mercoledì 13 febbraio 2019

Intervista a Roberto Tirloni

Intervista a Roberto Tirloni, autore del libro “Omonimo”, edito nella Collana Poesia della Midgard Editrice.




Buongiorno, parlaci della tua opera, come nasce?
Buongiorno a te, e grazie per avermi offerto l'opportunità di concedere questa intervista.
Dunque, premetto che mi risulta ancora difficile focalizzare di esser riuscito ad esordire in ambito letterario.
Soltanto un semestre fa, non avrei minimamente pensato di voler pubblicare questa raccolta
di poesie, che timidamente erano sparse all'interno di vari taccuini; poi, sul finire della scorsa estate, riordinando il materiale, ha cominciato a balenarmi l'idea di rivolgermi ad una
piccola tipografia per far stampare circa trenta copie di un volume, in occasione del mio cinquantesimo compleanno.
In quel periodo, ho ricevuto apprezzamenti da una persona competente, che mi ha suggerito di inviare il materiale a varie case editrici attive nel settore poesia; così, grazie ad una ricerca sul web ho scovato per puro caso il sito della Midgard, che è rimasta soddisfatta del mio lavoro ed ha proposto un contratto editoriale.


Quali sono le tematiche più importanti della tua opera?

Gli scritti inclusi nella raccolta sono puramente autobiografici, ed il tema principale è senza
dubbio l'amore.
Ho voluto mettermi a nudo, raccontando attimi che ho vissuto soprattutto nell'ultimo lustro, e sperando vivamente di poter restituire qualche grammo di passionalità e sentimento all'attuale epoca, che francamente, a mio avviso, risulta essere piuttosto povera in tal senso.
Pare che l'essere umano stia volgendo verso un preoccupante individualismo, perlopiù di stampo autolesionista, dimenticando la propria caratteristica di mammifero sociale.
La mia impressione è che i principali punti di riferimento, famiglia, scuola e lavoro, la banalizzazione della cultura di massa e, specialmente, l'eccessivo utilizzo di strumenti tecnologici come pc e smartphones siano in buona parte veicoli pericolosamente diretti verso il disgregamento di fondamentali valori come socializzazione, amicizia ed appunto,
amore.
Negli ultimi anni, ho conosciuto numerose persone, perlopiù coetanei, che sembrano indifferenti a tutto ciò; parecchi di essi, sono affetti da quella che definirei la “Sindrome regressiva di Peter Pan”, ultraquarantenni che tendono a comportarsi alla stregua di giovani adolescenti, consumando smodatamente bevande alcoliche e cambiando frequentemente amici e partners con disarmante facilità.
La gioia, il privilegio di conoscere una persona, frequentarsi, innamorarsi, costruire un rapporto di amicizia o di coppia concreto e duraturo, è qualcosa di unico ed irripetibile, elemento base della nostra esistenza, e credo nessuna persona dovrebbe ridimensionarne l'importanza, o addirittura rinunciarvi.
Nonostante tutto, spero vivamente che avverrà un cambiamento; nutro fiducia nelle giovani
generazioni, ai quali abbiamo il dovere di trasmettere importanti segnali, lasciare in eredità
il lato più autentico e prezioso dell'esistenza.
Da felice papà quale sono, sento che questo passaggio di testimone sia una vera e propria missione da compiere.


Qual'è il rapporto tra scrittura ed il resto della tua vita?

Per ciò che mi riguarda, scrivere è un atto puramente istintivo, e quando scatta un particolare momento, sento la necessità di annotarlo sui taccuini che, da alcuni anni, mi accompagnano sempre.
Spesso sono idee, schegge, pensieri che successivamente prendono forma; raramente mi riesce di terminare un lavoro senza modifiche più o meno significative, ma quando è accaduto, probabilmente ho realizzato i versi più soddisfacenti.
Tutto è strettamente legato alle fasi esistenziali che sto attraversando.


Che artisti ti piacciono e ti ispirano?

Sono tutt'altro che un fervente lettore e non amo particolarmente la forma romanzo.
In passato, apprezzai alcune opere di Georges Simenon ed Ernest Hemingway; più di recente, oltre a Murakami Haruki, grazie alle mie figlie mi sono appassionato nella lettura di autori come Roald Dahl e J.K. Rowling, ma non ho ancora affrontato i cosiddetti “grandi classici” della narrativa.
Preferisco cimentarmi nelle brevi distanze; in primis, adoro Emily Dickinson e Giuseppe Ungaretti.
Ulteriori punti di riferimento sono Jacques Prevert, Nazim Hikmet e Giacomo Leopardi, così come la poesia viscerale di Pablo Neruda e Federico Garcia Lorca.
Essendo da sempre musicofilo e dilettandomi in pratiche strumentali, credo che i miei scritti
abbiano un legame intimo con il mondo delle sette note.
Purtroppo non sarò mai un valido esecutore o compositore, ma ora non è più certamente un dramma; considero già un enorme traguardo la pubblicazione di questo libro, figuriamoci.


Progetti futuri?

Attualmente sono in fase di “pausa creativa”, dato che mi risulta difficile uscire dalla tipologia di scrittura che ho già sperimentato ed utilizzato.
Vorrei evitare di adagiarmi in ciò che viene definito “esercizio di stile”, ma spesso non è altro che il continuo ripetersi, utilizzare la stessa formula senza tentare percorsi differenti.
Ho ricominciato le mie timide pratiche musicali, che spero di esibire in occasione della presentazione del libro, coadiuvato da persone decisamente più abili in materia.
Mi auguro di riuscire a concretizzare questo connubio tra musica e poesia, brani musicali
intervallati dalla recitazione di alcune pagine tratte da “Omonimo”, più un paio di inediti.
Di certo, la mia vita non cambierà più di tanto; desidero soltanto uscire lievemente allo scoperto e lasciare qualcosa, una minuscola spora che possa nutrire il fertile sottobosco del nostro pianeta.


www.midgard.it/omonimo.htm


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