ma già grande per lui. Le differenze sono tante tra i due ragazzi, ma a volte la diversità conduce a inaspettati risvolti.
Di nuovo nella macchina. Tedros: “Dopo questa settimana di duro lavoro voglio spassarmela. Un’ora di strada e saremo in un piccolo ostello in pieno verde.” Feimata: “Anch’io sono felice: questa settimana la nostra insegnante di matematica ci ha fatto sgobbare. Ho da fare anche i compiti a casa!” Il ragazzo: “Non ci pensare, adesso sei con me, tutto il resto è superfluo.” “Facile a dirlo ma poi che gli racconto lunedì a quella matta?” Okoye: “Se non stacchi, senti questo pezzo rap, che ritmo!” “Bravo Tedros, vai con la musica! Che spasso, sei forte!”, le dà un bacio sulla guancia e lui volge dalla guida gli occhi su di lei con profonda dolcezza.
Hanno superato da qualche miglio Anacostia e sono in zona Silver Hill. La cabrio regala sole e vento, è un piacere guidare felici. Lo stesso vento, però, diffonde la sirena della polizia. Un suono sempre più incombente, stonato nell’accordo della giornata. Ormai è vicinissima, li affianca e intima a Tedros di fermarsi. I due ragazzi sono preoccupati. Tedros dentro di sé continua a chiedersi il perché di tale situazione, l’accenna anche alla compagna. Uno dei due poliziotti: “Le dico io il perché, lei superava i limiti federali di quindici chilometri orari e fa quella faccia?” Tedros: “Va bene, non mi pare un delitto.” “Mia dia subito i documenti!” “Eccoli.”
Il poliziotto li esamina attentamente e a lungo. L’altro osserva con scrupolo la macchina. Il primo tiene con sé i documenti. Gli fa una multa per eccesso di velocità. Con tono decisamente perentorio: “I documenti sono a posto ma non capisco come fa a girare vicino ai bassifondi di Anacostia con una Ford cabrio!” Il ragazzo stizzito: “Pagherò presto la multa e i documenti sono a posto, perché non ci lascia andare?” Con arroganza e tono inquisitorio: “Le ripeto, perché si trova qui con questa macchina, un nero?”
Tedros perde la pazienza: “Che vuole insinuare? Ho un regolare lavoro, la macchina è di seconda mano!” “Che abbia un impiego è tutto da dimostrare!”  A questo punto, insieme al compagno, perquisisce la macchina. “Un momento, perché fate ciò? Io sono pulito, non potete sospettare!” dice incredulo e incollerito.
“Non si permetta di usare questo tono con noi. Se nasconde qualcosa non ci sfuggirà e la pagherà cara!” Feimata che fino a questo punto era a dir poco basita, è presa da un’ansia montante. Il suo viso è penetrato da lampi di preoccupazione, il suo corpo trema tutto. Il ragazzo è sempre più nervoso e preso da una collera che traspare da ogni centimetro della sua persona. La perquisizione continua. L’altro poliziotto guarda Tedros con cupa intensità. Okoye, vedendo l’insistenza della polizia, protesta. “È assurdo che non mi lasciate andare, fate questo solo perché sono nero!” Il poliziotto, allora, finito di controllare la macchina lo perquisisce corporalmente. Tedros non ce la fa più, questo è troppo. È teso, trattiene a stento la sua rabbia che esplode. Il suo carattere irruento lo porta a spintonare il poliziotto. Questi, a sua volta, fuori di sé, gli punta la pistola. Feimata è raggelata, il suo sguardo impietrito verso Tedros, è bloccata. Il ragazzo sbianca dall’incredulità e paura, ma è un attimo poi diventa sempre più rosso dalla collera.
La tensione e così densa che si taglia con una lama affilata. Feimata, disperata, cerca in tutti modi di calmare Tedros. L’altro poliziotto gli intima di non muoversi e di mettere le mani in alto e dietro la testa. Okoye è in preda all’ansia, la mente annebbiata, non è padrone del suo corpo e dei suoi movimenti. La ragazza insiste perché Tedros ubbidisca. Davanti a lui il poliziotto, il suo corpo prominente. La barba brizzolata inquadra occhi spiritati e iniettati di odio. Impugna con sempre più forza la pistola. Minaccioso intima al ragazzo di indietreggiare. È una frazione di secondo, vitale. Tedros è ancora vicino al poliziotto. In preda alla rabbia muove il braccio per puntare l’indice contro l’uomo. Questi è avvolto da un lampo sinistro e spara centrandolo. Sono attimi terribilmente lunghi e tragici. Tedros si tocca il centro del petto da cui esce sangue a fiotti, guarda tetro Feimata che è agghiacciata. Crolla a terra, la ragazza si butta su di lui invasa dalle lacrime. Il poliziotto che ha sparato è totalmente spaesato, l’altro è in preda all’ansia. Feimata raccoglie gli ultimi rantoli del fidanzato, il respiro si fa sempre più affannoso. Bacia Tedros, cerca in qualche modo di tamponare la ferita. Il ragazzo si sforza di dirle qualcosa ma non ce la fa. Allora, piena di rabbia, Feimata punta gli occhi contro i poliziotti. In un attimo di lucidità osserva il cartellino di quello che ha sparato e fa ogni sforzo per memorizzare il suo nome, John Steady. Questi, riavutosi appena, tenta di giustificarsi, di minimizzare. Il colpo è partito involontariamente, è stato provocato. Il suo compagno si nasconde in macchina. La ragazza concitatissima chiama l’ambulanza. Il volto di Tedros e sempre più pallido. Accorre qualche persona. Feimata accarezza il suo viso, disperata lo bacia sulla fronte. Immediatamente dopo punta i suoi occhi pieni di rabbia contro Steady: “Non finisce qui, la pagherete cara!” Il poliziotto vigliaccamente sale in macchina e in un lampo scappano. Intanto arriva l’ambulanza, soccorrono subito Tedros ma appurano che non c’è niente da fare. Chiamano, allora, la polizia. Passano diversi minuti ma non si vede nessuno.
È la fine, una coltre nera avvolge la mente di Feimata, non riesce neanche più a piangere. Osserva inebetita Tedros. Di colpo un lampo di rabbia scuote i suoi occhi e il suo corpo. “Ve la farò pagare, assassini!”, un urlo squarcia l’aria.


Estratto dal romanzo "I colori della passione " di Nicola Cicchitelli, Midgard Editrice 2020


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